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  • Lunedì 25 febbraio 2019

L’incontro sugli abusi in Vaticano è stato deludente

Sono state pronunciate parole molto dure ma di concreto si è deciso ben poco, dicono osservatori e associazioni delle vittime

Papa Francesco celebra la messa in Vaticano dopo la conclusione dell'incontro sugli abusi sessuali nella Chiesa, 24 febbraio 2019 (Giuseppe Lami/Pool Photo via AP)
Papa Francesco celebra la messa in Vaticano dopo la conclusione dell'incontro sugli abusi sessuali nella Chiesa, 24 febbraio 2019 (Giuseppe Lami/Pool Photo via AP)

Dal 21 al 24 febbraio in Vaticano si è svolto un incontro su “La protezione dei minori nella Chiesa”, durante il quale – alla presenza dei presidenti delle conferenze episcopali del mondo e dei responsabili dei diversi ordini religiosi – si è parlato degli abusi sessuali compiuti dagli ecclesiastici sui bambini e sugli adolescenti.

Nella messa conclusiva di domenica, che si è tenuta nella Sala Regia del Vaticano, il Papa ha paragonato gli abusi alla «crudele pratica religiosa, diffusa nel passato di alcune culture, di offrire esseri umani – spesso bambini – come sacrifici nei riti pagani», e ha aggiunto che è arrivato il momento di «affrontare con decisione il fenomeno sia all’interno che all’esterno della chiesa». Secondo papa Francesco, la pedofilia è «la manifestazione attuale dello spirito del male» e il prete che abusa di minori è «uno strumento di Satana».

Al di là delle parole di condanna anche molto dure, non si è affrontato però in modo ampio e sistematico il problema degli abusi – che non riguarda solamente i bambini ma anche molte donne religiose – e il Papa non ha annunciato alcuna misura concreta, come invece si aspettavano diverse associazioni di vittime che hanno criticato in modo molto esplicito l’esito dell’incontro. «Mentre i cattolici del mondo invocano un cambiamento concreto, il Papa offre promesse tiepide, che abbiamo già sentito», ha detto per esempio Anne Barrett Doyle, leader di BishopAccountability, un gruppo che mappa e tiene traccia dei vari episodi di abusi nella Chiesa. Marie Collins, che quando aveva tredici anni aveva subito abusi sessuali da un cappellano durante un ricovero in ospedale in Irlanda, e che nel 2017 si è dimessa dalla Pontificia Commissione per la protezione dell’infanzia istituita nel 2014 da papa Francesco proprio per affrontare questo problema, ha detto di essere delusa dal summit in Vaticano.

Le aspettative per questo incontro, scrivono diversi giornali internazionali, erano molto alte: ci si attendeva una vera svolta politica da parte del Papa e l’annuncio di nuove regole interne, per esempio l’esclusione immediata degli ecclesiastici abusanti e dei vescovi o dei prelati che, in modo complice, avevano contribuito a coprirli. Non è stato annunciato niente di tutto questo: invece di modificare le norme e le pratiche, il Papa ha usato l’incontro per parlare soprattutto ai vescovi della necessità di un ampio cambiamento culturale. «Alla fine, sono i cambiamenti del cuore ad essere importanti», ha detto domenica pomeriggio l’arcivescovo di Malta Charles Scicluna.

Dopo la fine dell’incontro diversi alti funzionari della Chiesa hanno detto di aver raggiunto un risultato positivo. Il cardinale Daniel N. DiNardo, presidente della Conferenza dei vescovi cattolici degli Stati Uniti, ha detto di essere «molto soddisfatto»; l’arcivescovo Eamon Martin, presidente della Conferenza episcopale cattolica irlandese, ha detto che l’obbligo di proteggere i bambini nella Chiesa appartiene giustamente ai vescovi del mondo: «Sono sempre spaventato dal pensiero che in qualche modo la protezione possa essere comandata da Roma». E l’arcivescovo Mark Benedict Coleridge, presidente della Conferenza episcopale australiana, ha spiegato che la Chiesa ha bisogno di credere ai sopravvissuti e di assicurare che i violentatori non abbiano mai l’opportunità di “offendere” di nuovo: «Siamo stati il ​​nostro peggior nemico». L’arcivescovo Mark Benedict Coleridge ha paragonato il risveglio dei vescovi a «una rivoluzione copernicana» e ha detto che la Chiesa doveva mettere le vittime, come il Sole, al centro del proprio sistema.

Il fatto di concentrarsi sull’evoluzione spirituale dei vescovi, sulla loro consapevolezza e sull’importanza di farli lavorare insieme per affrontare gli abusi sessuali è sembrato però molto poco a coloro che avevano sperato che il Papa facesse di più, utilizzando la sua stessa autorità: «La tolleranza zero dovrebbe essere la legge universale, e il Santo Padre può introdurla da solo», ha detto Nicholas P. Cafardi, un importante avvocato statunitense.

Alla fine del vertice, il Vaticano ha comunque annunciato che alcuni provvedimenti specifici saranno adottati presto: un rafforzamento delle leggi sulla protezione dei bambini all’interno dei confini del Vaticano, un manuale «molto breve» per i vescovi per aiutarli a capire i loro doveri quando si verificano casi di abuso, una task force di persone competenti per aiutare le conferenze episcopali e le diocesi a realizzare le iniziative per la protezione dei minori. Tutte misure limitate, precisa il New York Times, e che erano già state prese in considerazione prima del summit.

Fuori dal Vaticano le persone sopravvissute agli abusi hanno marciato e tenuto conferenze informative. All’interno, nelle sedute presiedute dallo stesso papa Francesco, i vescovi più importanti del mondo hanno ascoltato le terribili testimonianze delle vittime di abuso, molte delle quali hanno denunciato l’indifferenza e la complicità dei leader della chiesa. Una suora nigeriana ha mosso critiche molto precise per il silenzio ipocrita e la mancanza di trasparenza da parte delle più alte gerarchie.

Il discorso critico che è circolato di più è stato quello di una giornalista messicana che si occupa di Vaticano, Valentina Alazraki: «Quante volte mi è toccato ascoltare che lo scandalo degli abusi è “colpa della stampa, che è un complotto di certi mass media per screditare la Chiesa, che dietro ci sono poteri occulti, per mettere fine a questa istituzione”… noi abbiamo scelto da quale parte stare. Voi lo avete fatto davvero, o solo a parole?» E ancora: «Se siete contro coloro che commettono abusi o li coprono, allora stiamo dalla stessa parte. Possiamo essere alleati e non nemici. Vi aiuteremo a trovare le mele marce e a vincere le resistenze per allontanarle da quelle sane. Ma se voi non vi decidete in modo radicale a stare dalla parte dei bambini, delle mamme, delle famiglie, della società civile, avete ragione ad avere paura di noi, perché noi giornalisti, che vogliamo il bene comune, saremo i vostri peggiori nemici». La giornalista ha parlato anche delle suore e delle religiose vittime di abusi sessuali, dando ai vescovi una serie di suggerimenti concreti: «A volte, il bollettino della Sala Stampa della Santa Sede informa su una rinuncia senza spiegarne le ragioni: la notizia della rinuncia di un sacerdote che ha commesso abusi dovrebbe essere data con chiarezza, in modo esplicito».