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  • Giovedì 28 febbraio 2019

Si cercano Daniele Nardi e Tom Ballard sul Nanga Parbat

Sono un alpinista italiano e uno britannico che stavano scalando una montagna di ottomila metri in Pakistan: da domenica non si hanno più loro notizie

(pagina Facebook di Daniele Nardi)
(pagina Facebook di Daniele Nardi)

Aggiornamento del 1 marzo: Venerdì è stato annunciato che le ricerche di Nardi e Ballard proseguiranno con dei droni speciali: l’elevato rischio di valanghe rende infatti troppo pericoloso organizzare la spedizione di ricerca degli alpinisti russi che si erano offerti volontari. Qui ci sono maggiori informazioni.

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Nelle prossime ore partirà una missione di soccorso per trovare l’italiano Daniele Nardi e il britannico Tom Ballard, due alpinisti che stavano scalando la montagna pakistana del Nanga Parbat e di cui non si hanno notizie da domenica. Giovedì un elicottero dei soccorsi ha individuato la loro tenda, coperta di neve e con tracce di valanghe nelle vicinanze: per giorni le ricerche avevano avuto difficoltà, per via delle condizioni meteo sfavorevoli e della contemporanea tensione politica tra India e Pakistan, che aveva costretto per un po’ gli elicotteri a rimanere a terra.

Ballard e Nardi, che ha 42 anni ed è nato in provincia di Latina, stavano tentando di aprire una nuova via al Nanga Parbat, la nona montagna più alta del mondo, di 8.125 metri, in Pakistan. Il loro obiettivo era arrivare in cima salendo per lo “sperone Mummery”, una parete sul cosiddetto versante Diamir della montagna (quello nord-ovest). Non ci era mai riuscito nessuno, e tantomeno d’inverno, quando le condizioni sono ulteriormente complicate. Nardi, un alpinista con una lunga esperienza in Hymalaya, aveva già provato altre volte la salita. Ballard, che peraltro è figlio della famosa alpinista britannica Alison Hargreaves, frequenta invece da poco tempo gli ottomila.

L’ultima comunicazione dei due era stata ricevuta tramite telefono satellitare dalla moglie di Nardi domenica: avevano detto che stavano bene e che dopo aver raggiunto i 6.300 metri erano dovuti tornare per il maltempo al campo 4 (C4, cioè la quarta tenda allestita lungo la parete) a circa 6.000 metri. Per i giorni successivi il brutto tempo ha impedito alle persone al campo base di individuare Nardi e Ballard sulla parete. Mercoledì, nonostante le condizioni meteo fossero migliorate e l’elicottero pakistano dei soccorsi fosse pronto a partire, la chiusura dello spazio aereo legata alle schermaglie in corso tra India e Pakistan lo aveva costretto a rimanere a terra.

Grazie all’intervento dell’ambasciatore italiano in Pakistan, l’elicottero è potuto decollare giovedì con a bordo Ali Sadpara, esperto alpinista pakistano. Nella prima ricognizione, Nardi e Ballard non sono stati avvistati; nella seconda invece è stata individuata la tenda, «invasa dalla neve», e con tracce di valanghe nelle vicinanze. Venerdì mattina, perciò, due elicotteri voleranno fino al campo base del K2, la seconda montagna più alta del mondo, distante meno di duecento chilometri in linea d’aria. Qui preleveranno quattro alpinisti russi, guidati da Vassily Pivtsov, che erano lì per una spedizione al K2 ma si sono offerti per andare a cercare Nardi e Ballard. Verranno portati in elicottero il più vicino al campo 3, e da lì proseguiranno per cercare i due alpinisti. Nel frattempo dal campo base del Nanga Parbat stanno continuando a osservare la parete su cui sono dispersi i due alpinisti, senza che però siano finora stati individuati movimenti.

Il Nanga Parbat era già stato teatro di un’incredibile operazione di salvataggio nel 2018, quando gli alpinisti polacchi Adam Bielecki, Jarek Botor e Piotr Tomala e il russo Denis Urubko – che erano a loro volta al campo base del K2 per un’altra spedizione –  avevano salvato l’alpinista francese Elisabeth Revol. Proprio Revol aveva partecipato alla precedente spedizione di Nardi allo sperone Mummery, nel 2013.

Il Nanga Parbat non appartiene propriamente né al massiccio dell’Himalaya né a quello del Karakorum: si trova nella regione del Kashmir, nella valle dell’Indo, ed è considerata una delle montagne più difficili al mondo da scalare (molto più dell’Everest, nonostante sia oltre 700 metri più bassa), per la ripidezza dei suoi versanti e per la grande rapidità con la quale cambiano le condizioni climatiche. Venne scalato per la prima volta nel 1953 dall’austriaco Herman Buhl, in una storica salita compiuta per la maggior parte in solitaria. Negli anni precedenti, oltre 30 persone erano già morte provando a scalare il Nanga Parbat, e da allora ne sono morte altre decine, tanto che ha ricevuto il soprannome di “montagna assassina”. Nel 1970 l’alpinista italiano Reinhold Messner, il più grande himalayista di sempre, provò a scalare per la prima volta il versante del Rupal, quello esposto a sud. Nel tentativo morì travolto da una valanga suo fratello Günther, sulla cui morte ci furono per anni polemiche, perché a lungo Reinhold non fu creduto e fu accusato ingiustamente di avere abbandonato il fratello. Il Nanga Parbat fu salito in inverno per la prima volta nel 2016, da una spedizione in cui c’era l’alpinista italiano Simone Moro.