Trump ha detto che alle prossime elezioni accetterebbe ancora l’aiuto di una potenza straniera

«Credo che vorrei ascoltare quello che hanno da dire. Non c'è niente di male nell'ascoltarli»

(Mark Wilson/Getty Images)
(Mark Wilson/Getty Images)

In un’intervista con ABC News, il presidente statunitense Donald Trump ha detto che accetterebbe di ancora ricevere aiuto da un paese straniero – in termini di informazioni compromettenti sul suo avversario – in vista delle elezioni presidenziali del 2020; cioè più o meno quello che accadde nel 2016 – e che provocò l’indagine del procuratore speciale Robert Mueller – quando la Russia lo sostenne con operazioni mediatiche e attacchi informatici, e ci furono diversi contatti fra membri del comitato elettorale di Trump e alcuni emissari del governo russo, fra cui il noto incontro in cui il figlio maggiore di Trump ricevette un’avvocata russa che gli aveva promesso informazioni imbarazzanti su Clinton.

Nell’intervista, condotta da George Stephanopoulos, sembra che Trump non colga le implicazioni della sua ammissione: di norma la più alta carica di uno stato nazionale non invita potenze straniere a interferire nel processo democratico del suo paese. Alla domanda diretta di Stephanopoulos – «se la Russia o la Cina o altri ti offrissero informazioni sul tuo prossimo avversario le accetteresti o chiameresti l’FBI?» – Trump ha risposto:

«Credo che potrei fare entrambe le cose. Credo che vorrei ascoltare quello che hanno da dire. Non c’è niente di male nell’ascoltarli. Se qualcuno mi chiamasse da un altro paese – la Norvegia – dicendo che ha delle informazioni sul mio avversario, beh, vorrei sapere quali sono»

In una recente testimonianza al Congresso, il direttore dell’FBI Christopher Wray, nominato proprio da Trump, aveva spiegato che secondo lui «qualsiasi funzionario del governo o membro di un comitato elettorale, se contattato da un paese straniero o da un suo emissario che intende influenzare o interferire con le elezioni, ecco, l’FBI vorrebbe venirne a conoscenza».

Durante l’intervista con ABC News, Trump ha detto che Wray «si sbaglia»: «se qualcuno ti dice “abbiamo informazioni sul tuo avversario”, non rispondi “oh, devo chiamare l’FBI”. La vita non funziona così».

Sappiamo per certo, comunque, che almeno in un caso una simile affermazione di Trump ha avuto conseguenze dirette. Il 27 luglio 2016, durante un comizio in Florida, Trump chiese apertamente alla Russia di trovare alcune migliaia di mail che Hillary Clinton aveva cancellato dal suo server di lavoro perché ritenute personali: proprio quel giorno, secondo il rapporto Mueller, hacker del governo russo provarono ad accedere negli account di alcuni collaboratori di Clinton.

Il rapporto di Mueller non ha trovato abbastanza prove per parlare di una cooperazione stretta fra il comitato di Trump e il governo russo al fine di influenzare le elezioni, ma le agenzie di intelligence americane sono certe del fatto che la Russia volesse aiutare Trump e che ci siano stati dei contatti.