«Adesso li fa tutti Favino»

Lo diceva infastidito un personaggio di "Boris": in realtà tutti no, ma tantissimi sì (e oggi compie 50 anni)

(AP Photo/Petros Giannakouris)
(AP Photo/Petros Giannakouris)

Nella terza stagione di Boris, la famosa serie tv italiana sul dietro le quinte di una soap opera televisiva, c’è un attore scarso, Martellone, che si crede un fenomeno e si lamenta perché non gli danno i ruoli che vorrebbe: come Pietro Pacciani o Giovanni Spadolini, leader del Partito Repubblicano. Nella serie, spiega Martellone, finisce che entrambi i ruoli li danno a Pierfrancesco Favino: «Una volta c’erano i ruoli, per gli attori. Adesso li fa tutti Favino». La scena di Boris andò in onda nel 2010: nel frattempo Favino ha fatto tanti ruoli ed è pure finito a condurre il Festival di Sanremo, anche se per ora non ha interpretato né Pacciani né Spadolini. È uno dei più famosi, versatili e apprezzati attori italiani, e oggi compie oggi 50 anni.

Figlio di genitori pugliesi, Favino è nato e cresciuto a Roma, dove si diplomò all’Accademia nazionale di arte drammatica Silvio D’Amico. Iniziò a recitare a teatro facendo un po’ di tutto, da Quer pasticciaccio brutto de via Merulana ai Fratelli Karamazov. La tv arrivò nei primi anni Novanta, con un piccolo ruolo nel film Una questione privata, tratto dal romanzo di Beppe Fenoglio. Il cinema invece nel 1995, con il film Pugili. Ha raccontato che all’inizio non gli davano ruoli troppo complessi – «Non sono mai stato un giovane problematico, sempre abbastanza sano, facevo l’amico sano dell’attore nevrotico» – e che comunque pensava che sarebbe finito a fare l’attore comico: «Facevo ridere la famiglia e i compagni di classe con le mie imitazioni. A sette anni, Drupi, Fausto Leali e Totò erano i miei cavalli di battaglia».

Invece è successo che Favino abbia fatto di tutto: il buono e il cattivo, in film comici e in film drammatici, al cinema e in tv, in Italia e nei film di Hollywood. Un po’ perché, dice lui, «un attore prende veramente la sua faccia verso i trentacinque anni». Un po’ perché, negli anni, Favino è diventato uno dei migliori attori italiani, di certo quello che ha fatto più cose.

Nella sua carriera Favino è stato: il conte e capitano di cavalleria George Von Sparren, un sergente in un film sulla Carboneria ma anche un sergente a El Alamein, un medico gay, un marito in affitto, un giornalista convertito da Padre Pio, un commissario che indaga sugli Insoliti ignoti, un poliziotto della scorta di Giovanni Falcone, il poliziotto che indaga con Tom Hanks in Angeli e Demoni. Ma anche: un poliziotto violento in ACAB, una donna nel corpo di un uomo, un politico corrotto in Suburra, un ministro dell’Economia in Le Confessioni, il protagonista di una serie di spot Barilla e il Libanese in Romanzo Criminale. Della piazza di Roma in cui muore il Libanese, ha detto: «Adesso, ogni volta che ci passo con qualche amico, indico il punto preciso della piazza e dico: “Vedi, qua sono morto”. Che bello poterlo dire. È la magia del cinema».

E poi: il pilota di Formula 1 Clay Regazzoni in Rush, il ciclista Gino Bartali per una fiction Rai («Per Bartali ho pedalato fra i 70 e i 100 chilometri al giorno per quattro mesi»), un muratore di 100 chili in Senza nessuna pietà e un «autotrasportatore pugliese molto pigro e dedito alle donne». Favino è stato anche una statua di Cristoforo Colombo che prende vita, il generale Glozelle nelle Cronache di Narnia, un partigiano per Spike Lee, un industriale in mezzo alla crisi economica, un generale radiato dall’esercito che si spaccia per un importante ufficiale di Badoglio, il papà di Marco Polo, la voce italiana di Abraham Lincoln. Più di recente, Favino è stato un buffo D’Artagnan e un apprezzato e profondo Tommaso Buscetta: «Una figura quasi archetipica: è l’individuo che appartiene a un clan e decide di disobbedire alle sue regole per esigenze personali. In questo caso però il clan è Cosa Nostra quindi si crea subito una tensione: da una parte comprendi le sue esigenze, ma allo stesso tempo non puoi scordarti a cosa appartiene».

In tutto questo, ha fatto e fa anche tanto teatro, come ricordò a Sanremo con un monologo tratto dall’opera teatrale La notte poco prima della foresta del drammaturgo Bernard-Marie Koltès, su un uomo straniero che parla delle sue difficoltà di adattamento e dell’accoglienza che gli riservano le altre persone.

Prossimamente Pierfrancesco Favino sarà Bettino Craxi.