• Italia
  • Mercoledì 30 gennaio 2019

La questione del biglietto dei mezzi pubblici a Milano, spiegata

Il comune e la regione litigano da giorni per un nuovo piano tariffario che va molto oltre il semplice "aumento del costo del biglietto urbano"

(ANSA / MATTEO BAZZI)
(ANSA / MATTEO BAZZI)

Negli ultimi giorni si è tornati a parlare dell’aumento del biglietto singolo dei mezzi pubblici nella città di Milano, che il comune propone da tempo e che dovrebbe entrare in vigore ad aprile o a maggio. La modifica più visibile prevede l’aumento del costo del biglietto urbano da 1,50 a 2 euro, un aumento del 33 per cento, ma con varie eccezioni e riduzioni di prezzo per molti cittadini, e nell’ambito di un programma che coinvolgerà moltissime città dell’hinterland in cui abitano molti pendolari, che infatti sono favorevoli alla decisione. Da settimane però comune e regione non riescono a mettersi d’accordo, e la questione è finita anche nelle pagine nazionali dei quotidiani.

Il comune di Milano, che dal 2011 è governato dal centrosinistra, sostiene che l’aumento del prezzo del biglietto sia necessario per far tornare i conti di ATM, l’azienda che gestisce il trasporto pubblico con risultati considerati unanimemente soddisfacenti, e per far fronte alle molte espansioni del servizio già avvenute e a quelle in programma (su tutte la prossima apertura della Metro 4, la quinta linea cittadina). Le nuove tariffe, inoltre, verranno applicate nell’ambito di un nuovo piano tariffario integrato che avrà valore almeno in una prima fase in tutti i comuni della provincia di Milano e di Monza e Brianza (in cui abitano più o meno 4 milioni di persone).

L’opposizione di centrodestra e la regione – guidata dalla Lega – si oppongono da tempo a questa misura, sostenendo che il sistema introdurrà delle «storture» e che «in un momento di difficoltà economica, aumentare il biglietto non è una scelta intelligente», secondo le parole del ministro dell’Interno Matteo Salvini.

Di cosa parliamo
In rapporto alle altre metropoli europee, Milano è una città molto economica per quanto riguarda il trasporto pubblico: un biglietto valido un’ora e mezza e che può essere usato per tutti i mezzi pubblici dell’area urbana – metro, treno, autobus o filobus – costa 1,50 euro. A Bruxelles un biglietto equivalente costa 2,10, a Berlino 2,80 (con un biglietto da 1,70 per tratte brevissime), a Lisbona 2 o 3 euro a seconda che si prenda l’autobus o il tram (la metro costa 1,50, ma il biglietto dura soltanto un’ora). Per non parlare di città come Londra o Copenhagen dove è ancora più caro. Il tutto in cambio di un servizio molto variegato – quattro (presto cinque) linee di metropolitana, autobus, tram – di buona affidabilità, modernità e qualità, e percepito come tale dalla stragrande maggioranza dei passeggeri.

I prezzi sono stati mantenuti bassi artificiosamente anche grazie a generosi finanziamenti della regione, guidata praticamente da sempre dal centrodestra. Negli ultimi dieci anni, però, le cose sono cambiate: c’entrano soprattutto i progressivi tagli dei governi nazionali agli enti locali, e in minor parte le scelte politiche dell’amministrazione regionale. Dal 2009 al 2016 la regione ha diminuito di circa 60 milioni di euro i soldi che trasferiva ogni anno al comune di Milano per il trasporto locale – soldi che poi venivano girati ad ATM – passando da 330,2 a 267 milioni di euro. Già nel 2011, appena entrata in carica, la giunta di centrosinistra guidata da Giuliano Pisapia decise di aumentare il costo del biglietto urbano da 1 euro a 1,50, fra molte proteste.

In questi anni, anche dopo l’insediamento del nuovo sindaco Beppe Sala, il comune aveva avvertito più volte che sarebbe stato costretto a forzare ATM ad aumentare alcune tariffe, per far fronte al mantenimento della qualità dei servizi e all’espansione dell’offerta. Tenendo conto della Metro 5, inaugurata nel 2013, e di altre estensioni, fra il 2011 e il 2018 il comune ha aumentato del 9,2 per cento i chilometri di linea disponibili.

