L’uomo che progettò il Saturn V

Dopo aver lavorato con i nazisti, l'ingegnere tedesco Wernher von Braun progettò per gli statunitensi il razzo più alto, pesante e potente mai assemblato

di Giovanni Stivella

Wernher von Braun con l’allora presidente degli Stati Uniti, John F. Kennedy, a Cape Canaveral il 16 novembre 1963 (Nasa/picture-alliance/dpa/AP Images)
Wernher von Braun con l’allora presidente degli Stati Uniti, John F. Kennedy, a Cape Canaveral il 16 novembre 1963 (Nasa/picture-alliance/dpa/AP Images)

Il 16 luglio 1969 Wernher von Braun era al Centro Controllo di Lancio di Cape Canaveral, in Florida. A meno di un chilometro da lui, un razzo Saturn V si staccò dalla rampa di lancio diretto a circa 400mila chilometri di distanza, verso la Luna: ci sarebbe arrivato quattro giorni dopo. Una fotografia mostra l’ingegnere tedesco sorridere mentre si stava compiendo un desiderio che aveva espresso più volte nei decenni precedenti. Von Braun e la sua squadra, composta da centinaia di ingegneri, avevano lavorato per dieci anni, dal 1957 al 1967, alla progettazione del Saturn V. Il primo lancio, per la missione Apollo 8, era stato nel dicembre 1968. Il momento in cui von Braun aveva iniziato a pensare a un viaggio lunare, però, era molto precedente.

Wernher von Braun era nato il 23 marzo 1912 a Wyrzysk, città oggi polacca e ai tempi parte dell’Impero Tedesco. La famiglia era dell’alta nobiltà tedesca: Freiherr (barone) fin dalla nascita, Wernher era figlio di Magnus, politico del Partito Popolare Nazionalista Tedesco (ultranazionalista e antisemita) e ministro dell’Agricoltura tra il 1932 e il 1933.

La sua ascesa nel mondo della ricerca ingegneristica era stata molto rapida. Da sedicenne si era iscritto alla Verein für Raumschiffahrt (Società per la navigazione spaziale), un’associazione che riuniva studenti appassionati di razzi. Mentre si laureava in ingegneria meccanica e in fisica aveva collaborato con il fisico Hermann Oberth e il divulgatore scientifico Willy Ley, a cui, tempo dopo, sarebbero stati dedicati due crateri lunari. Forse anche per opera loro Wernher aveva iniziato a interessarsi intensamente alla Luna. La sua passione era talmente forte che si narra che un giorno, nel 1930, al termine di una presentazione si avvicinò ad Auguste Piccard, fisico e costruttore di palloni aerostatici e batiscafi, e gli comunicò l’intenzione di andare sulla Luna “prima o poi”.

L’inizio della carriera di von Braun, però, non aveva avuto molto a che fare con i viaggi spaziali: fino al 1940 si era dedicato con un gruppo di ricercatori alla progettazione di missili, armi sconosciute ai tempi del Trattato di Versailles successivo alla Prima Guerra Mondiale e per questo non sottoposte alle restrizioni alle quali la Germania doveva sottostare per le armi convenzionali. Poi, nel 1940, si era arruolato nelle SS, sotto richiesta personale di Himmler, il gerarca nazista che ne era comandante. Così come per l’iscrizione al Partito Nazista, avvenuta tre anni prima, von Braun si sarebbe poi giustificato sostenendo che fosse necessario a continuare il suo lavoro.

Il servizio militare non era durato molto: quando, nel 1943, il Terzo Reich lo aveva incluso nella lista degli scienziati da impiegare nel miglioramento delle tecnologie belliche (la Lista Osenberg, dal nome del militare ed ingegnere che la stilò), il gruppo di von Braun fu portato a Peenemünde, nel nord-est della Germania, dove già dal 1937 aveva avuto un laboratorio. Lì fu migliorato il razzo a uso bellico a cui aveva iniziato a lavorare prima della guerra: l’Aggregat 4 o, come fu rinominato dopo, il V-2. Quando il primo raggiunse Londra, nel settembre 1944, von Braun commentò: “Il razzo ha funzionato perfettamente, a parte per l’atterraggio nel pianeta sbagliato”.

