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  • Giovedì 6 febbraio 2020

Come funziona l’Auditel, spiegato

Cosa c'è dietro ai dati su spettatori e share dei programmi televisivi, visto che in questi giorni di Sanremo se ne parla ogni giorno

La seconda serata del festival di Sanremo. (ANSA/RICCARDO ANTIMIANI)
La seconda serata del festival di Sanremo. (ANSA/RICCARDO ANTIMIANI)

In questi giorni di Sanremo, “Auditel” è una parola che si sente ogni giorno, in televisione e sui giornali. Le rilevazioni sugli ascolti del Festival sono uno dei tanti aspetti attesi e commentati dell’evento più importante della televisione italiana, anche perché sono forse l’aspetto più importante per sancire il successo o il fallimento di un’edizione, prima ancora che i giudizi della critica. Quello che sta conducendo Amadeus quest’anno è un Festival di Sanremo che sta andando piuttosto bene: sia nella prima che nella seconda serata ha superato di diversi punti percentuali le edizioni del 2018 e del 2019. La prima serata è stata vista complessivamente da 10.058.000 spettatori, con uno share del 52,2 per cento; la seconda da 9 milioni e 693mila spettatori e ha avuto uno share del 53,3 per cento.

Questi dati non sono ovviamente rilevazioni esatte, ma proiezioni elaborate dal più importante sistema di raccolta dati televisivi e radiofonici in Italia, quello della società milanese Auditel. Esiste dal 1986 ed è per un terzo di proprietà della Rai, per un terzo dalle emittenti private (principalmente Mediaset) e per un terzo di un’associazione di categoria di inserzionisti pubblicitari.

Ogni mattina, Auditel fornisce – a chi usufruisce dei suoi servizi, principalmente addetti ai lavori e giornalisti – il resoconto degli ascolti del giorno precedente, con una percentuale – lo share – e una stima sugli spettatori per i vari programmi. Auditel misura in tutto 380 emittenti televisive, e da alcuni anni non si limita a rilevare gli ascolti sulla tv tradizionale ma anche quella in streaming, sui dispositivi mobili e on demand.

Fonte di questi dati sono i meter, degli apparecchi elettronici simili a piccoli decoder installati in un campione di case, che Auditel definisce “famiglie”: sono oltre 16mila, per un totale di 41.000 persone, e sono state scelte, in teoria, perché siano rappresentative della popolazione. Ogni volta che accendono la tv, le famiglie Auditel inseriscono sul dispositivo il dato su quante persone, e quali, sono davanti alla tv. I dati raccolti in questo modo vengono poi elaborati con dei modelli statistici, in modo da arrivare a delle stime sui comportamenti di tutti gli italiani.

Le famiglie non sono retribuite per la loro partecipazione alle rilevazioni, ma ricevono un buono annuale di qualche decina di euro da spendere in vari negozi. Nel 2015, Auditel aveva passato molti guai per aver rivelato per errore l’identità delle persone che componevano il suo campione.

I dati raccolti non servono soltanto alle reti televisive per sapere quali programmi vanno bene e quali no, ma sono fondamentali per stabilire i prezzi delle inserzioni pubblicitarie: è per questo che la proprietà della società è condivisa, perché sia il più imparziale possibile. In passato però ci sono state frequenti polemiche su questo aspetto: talvolta è stato messo in dubbio che il campione scelto da Auditel possa essere davvero rappresentativo, perché la maggior parte delle persone rifiuta di farsi installare in casa il meter. In diverse occasioni poi le reti più piccole hanno accusato il sistema di favorire il duopolio Rai-Mediaset. Tra le aziende che sono state più critiche nei confronti di Auditel c’è stata Sky, che però qualche anno fa è stata ammessa nel Consiglio di Amministrazione della società insieme a Discovery.

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