Come ha spiegato a Repubblica l’assessore ai Trasporti di Milano, Marco Granelli, di recente la regione ha deciso ulteriori tagli entro il 2020. Il comune ha quindi deciso di avviare il prima possibile il piano. «Non è un capriccio», ha detto Sala al Corriere della Sera. «Abbiamo bisogno di farlo per continuare a migliorare il servizio».

Il nuovo sistema tariffario
La ratio del nuovo piano è questa: aumentare sensibilmente il prezzo del biglietto urbano singolo – cioè quello utilizzato da passeggeri occasionali e turisti, che a Milano sono sempre di più – e usare quei soldi per ripianare i costi del servizio e abbassare il prezzo dei biglietti per i moltissimi pendolari che abitano nel cosiddetto hinterland, cioè la galassia di comuni i cui abitanti ruotano intorno a Milano, e raggiungono quotidianamente la città. I prezzi degli abbonamenti resteranno più o meno inviariati, e anzi alcuni diminuiranno. Il nuovo sistema porterà anche una semplificazione delle tariffe per le periferie e l’hinterland: oggi sono piuttosto incomprensibili, e verranno sostituite da un biglietto unico il cui costo varierà a seconda della zona.

Come dicevamo, il biglietto urbano singolo passerà da 1,50 a 2 euro, mentre il giornaliero da 4,50 a 7 euro. Aumenterà anche la sua estensione: sarà cioè valido in una prima fascia di comuni – quelli in violetto chiaro, nella mappa qui sotto – che il piano attuale considera invece area interurbana. Sarà uno svantaggio per il passeggero occasionale che si sposterà dentro al territorio comunale, che oggi paga 1,50 euro, e un piccolo svantaggio per chi si muove da alcuni comuni come Sesto San Giovanni e Cologno Monzese, che finora per un viaggio fino in centro pagavano 1,90 euro. I passeggeri che arrivano da alcuni comuni della prima fascia, però, ci guadagneranno: su tutti quelli che arrivano da Rho, quindi anche chi visita l’area della Fiera, e da Assago, dove c’è il palazzetto per concerti del Forum.

Il costo del biglietto aumenta di 40 centesimi per ogni fascia più lontana dal centro. Significa che nella seconda fascia, quella che nella mappa qui sotto è in violetto scuro, il biglietto costerà 2,40, nella terza fascia 2,80, e così via. Tutti i passeggeri che oggi si spostano da queste fasce al centro della città pagheranno di meno.

Chi parte dai comuni della seconda fascia oggi paga un biglietto compreso fra i 2,50 e i 3,10 euro: col nuovo piano tariffario ne pagherà 2,40. In generale i prezzi dei biglietti singoli per le zone interurbane tenderanno a diminuire, ma i vantaggi varieranno comunque da comune a comune: chi proviene dai comuni dell’ultima fascia, per esempio, oggi paga dai 3,70 ai 4,30 euro: in futuro pagherà 4 euro, e quindi potrebbe guadagnare o perdere 30 centesimi a seconda di dove abita.

Qualche aumento sarà anche consistente: a Fizzonasco, un paese nella periferia sud, oggi si paga 1,90 euro: con il nuovo sistema si pagherà 2,40 euro perché la tariffa sarà quella del comune di Pieve Emanuele, a cui Fizzonasco appartiene nonostante in linea d’aria sia situato accanto ai comuni che pagano 2 euro.

Gli abbonamenti rimarranno più o meno invariati per chi si sposta solo in città, mentre tenderanno a diminuire per gli abitanti dei comuni di periferia. Oggi un abbonamento mensile urbano costa 35 euro, e salirà a 39; l’abbonamento annuale continuerà invece a costare 330 euro. L’abbonamento mensile e annuale per under 26 e anziani non subirà variazioni. Per chi abita nella seconda fascia, invece, l’abbonamento mensile diminuirà passando da 55 a 50 euro, mentre quello annuale da 498 a 460 euro. Nella terza fascia, il mensile passerà da 79 a 60 euro e l’annuale da 685 a 552 euro, e così via.

Abbassare il prezzo di biglietti e abbonamenti per chi vive in provincia non è soltanto frutto di una decisione politica a favore delle periferie: il territorio di Milano è uno dei più inquinati di Europa, in parte anche per via dello smog prodotto dalle auto. Da anni il comune sta portando avanti politiche per incentivare l’utilizzo dei mezzi pubblici a discapito dell’auto privata (come nel caso di Area C o della recente introduzione di Area B), e infatti il numero di auto per residente negli ultimi anni è diminuito: ma restano centinaia di migliaia di non residenti che ogni giorno usano l’automobile per entrare in città.

