Il decennio di Apple

Walt Mossberg, temuto e rispettato giornalista di tecnologia, ha fatto un bilancio dei successi e dei molti inciampi dell'azienda sotto la guida di Tim Cook

Il CEO di Apple, Tim Cook, con un fan che scatta un selfie (Drew Angerer/Getty Images)
Il CEO di Apple, Tim Cook, con un fan che scatta un selfie (Drew Angerer/Getty Images)

Poche aziende tecnologiche sono influenti, grandi e ricche come Apple, società statunitense che produce miliardi di guadagni ogni anno soprattutto grazie ai suoi iPhone e ai servizi in abbonamento per conservare i file online, ascoltare musica in streaming e scaricare applicazioni. Il decennio che si sta per concludere è stato sicuramente dominato dagli smartphone, e Apple ne è stata protagonista (insieme a Google con il suo Android), ma secondo diversi osservatori non ha portato alla nascita di un nuovo prodotto che potesse anche solo minimamente ripetere il successo planetario degli iPhone, e questo potrebbe essere il sintomo di un problema per la società.

Walt Mossberg – tra i primi giornalisti a essersi occupati dei temi legati a Internet e alle nuove tecnologie, per lungo tempo giornalista del Wall Street Journal e ora in pensione – ha scritto un articolo su The Verge mettendo in fila successi e opportunità mancate da Apple negli ultimi dieci anni, in vista della fine del decennio e dell’inizio del prossimo.

Mossberg ha messo a confronto alcuni dati, per dare l’idea dell’importanza e delle dimensioni di Apple. Nel 2019 la società ha prodotto ricavi pari a sei volte quelli realizzati nel 2009. La sua nuova sede, a Cupertino (California), è sontuosa e più grande del Pentagono, di solito compreso ai primi posti degli edifici più grandi mai costruiti dall’umanità. Ognuna delle cinque principali divisioni di Apple, se presa singolarmente, potrebbe essere compresa nella classifica delle 500 aziende più redditizie tenuta dalla rivista Fortune. Ma oltre ai risultati economici, ci sono quelli legati ai prodotti e alla capacità di Apple di essere riuscita o meno a promuovere un certo modo di fare impresa e di vedere il mondo.

Il decennio è iniziato con Steve Jobs, il cofondatore di Apple, ancora alla guida dell’azienda, seppure con le difficoltà annesse alle sue precarie condizioni di salute. A gennaio del 2010, Jobs presentò il primo iPad, arrivato a distanza di qualche anno dalla presentazione del primo iPhone, che stava già cambiando il mondo della telefonia e il nostro modo di accedere a Internet virtualmente da qualsiasi luogo. Gli iPad furono un altro enorme successo. L’anno seguente Jobs fu costretto a prendersi una pausa da Apple per motivi di salute, che fu poi ufficializzata nell’estate con le dimissioni da CEO dell’azienda. Sei settimane dopo morì, lasciando il controllo di Apple a Tim Cook, che ancora oggi guida la società.

Cook arrivava dal settore di Apple che si occupava del coordinamento delle attività globali, quindi conosceva molto bene il modo in cui funzionava la società, ma – come ricorda Mossberg – non era molto pratico con il concetto di ideazione e sviluppo dei nuovi prodotti. Fece quindi molto affidamento su Jony Ive, designer e progettista di Apple che aveva contribuito con Jobs alla creazione dei più importanti successi commerciali dell’azienda.

Oltre al successo degli iPad, Apple aveva registrato da poco quelli di altri prodotti presentati all’inizio del decennio: gli iPhone 4, tra gli smartphone di maggior successo mai realizzati da Apple, e una nuova versione dei computer portatili MacBook Air, che sarebbero stati poi imitati e copiati da tutti gli altri produttori. Sotto Cook, sarebbero stati necessari quasi cinque anni prima che Apple presentasse un prodotto completamente nuovo: l’Apple Watch nel 2015. Ci sarebbero però volute tre evoluzioni dello stesso prodotto, prima che l’azienda trovasse le giuste caratteristiche per renderlo funzionale e appetibile da parte di un pubblico più ampio.

