La storia di Junko Tabei, la prima donna a scalare l’Everest

L'alpinista giapponese raggiunse la cima più alta del mondo nel 1975: oggi Google la ricorda con un doodle

Junko Tabei, 35 anni, abbraccia sua figlia dopo avere scalato l'Everest ed essere tornata in Giappone (Kyodo)
Junko Tabei, 35 anni, abbraccia sua figlia dopo avere scalato l'Everest ed essere tornata in Giappone (Kyodo)

Junko Tabei, alpinista giapponese e prima donna a scalare l’Everest, è ricordata nel doodle di Google, perché oggi avrebbe compiuto 80 anni: Tabei è morta il 20 ottobre 2016 a 77 anni, a causa di un tumore allo stomaco. Oltre a scalare l’Everest, obiettivo raggiunto nel maggio 1975, Tabei fu la prima donna a raggiungere la cima delle cosiddette “Seven Summits”, “Sette vette”, cioè le montagne più alte di ciascuno dei sette continenti della Terra (sette se si considera l’interpretazione anglosassone: Asia, Africa, Nordamerica, Sudamerica, Europa, Oceania e Antartide).

Tabei nacque nel 1939 nella città di Miharu, nella provincia giapponese di Fukushima. Crebbe in una famiglia relativamente povera, condizionata dalla Seconda guerra mondiale, e molto numerosa: era la quinta figlia femmina e aveva due fratelli.

Cominciò ad appassionarsi di montagna e alpinismo quando aveva 10 anni, durante una gita scolastica durante la quale salì per la prima volta sul Monte Asahi (quasi 2.300 metri di altezza) e sul Monte Chausu (circa 1.400 metri). Da adolescente cominciò a fare diverse cose che erano poco accettate nella società giapponese di allora, come per esempio gestire un club per donne specializzato di alpinismo: «La maggior parte degli uomini giapponesi della mia generazione si aspettano che la donna stia a casa e faccia le pulizie», disse in un’intervista del 1991 citata dal Japan Times.

Studiò per diventare insegnante e si laureò in letteratura inglese a Tokyo, ma poi preferì abbandonare quella strada e fare tanti lavori diversi per potersi finanziare la sua passione, l’alpinismo. Nel 1969 fondò il Club di alpinismo per donne, il cui slogan era: «Andiamo a fare una spedizione all’estero, da sole».

Nel 1975, a 35 anni, Tabei completò la sua ascesa più importante, quella del Monte Everest. Le prime persone a raggiungere la vetta furono il neozelandese Edmund Hillary e il nepalese Tenzing Norgay, il 29 maggio 1953. Più di vent’anni dopo, Tabei seguì la stessa via di Hillary e divenne la prima donna a raggiungere la vetta. Ci arrivò accompagnata solo dal suo sherpa, Ang Tsering, perché dodici giorni prima una valanga aveva travolto il campo in cui si trovava il suo gruppo: lei stessa aveva perso coscienza per un breve periodo di tempo.

Junko Tabei insieme a Reinhold Messner a Katmandu, Nepal, il 27 maggio 2003 (AP Photo/Binod Joshi)

Nel 1992 divenne la prima donna a scalare le “Seven Summits”: dopo l’Everest, infatti, raggiunse la cima del Kilimangiaro in Tanzania (1980), dell’Aconcagua in Argentina (1987), del McKinley (oggi conosciuto come Denali) in Alaska (1988), dell’Elbrus in Russia (nel 1989), del Vinson in Antartide (1991) e del Puncak Jaya in Indonesia (1992).

A partire dagli anni Duemila cominciò a occuparsi di temi ambientalisti. Si laureò all’Università Kyushu di Fukuoka, in Giappone, dove studiò il degrado del terreno montano causato dai rifiuti lasciati dagli alpinisti, in particolare sull’Everest (quello dei rifiuti sull’Everest è un tema che è diventato molto dibattuto negli ultimi anni).

Fino a 73 anni Tabei raggiunse ogni estate la vetta del Monte Fuji, 3776 metri, accompagnando classi del liceo e altri studenti della sua città natale, gravemente colpita dal terremoto e dallo tsunami del 2011. Tabei era sposata e aveva due figli, una femmina, Noriko, e un maschio, Shinya.