Perché litigano comune e regione
In sostanza, per una sovrapposizione di competenze sul trasporto locale, un’area grigia in cui non è mai chiarissimo chi debba occuparsi di cosa, e forse anche per ragioni politiche (la regione è governata dal centrodestra, la città dal centrosinistra).

Nel caso della Lombardia, per esempio, dal 2016 i comuni sono chiamati ad occuparsi del trasporto locale insieme a sei Agenzie per il Trasporto Pubblico Locale (ATPL) divise per bacini di utenza: Milano ne condivide una con Lodi, Pavia e Monza e Brianza. Il loro obiettivo è «programmare, organizzare, monitorare, controllare e promuovere i servizi di trasporto pubblico locale in maniera integrata». Il problema è che questo significa lavorare anche con le reti del trasporto ferroviario, che invece sono rimaste di competenza regionale.

Nelle ultime settimane la regione Lombardia ha fatto molta resistenza sull’aumento del biglietto singolo a 2 euro – e quindi più in generale su tutta la riforma – citando diverse ragioni. La maggior parte delle critiche del centrodestra si sta però concentrando proprio sull’aumento del biglietto singolo. Salvini ha parlato di ragioni economiche e sociali, mentre il presidente della regione Attilio Fontana ha detto di avere «condizionamenti che derivano dagli interessi dei cittadini», e sembra avere proposto a Sala di limitare l’aumento a 1,70 euro. Silvia Sardone, una consigliera comunale eletta con Forza Italia che di recente ha lasciato il partito perché considerato troppo moderato, ha detto in un comunicato: «Il biglietto a due euro è uno scandalo che andrà a pesare sulle tasche di semplici cittadini, lavoratori e studenti: è inutile che Sala e la giunta spingano per un maggior utilizzo dei mezzi pubblici per non inquinare se poi alzano i prezzi. È la solita sinistra che continua a dimostrarsi lontana dalla gente comune».

L’assessora regionale ai Trasporti Claudia Terzi ha detto ieri a Repubblica che la regione non è contraria a prescindere alla riforma, ma che quella attuale «è troppo complessa e ci sono diverse storture da scongiurare, come gli aumenti eccessivi per alcune zone, ad esempio quelle verso il Pavese».

In un post su Facebook, il sindaco di Milano Beppe Sala ha definito le perplessità della regione «un ricatto della politica, o perlomeno di una certa politica», accusando in sostanza la regione e il centrodestra di essersi appesa alla questione del biglietto singolo a 2 euro per mettersi dalla parte di chi non vuole alcun aumento.

Milano potrebbe anche approvare la riforma da sola. È vero che il comune e l’ATPL devono consultarsi con la regione per quanto riguarda il trasporto ferroviario, ma nelle prossime settimane potrebbero decidere di far partire il nuovo piano come una sperimentazione che si limiti ai mezzi su gomma e alle metro e ai tram di Milano, riservandosi di trattare con la regione solo in un secondo momento. Sembra che la maggioranza dei Comuni rappresentanti nell’ATPL sia infatti a favore del nuovo piano; così come il 48,8 per cento dei cittadini milanesi è d’accordo sull’aumentare i prezzi dei biglietti, secondo un’indagine compiuta dagli studenti del corso di Metodologia della ricerca sociale dell’università Statale di Milano, citata da Repubblica.

Due giorni fa si è pubblicamente espresso a favore del nuovo piano anche Umberto Regalia, il presidente dell’ATPL di Milano, Pavia, Monza e Brianza e Lodi. Parlando con Repubblica, ha detto che «la polemica sul biglietto di Milano è limitata e distorsiva»: «dobbiamo partire il prima possibile con il nuovo sistema tariffario perché solo così ci saranno benefici per 2,3 milioni di persone che pagheranno meno il ticket unico, 2,4 milioni che avranno un guadagno medio del 14 per cento sull’abbonamento mensile, 2,2 che risparmieranno il 9 per cento sull’annuale […]. Non vogliamo atteggiarci a Robin Hood, ma quasi tutto quello che prenderemo dai ticket singoli verrà ridistribuito con sconti e abbonamenti per chi non se lo può permettere o per i pendolari, e il resto sarà investito in quantità e qualità dei servizi».