Il lago degli scheletri

Si trova in India e contiene le ossa di centinaia di persone: genetisti e antropologi provano da anni a spiegarsi perché

(Schwiki via Wikipedia)
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Nello stato indiano dell’Uttarakhand, a poche decine di chilometri dalla Cina e dall’India, nel massiccio dell’Himalaya, c’è un piccolo lago che almeno da una settantina d’anni è al centro di numerose leggende legate a una sua caratteristica misteriosa: nei suoi immediati dintorni, o dentro al lago stesso, sono state ritrovate le ossa di decine e decine di persone, senza che se ne sia mai capito il motivo. Non si sa chi siano queste persone, quante siano (si ipotizza possano essere fino a quattrocento), se siano morte insieme oppure in periodi diversi, se siano morte sul posto o se i loro resti siano stati portati lì in seguito, e soprattutto non si sa cosa li abbia uccisi.

Un gruppo di genetisti ha pubblicato questa settimana sulla rivista Nature Communications una ricerca che ha provato a rispondere ad alcune di queste domande: contiene diverse scoperte interessanti, che però per molti versi non hanno fatto altro che accrescere il mistero.

(Schwiki via Wikipedia)

Il lago in questione si chiama Roopkund, ma ormai è stato soprannominato “Skeleton Lake” (lago degli scheletri) dai molti racconti e articoli che ne hanno parlato. Si trova a circa 5.000 metri di altitudine ed è sempre gelato tranne che per un mese all’anno. Misura circa 40 metri di diametro, e nonostante sia circondato da un’area disabitata si trova nei pressi di alcuni popolari circuiti per gli escursionisti d’alta quota che visitano il Nepal e il nord dell’India, e sul percorso del Nanda Devi Raj Jat, un pellegrinaggio induista. La fama macabra del lago risale agli anni Quaranta, quando un guardiaparco indiano trovò alcuni resti umani che si ritenne inizialmente appartenessero a un misterioso contingente di soldati giapponesi.

I resti umani ritrovati aumentarono: spesso attaccati alle ossa vennero rinvenuti brandelli di carne, tessuti e anche oggetti in legno, cuoio e metallo. Le interpretazioni cominciarono ad accumularsi, trasformandosi in vere leggende: una delle più popolari racconta di una carovana regale colta da una punizione divina. Tra le spiegazioni meno fantastiche, una delle più accreditate parlava di un evento catastrofico avvenuto oltre 1.000 anni fa, in parte confermata da un vecchio e poco accreditato studio che aveva datato alcuni scheletri a circa 1.200 anni fa. Col passare del tempo, però, il lago diventò sempre più oggetto di studio di antropologi e genetisti, finché pochi anni fa un primo studio scientifico su alcuni resti sembrò confermare parte della leggenda, ipotizzando che i resti appartenessero a un gruppo di viaggiatori uccisi da una terribile grandinata.

Il nuovo studio, guidato da Niraj Raj, esperto di DNA all’Istituto di Paleoscienze Birbal Sahni e da David Reich, genetista dell’Università di Harvard, ha analizzato i resti di 38 persone diverse, identificando 23 uomini e 15 donne. Finora non ce n’erano stati di così approfonditi, principalmente per l’altitudine e la posizione del posto, particolarmente difficile e pericoloso da raggiungere.

La ricerca ha stabilito che le ossa appartenevano a persone di tre gruppi genetici diversi: 23 avevano origini sud-asiatiche, vissero tra il VII e il X secolo e, a quanto dice la ricerca, non tutti contemporaneamente. Le rimanenti ossa analizzate appartenevano invece a persone dell’est dell’Asia e, in 14 casi, del Mediterraneo orientale, vissute tra il XVII e il XX secolo. Non sono stati trovati segni che possano far pensare a infezioni batteriche e quindi a morti dovute a un’epidemia. La diversa datazione degli scheletri, poi, sembra smentire la tesi della grandinata, ha spiegato al New York Times Éadaoin Harney, ricercatore di Harvard tra gli autori dello studio.

«È stato incredibile, perché il tipo di origini che abbiamo scoperto in circa un terzo degli individui è così insolito per questa zona del mondo». Lo studio ha anche rilevato che la composizione chimica delle ossa indica che le persone a cui appartenevano avevano diete significativamente diverse, cosa che sembra confermare le loro provenienze diverse.

L’Atlantic ha intervistato Kathleen Morrison, a capo del dipartimento di antropologia dell’Università della Pennsylvania, che ha provato a ridimensionare la portata delle scoperte. Morrison ha spiegato che per circa duecento anni in India ci fu l’impero ellenico, quello di Alessandro Magno, cosa che rende non troppo sorprendente il ritrovamento di resti di origine europea. Morrison ha anche invitato a una certa cautela per quanto riguarda la datazione degli individui vissuti più recentemente, visto che più il campione è recente e meno la datazione radiometrica è precisa.

Al di là dei dubbi sulle provenienze delle persone i cui resti giacciono nel lago, rimane il mistero irrisolto del perché le loro ossa si trovino lì: finora non è stata trovata nessuna traccia scritta di qualsiasi tipo che racconti la loro storia. «Quando trovi tante ossa umane, è solitamente un cimitero» ha spiegato Morrison. Cat Jarman, un bioarcheologo dell’Università di Bristol, ha invece detto al New York Times che in un posto in cui ci sono continue frane, sommovimenti dovuti al ghiaccio alla neve, e in cui il passaggio umano è così frequente, è quasi impossibile risalire correttamente alla provenienza dei resti. Il fatto che le ossa presentino caratteristiche genetiche che oggi associamo al Mediterraneo, poi, non vuol dire che arrivino necessariamente da lì: l’attuale distribuzione di quelle caratteristiche potrebbe infatti essere diversa da quella di mille anni fa.