Meno di un anno dopo, nella primavera del 1945 Wernher von Braun e la sua squadra si trovavano a Oberammergau, in Baviera. Stretti tra americani e sovietici, scelsero di arrendersi agli americani e in seguito von Braun spiegò che solo un popolo guidato dalla Bibbia avrebbe potuto fare buon uso delle loro armi e rendere più sicuro il mondo.

Von Braun ignorava però che gli statunitensi lo stavano già cercando: nel marzo 1945 in un bagno dell’Università di Bonn un ricercatore polacco aveva trovato i frammenti della Lista Osenberg ed era riuscito a ricomporla; la Lista era così finita all’MI6, l’intelligence britannica, e quindi ai servizi segreti statunitensi, nelle mani del maggiore Robert Staver. Staver aveva poi compilato un elenco di ingegneri ai quali chiedere, in vista dei futuri scontri con l’Unione Sovietica, informazioni sulla produzione bellica tedesca, ed in particolare sui V-2. In cima alla lista di Staver c’era proprio il nome di Wernher von Braun. L’“Operazione Paperclip” finì per portare gli scienziati negli Stati Uniti e arruolarli nell’Esercito.

La squadra di von Braun fu accolta negativamente al suo arrivo negli Stati Uniti: i ricercatori furono posti sotto il comando di un maggiore ventiseienne che aveva compiuto solo semplici studi in ingegneria. In seguito, la pubblicazione di un articolo che parlava delle lamentele dei tedeschi, rivolte anche alla scarsa qualità del rancio, provocò un intenso dibattito sulla presenza di ex nazisti nell’esercito statunitense suscitando reazioni sconcertate da parte, tra gli altri, di Albert Einstein. Nel 1965 le reazioni negative nei confronti di von Braun si sarebbero manifestate anche in una canzone satirica del cantautore Tom Lehrer, chiamata proprio “Wernher von Braun”.


L’esperienza nell’esercito fu particolarmente pesante per von Braun, che, non riuscendo a far approvare programmi spaziali ambiziosi, si dedicò anche all’attività di scrittore e divulgatore. Nel 1952, con “Il Progetto Marte”, ipotizzò uno sbarco umano sul pianeta che sarebbe avvenuto nel 1965; idea che rilanciò quattro anni dopo, ne “L’esplorazione di Marte”, posticipando l’anno dello sbarco al 1970.

Nel 1957, dopo il fortunato lancio dello Sputnik 1 sovietico, il timore che l’URSS potesse prevalere nelle esplorazioni spaziali portò gli Stati Uniti a destinare la squadra di von Braun alla costruzione del primo satellite orbitale americano, che l’ingegnere tedesco aveva già proposto tre anni prima. La fondazione della NASA nel 1958 consentì, dopo l’invio del satellite orbitale, l’inizio del Programma Apollo, per il quale von Braun iniziò a lavorare al razzo Saturn V.


Wernher von Braun mentre ipotizza un viaggio sulla Luna, nel 1955

Il Saturn V non era semplicemente “il razzo per andare sulla Luna”: la capacità di raggiungere il suolo lunare era una conseguenza di caratteristiche tecniche che ancora oggi lo rendono il razzo più alto, più pesante e più potente mai assemblato dall’uomo. Prodotto nel Marshall Space Flight Center di Huntsville, in Alabama, diretto da von Braun, pesava tremila tonnellate e con i suoi 111 metri superava in altezza la Statua della Libertà. Solo il Big Falcon Rocket, che nelle intenzioni di Elon Musk dovrebbe portare il primo uomo su Marte, ha in programma di arrivare oltre (118 metri). Il fatto che i sovietici non abbiano mai avuto un razzo di dimensioni, potenza e resistenza simili – eccetto l’N-1, che però fallì tutti i quattro test di lancio tra il 1969 e il 1972 – determinò la vittoria statunitense nella corsa allo spazio.

Wernher Von Braun morì il 16 giugno 1977 ad Alexandria (Virginia), aveva sessantacinque anni.

Questo e gli altri articoli della sezione Come andammo sulla Luna sono un progetto del workshop di giornalismo 2019 del Post con la Fondazione Peccioliper, pensato e completato dagli studenti del workshop.

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