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  • Sabato 8 febbraio 2020

La sorpresa delle elezioni irlandesi potrebbe essere il Sinn Féin

Cioè il partito nazionalista di sinistra che i suoi avversari continuano ad associare all'IRA, e che potrebbe andare bene alle elezioni di oggi

Mary Lou McDonald, leader del Sinn Féin. (Charles McQuillan/Getty Images)
Mary Lou McDonald, leader del Sinn Féin. (Charles McQuillan/Getty Images)

Oggi in Irlanda si vota per rinnovare il Parlamento, che a sua volta darà la fiducia a un nuovo governo: sono elezioni anticipate, convocate dopo una serie di crisi che avevano indebolito il precedente governo di minoranza guidato dal primo ministro Leo Varadkar, del partito conservatore Fine Gael. Dagli ultimi sondaggi realizzati e citati tra gli altri dall’Irish Times, dal Financial Times e da Politico, al voto di sabato potrebbe andare molto bene il Sinn Féin, partito nazionalista di sinistra che per la prima volta nella storia della repubblica sembra avere una concreta possibilità di entrare a far parte del governo di Dublino.

I sondaggi non hanno dato risultati uguali, ma hanno indicato che il Sinn Féin potrebbe diventare il primo o il secondo partito del paese. La notizia è finita sui giornali di mezza Europa per la particolare storia politica dell’Irlanda, e dello stesso partito nazionalista di sinistra.

Dagli anni Trenta ad oggi l’Irlanda è stata guidata dagli stessi due partiti conservatori, che si sono alternati al potere: il Fine Gael, il cui leader alle prossime elezioni rimarrà il primo ministro Leo Varadkar, e il Fianna Fáil, che dal 2011 è guidato da Micheál Martin. Nonostante siano entrambi filoeuropeisti e di centrodestra, il Fine Gael e il Fianna Fáil sono sempre stati rivali, per motivi storici che risalgono alle lotte per l’indipendenza contro il Regno Unito.

Il primo ministro britannico Boris Johnson e il primo ministro irlandese Leo Varadkar a Liverpool, il 10 ottobre 2019 (Noel Mullen/ Irish Government Press Office via Getty Images)

Il terzo partito per importanza nella politica irlandese è proprio il Sinn Féin (SF – “noi stessi” in gaelico irlandese), molto più affermato in Irlanda del Nord, dove si è schierato a favore della riunificazione dell’isola e dell’indipendenza da Londra.

Negli ultimi anni il Sinn Féin ha ottenuto un notevole sostegno anche in Irlanda, soprattutto a partire dalla crisi economica che colpì il paese nel 2008 e che creò le condizioni affinché il partito non venisse più visto solo come un “single-issue party”, cioè una forza politica concentrata su un tema solo, quello dell’unità dell’Irlanda. Durante il programma di salvataggio dell’economia irlandese che iniziò dopo la crisi, il Sinn Féin si presentò come partito anti-austerità, in maniera simile a Podemos in Spagna e Syriza in Grecia. Cominciò anche ad appoggiare temi cari ai più progressisti, facendo campagna a favore dei referendum per legalizzare i matrimoni tra persone dello stesso sesso (nel 2015) e a favore dell’aborto (nel 2018), e guadagnando parecchi consensi tra l’elettorato più giovane.

Le difficoltà del Sinn Féin a imporsi a livello nazionale sono però rimaste, soprattutto a causa del complicato passato del partito, che durante il conflitto nordirlandese terminato nel 1998 con l’Accordo del Venerdì Santo era il braccio politico dell’IRA, organizzazione militare che lottava contro la permanenza dell’Irlanda del Nord nel Regno Unito.

Per cercare di distanziarsi dall’immagine di partito legato alle attività paramilitari dell’IRA, due anni fa il Sinn Féin ha cambiato il suo leader: ha sostituito Gerry Adams, nativo di Belfast e a capo del partito per 35 anni, con Mary Lou McDonald, ex europarlamentare molto attiva su temi cari ai progressisti e particolarmente abile a lavorare all’interno di una coalizione. A differenza di Adams, «la nuova leader non deve negare intervista dopo intervista di essere stata un membro dell’IRA», ha scritto Politico, facilitando il tentativo del suo partito di cambiare la sua immagine.

Gerry Adams a Belfast (Charles McQuillan/Getty Images)

Il passato del Sinn Féin potrebbe comunque condizionare il suo eventuale successo alle elezioni di sabato, per due ragioni.

Anzitutto il Sinn Féin si è presentato con soli 42 candidati che si contenderanno i 159 seggi in palio nel Dáil, la Camera bassa del Parlamento irlandese: il Fianna Fáil ha 84 candidati, il Fine Gael 82. Il basso numero dei candidati del Sinn Féin, ha scritto Politico, riflette le difficoltà del partito ad adattarsi alla sua rapida crescita di consensi e limiterà una sua eventuale vittoria.

La seconda ragione è che il Sinn Féin rimane un partito molto divisivo – oltre che per il suo passato anche per le politiche economiche di sinistra che propone –, cioè una caratteristica che potrebbe penalizzarlo su più fronti. In Irlanda c’è il sistema del voto singolo trasferibile, cioè una formula proporzionale a voto di preferenza che permette all’elettore di assegnare più di una preferenza numerando i candidati sulla scheda: è in pratica un sistema che avvantaggia le cosiddette “seconde scelte” e penalizza quei partiti molto impopolari tra i loro non-elettori, proprio come lo è il Sinn Féin per gli elettori del Fianna Fáil e del Fine Gael.

La crescita del Sinn Féin potrebbe inoltre spingere i due partiti di centrodestra a trovare un eventuale accordo di governo di qualche tipo dopo le elezioni, magari con l’appoggio di uno degli altri partiti irlandesi presenti in Parlamento, come i Laburisti o i Verdi, con l’obiettivo di lasciare fuori proprio i nazionalisti di sinistra del Sinn Féin.