Dalla parte di chi salva le persone

Sul Foglio Annalena Benini difende la comandante della Sea Watch, anche dai suoi celebratori strumentali

Carola Rackete (EPA/TILL M. EGEN/SEA-WATCH HANDOUT HANDOUT)
Carola Rackete (EPA/TILL M. EGEN/SEA-WATCH HANDOUT HANDOUT)

Sul Foglio, Annalena Benini ha riflettuto sulle opposte strumentalizzazioni che si stanno facendo intorno a Carola Rackete, la capitana della Sea Watch 3, la nave bloccata da giorni in mare con decine di migranti a bordo che l’Italia si rifiuta di far sbarcare. Sono strumentalizzazioni quelle di chi le dà della “sbruffoncella”, come il ministro dell’Interno Matteo Salvini, ma sono semplificazioni che servono a poco anche quelle fatte da molti suoi sostenitori che la trasformano «in fiera oppositrice del governo italiano, salvatrice della nostra dignità e umanità».

Se un ragionamento non è più possibile e si può quindi soltanto scegliere fra un ministro dell’Interno che dice “mi sono rotto le palle”, e “sbruffoncella pagata da chissà chi”, e “arrestatela”, fra Giorgia Meloni che dice: affondate la nave, fra le migliaia di insulti sui social (annegate, mentecatta, crucca, stronza), e una comandante che non ha insultato nessuno e sta cercando di salvare quarantadue persone allo stremo delle forze, allora la scelta è fatta.

Carola Rackete è al porto di Lampedusa, ha chiesto il permesso di entrare, glielo ha negato Malta (che in proporzione alla popolazione accoglie più migranti rispetto all’Italia), la Tunisia non ha una legislazione in merito e ha già tenuto una nave davanti al porto per settantacinque giorni, l’Olanda è lontana e non collabora, Lampedusa è qui ed è un porto sicuro: a bordo della nave ci sono tre minorenni, un bambino di undici anni, e il comandante Carola Rackete ha fornito i documenti, ha chiesto accoglienza, ha scritto dieci mail al giorno, ha detto: non siamo scafisti, non siamo un pericolo per la sicurezza. Ha detto anche, in un’intervista a Repubblica: “Ora gli altri rimasti a bordo ci chiedono quanto dolore bisogna provare per poter scendere a terra”.

Carola Rackete, trentun anni, attivista, ufficiale di navigazione da otto anni, ha guidato le navi rompighiaccio, si è laureata in Inghilterra, parla cinque lingue compreso il russo, il francese, lo spagnolo, e secondo Matteo Salvini e molti odiatori sui giornali e sui social ha anche la colpa di essere ricca. Quindi figlia di papà, quindi sbruffoncella, quindi in cerca del “palcoscenico dei migranti”. Se un ragionamento non è più possibile e quindi i poveri possono annegare e i ricchi devono nascondersi e stare immobili, silenziosi e indifferenti, perché ogni loro azione verrà ridicolizzata, insultata, demolita, allora la scelta di stare con la comandante della Sea Watch è fatta. Soprattutto per un dato semplice e inoppugnabile: quarantadue persone a bordo.

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