Mossberg scrive che l’altro grande successo di Apple in quella che viene spesso definita “era Cook”, in contrapposizione a quella di Jobs, sono stati gli auricolari senza fili AirPods, diffusi nel 2016 e che soprattutto negli Stati Uniti hanno venduto molto.

Né gli Apple Watch né gli AirPods hanno però raggiunto l’impatto o la grandezza delle innovazioni presentate da Steve Jobs. Alcune categorie di prodotti hanno inoltre subìto una riduzione nelle vendite significativa, come nel caso degli iPad, in seguito a una saturazione del mercato dei tablet e a un minore interesse per il loro formato. Il calo della domanda non è certo dipeso da Cook e probabilmente, se ci si guarda intorno, non si trovano molte grandi innovazioni nel settore tecnologico per il decennio, se si pensa che una delle cose più rilevanti sono stati gli assistenti per la casa come Echo di Amazon e Google Home.

Mossberg ritiene comunque che Cook abbia avuto un ruolo non da poco in alcuni dei fallimenti di Apple, dal punto di vista della qualità dei prodotti e delle mancate innovazioni:

L’amato e popolare MacBook Air è stato ignorato per cinque anni. Dall’altra parte della bilancia, il Mac Pro – il perno per chi produce contenuti audio, video e grafiche – è stato prima trascurato e poi rilanciato nel 2013 in un modo che ha messo la forma così davanti rispetto alla funzione da far imbestialire i suoi utilizzatori di riferimento.
Alcuni dentro Apple pensano che Cook abbia concesso troppo potere al gruppo di progettisti di Ive eliminando l’equilibrio che Jobs era riuscito a creare tra loro e gli ingegneri, almeno fino a quando Ive non ha abbandonato la società qualche mese fa.
Questa impostazione del design prima di tutto che si è radicata sotto Cook ha colpito ancora con il MacBook Pro, portando alla produzione di portatili così sottili da rendere pessime le loro tastiere e con porte USB-C che richiedono a dei Mac sfavillanti di essere utilizzati con orripilanti adattatori.

Nel suo articolo, Mossberg riconosce comunque a Cook di essere riuscito a governare al meglio l’azienda in una fase discendente delle vendite degli smartphone, che sta interessando tutti i produttori sui principali mercati, soprattutto in Occidente. Apple ha diversificato il più possibile l’offerta, realizzando prodotti che rispondono a domande ed esigenze diverse da parte dei suoi clienti, pensando però di compensare le minori vendite con prezzi più alti. La società sta anche cercando di spingere il più possibile i suoi servizi, come quelli per la musica in streaming, la televisione, i videogiochi in abbonamento e il salvataggio dei file online, per produrre ulteriori ricavi a fronte delle minori vendite dei suoi prodotti fisici.

Negli ultimi anni, Apple ha inoltre scelto una strada molto interessante per rendere la tutela della privacy uno dei suoi punti di forza, dal punto di vista del marketing. A differenza di Google, che per Android basa parte del proprio modello sull’utilizzo dei dati degli utenti (per esempio a scopi pubblicitari), Apple ha messo a disposizione degli utenti opzioni per ridurre al minimo l’utilizzo dei loro dati e per controllare meglio chi può accedere a cosa, e in che modo. Cook ha definito in più occasioni la privacy un “diritto umano”.

Mossberg conclude la sua analisi sul decennio di Apple con una considerazione sul suo futuro:

Apple resta ciò che è stata per molti anni: la più importante azienda di prodotti tecnologici per i singoli consumatori, una forte protagonista non solo nel suo settore, ma nella società in generale. Ora è enorme e per giunta ricca. Ma non è ancora chiaro se potrà essere il fornitore preferito di musica, di programmi televisivi o di servizi per le notizie. E non è nemmeno chiaro se sarà mai in grado di realizzare un nuovo prodotto di grande successo.