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  • Martedì 14 gennaio 2020

La storia eccezionale dei Green Bay Packers

È la squadra di football della città più piccola, non cambia da un secolo e non ha scopi di lucro, ma ogni anno è in corsa per giocare il Super Bowl

Davante Adams con i tifosi dei Green Bay Packers (Dylan Buell/Getty Images)
Davante Adams con i tifosi dei Green Bay Packers (Dylan Buell/Getty Images)

Green Bay è la più piccola città americana a ospitare una squadra professionistica. Si trova nello stato del Wisconsin, nella regione del Midwest, circondata da foreste, coltivazioni e da una sponda del lago Michigan. Ha poco più di 100 mila abitanti e se dovesse farne richiesta oggi, non soddisferebbe neanche lontanamente il milione di abitanti necessari per ospitare una squadra di NFL. Eppure è soprannominata Titletown, la città dei titoli, per il numero di vittorie ottenute dalla sua formidabile squadra di football, l’unica in attività a non essere mai cambiata e l’unica senza scopo di lucro.

(Getty Images)

I Packers vennero fondati nel 1919 da Curly Lambeau, un giocatore di football che per organizzare la squadra ottenne in prestito 500 dollari dalla Indian Packing Company, azienda produttrice di carne in scatola che in cambio le diede il nome: gli impacchettatori. La storia dei Packers di Green Bay iniziò così, nel periodo e nella zona degli Stati Uniti dove il football nacque e da cui iniziò a diffondersi in tutto il paese. L’attuale NFL venne istituita come American Professional Football Association nel 1920 con quattordici squadre debuttanti. I Packers si unirono nel 1921 e oggi, un secolo dopo, sono gli unici a non essere mai cambiati: sono la terza squadra più vecchia della NFL, anche se gli Arizona Cardinals e i Chicago Bears – le due organizzazioni iscritte da più tempo – hanno cambiato sia sede che nome dopo la fondazione.

Negli anni Venti la Grande Depressione preceduta dal crollo della borsa di Wall Street fece fallire sul nascere molte squadre appena fondate. I Packers rischiarono di chiudere più volte, ma a differenza di molte altre città, nella piccola Green Bay i sostenitori riuscirono di volta in volta a rifinanziare la squadra con le loro donazioni. Nel 1922 un giornalista della Green Bay Press Gazette, Andrew Turnbull, si impegnò a fare uscire la squadra dalle difficoltà economiche, istituì la Green Bay Football Corporation e mise in vendita le azioni a cinque dollari: ne furono raccolti oltre 5 mila, cifra che garantì solidità economica per gli anni a venire.

(Chris Hondros/Getty Images)

Da quel momento i Packers unirono tutta la città e ne divennero il simbolo principale, continuando ad attirare soci da tutto lo stato del Wisconsin, Milwaukee compresa, e a ingrossare il suo azionariato nel corso del Novecento. Le due più recenti vendite azionarie si tennero nel 1997 e nel 2011: racimolarono rispettivamente oltre 24 e 67 milioni di dollari. Secondo dati del 2016, gli azionisti oggi sono 360.760 mila, nessuno dei quali può superare il quattro per cento. Le azioni dei Packers non garantiscono dividendi, non aumentano di valore e non possono essere vendute. Non offrono quindi né guadagni né grandi vantaggi ai tifosi, ma soltanto la soddisfazione di essere fra i tanti piccoli proprietari che regolarmente eleggono il consiglio di amministrazione. Secondo Forbes il valore attuale della squadra è di 2,63 miliardi di dollari.

La storia dei Packers li tiene in un certo senso al sicuro dalle dinamiche dello sport professionistico nordamericano, un settore economicamente enorme che fa gola ai più grandi imprenditori del paese, per la sua popolarità immutata e costantemente in crescita. Qualcuno però a questo punto potrebbe pensare che la natura dei Packers dovrebbe relegarli a un ruolo di comparse nello stesso campionato in cui giocano alcune delle squadre più ricche al mondo, ma non è così.

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Nonostante sia un centro rurale e isolato, distante tre ore di macchina da Chicago (che possono diventare facilmente quattro durante i freddissimi e innevati inverni della regione), Green Bay è uno dei luoghi storici dello sport nordamericano. Il suo caratteristico stadio, Lambeau Field, è considerato “La Mecca” del football professionistico. I suoi 80 mila posti (l’80 per cento circa della popolazione di Green Bay) si riempiono ad ogni partita ininterrottamente dal 1960. Per poter acquistare un abbonamento ci si deve iscrivere a una lista d’attesa che attualmente conta 137 mila iscritti: per l’ultima stagione soltanto 747 tifosi inseriti nella lista da almeno un decennio sono riusciti ad acquistare finalmente un posto.

(Getty Images)

Nessuno si avvicina ai tredici campionati vinti in cento anni dai Packers e poche altre squadre hanno avuto tra le loro file così tante leggende del football. Quando si parla di Green Bay si parla infatti anche di Vince Lombardi, l’uomo che dà il nome al trofeo per la squadra vincitrice del Super Bowl. Lombardi, newyorkese con genitori italiani, allenò i Packers tra il 1959 e il 1967, cioè il miglior periodo della squadra. Fu l’allenatore che fece vincere cinque campionati, tra cui le prime due edizioni del Super Bowl, e la figura che “aprì” Green Bay, una città con una popolazione quasi totalmente bianca fino agli Novanta, al resto del paese, portando in squadra i primi giocatori afroamericani (il primo in assoluto fu Bob Mann, nel 1950).

Dopo Vince Lombardi altre personalità hanno mantenuto viva la grande tradizione dei Packers, come nel caso dei quarterback Bart Starr e Brett Favre. In questi anni il loro successore si sta apprestando a diventare probabilmente il migliore nella storia recente della squadra: Aaron Rodgers gioca a Green Bay dal 2005 ed è il quarterback titolare dal 2008, dopo essere stato la riserva di Favre. Finora ha vinto un Super Bowl da MVP ed è di gran lunga la figura più popolare di Green Bay e dintorni.