• Mondo
  • Martedì 22 ottobre 2019

Le proteste in Bolivia per i risultati delle elezioni

Quelli preliminari sono stati diffusi in modalità un po' sospette, e indicano una possibile vittoria al primo turno del presidente uscente Evo Morales

Un cordone di polizia separa i sostenitori del presidente boliviano uscente Evo Morales da quelli del suo sfidante Carlos Mesa. (Jorge Saenz/Getty Images)
Un cordone di polizia separa i sostenitori del presidente boliviano uscente Evo Morales da quelli del suo sfidante Carlos Mesa. (Jorge Saenz/Getty Images)

Lunedì in Bolivia ci sono state proteste in diverse città per via dei risultati preliminari delle elezioni presidenziali che si sono tenute domenica, che sembrano indicare una possibile vittoria del presidente uscente Evo Morales senza nemmeno il bisogno del ballottaggio, contrariamente a quanto suggerito dai primi risultati annunciati. A La Paz i manifestanti antigovernativi si sono scontrati con i sostenitori di Morales, ed è intervenuta la polizia lanciando gas lacrimogeni; nelle città di Sucre e Tarija i manifestanti hanno incendiato gli uffici elettorali, scrivono i media locali.

https://twitter.com/camilateleSUR/status/1186485028043268096

A provocare le proteste è stata in particolare la dinamica con la quale il Tribunale Supremo Elettorale ha diffuso i risultati di un conteggio preliminare dei voti organizzato con lo scopo di migliorare la trasparenza delle elezioni, non vincolante e diverso da quello ufficiale, più lento e i cui risultati saranno annunciati tra alcuni giorni.

Domenica il sito ufficiale con cui venivano comunicati i dati aveva mostrato gli aggiornamenti fino all’84 per cento dei voti scrutinati tra quelli inclusi nel conteggio preliminare, indicando Morales al 45,3 per cento, in netto vantaggio rispetto al principale sfidante, l’ex presidente Carlos Mesa del partito di sinistra Comunidad Ciudadana (CC), che era al 38,2 per cento. In base alle regole elettorali boliviane, però, è previsto un ballottaggio – da tenersi a dicembre – nel caso in cui nessun candidato superi il 50 per cento, oppure abbia il 10 per cento di distacco sul secondo.

Mesa aveva festeggiato i risultati che indicavano con ragionevole certezza il suo accesso al ballottaggio, mentre Morales aveva invitato ad aspettare che fossero conteggiati i risultati delle zone rurali, dove il suo Movimiento al Socialismo (MAS) è molto popolare. A quel punto, il sito del Tribunale Supremo Elettorale aveva smesso di mostrare gli aggiornamenti per un giorno. Quando ha ripreso a mostrare i risultati del conteggio preliminare, lunedì, Morales era passato al 46,85 per cento, e Mesa al 36,74 per cento, un risultato molto più vicino a una vittoria al primo turno di Morales.

Il Tribunale Supremo Elettorale ha giustificato la sospensione nella comunicazione dei risultati preliminari spiegando che il conteggio ufficiale era già cominciato, e i due processi non potevano sovrapporsi. Attualmente il conteggio ufficiale è a meno del 60 per cento dei voti conteggiati, e i risultati parziali indicano un sostanziale pareggio tra i due candidati, separati da pochi decimali intorno al 42 per cento. Molto però può cambiare a seconda delle aree geografiche del paese dalle quali provengono i molti voti ancora da contare.

La Missione di Osservazione Elettorale dell’Organizzazione degli Stati Americani ha detto di sperare che «il risultato finale rispecchi la volontà espressa dagli elettori ai seggi». Anche gli Stati Uniti, il Brasile e l’Argentina hanno espresso preoccupazione per il drastico cambio dei risultati. Michael Kozak, assistente segretario del dipartimento di Stato americano per gli affari dell’emisfero occidentale, ha definito l’interruzione nel conteggio dei voti del Tribunale Supremo Elettorale un «tentativo di sovvertire la democrazia boliviana», invitando l’organo a «ripristinare la credibilità del processo elettorale».

Mesa ha già definito «vergognosi» i risultati, dicendo di non volerli accettare e di contare sul fatto che i boliviani faranno lo stesso. Migliaia di suoi sostenitori si sono radunati davanti all’hotel di La Paz dove era insediato il comitato del Tribunale Supremo Elettorale incaricato della supervisione delle elezioni, dove ci sono stati degli scontri con la polizia.

Morales è un ex raccoglitore di coca ed è stato il primo boliviano di origine indio a essere eletto. È al potere da quattordici anni, quando vinse le elezioni per la prima volta: ha goduto per molto tempo di consensi altissimi e ancora oggi è un leader molto popolare, ma la sua lunga permanenza al potere ha iniziato a procurargli critiche e accuse di autoritarismo. Nel febbraio del 2016 aveva perso di poco un referendum per confermare un’ulteriore modifica alla Costituzione che gli avrebbe permesso di candidarsi anche nel 2019. L’anno successivo, però, la Corte suprema del paese aveva annullato il risultato del referendum, sostenendo che il limite al numero di mandati era una violazione dei diritti politici.

Mesa è stato presidente dal 2003 al 2005, ed era tornato popolare negli ultimi anni perché il governo di Morales lo aveva nominato come proprio rappresentante nella disputa legale con il Cile per la questione dello sbocco sul mare.