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  • Lunedì 21 gennaio 2019

Gli scontri e le proteste di Atene, per il cambio di nome della Macedonia

Ci sono stati violenti scontri che, secondo il governo, sono stati causati dagli estremisti di destra di Alba Dorata

Manifestazione ad Atene, 20 gennaio 2019 (ARIS MESSINIS/AFP/Getty Images)
Manifestazione ad Atene, 20 gennaio 2019 (ARIS MESSINIS/AFP/Getty Images)

Domenica 20 gennaio decine di migliaia di persone – tra le 60 e le 100 mila – hanno manifestato nel centro di Atene contro l’accordo fatto lo scorso giugno dal primo ministro greco Alexis Tsipras e il primo ministro macedone Zoran Zaev per cambiare il nome della Macedonia in “Repubblica della Macedonia settentrionale”. Approvato dalla Macedonia, il cambio di nome dovrà essere ratificato anche dal parlamento greco. La discussione inizierà questa settimana e il voto finale dovrebbe arrivare venerdì. Durante le manifestazioni ci sono stati scontri molto violenti con la polizia causati, secondo il governo, da alcuni esponenti del partito neonazista Alba Dorata.

Atene, 20 gennaio 2019 (Milos Bicanski/Getty Images)

Domenica 326 pullman provenienti da tutto il paese, e in particolare dalla Grecia settentrionale, hanno portato migliaia di manifestanti ad Atene che hanno sventolato bandiere della Grecia e cantato “la Macedonia è greca”. Il dato è stato comunicato dalla polizia, mentre gli organizzatori (un comitato contrario al cambio di nome della Macedonia) ha parlato di 3 mila bus. Il centro della capitale è stato chiuso al traffico per gran parte della giornata, così come le stazioni della metropolitana vicino a Syntagma, sede frequente dei grandi raduni che si trova di fronte al parlamento greco.

Verso le tre del pomeriggio circa 30 giovani con il viso coperto sono riusciti a infiltrarsi nella manifestazione fino a quel momento pacifica: hanno lanciato sassi, bottiglie, molotov e altri oggetti contro la polizia, cercando di forzare anche l’entrata del Parlamento. Gli agenti, in tenuta antisommossa, hanno risposto con gas lacrimogeni che hanno provocato la dispersione di molti manifestanti.

Negli scontri sono stati feriti almeno 25 poliziotti e due manifestanti sono stati ricoverati in ospedale per disturbi respiratori. Il gruppo di infiltrati ha poi attaccato direttamente i fotografi e i cameramen presenti rompendo loro l’attrezzatura. Un giornalista è stato portato in ospedale. La polizia ha fatto sapere che sono state arrestate sette persone.

Dall’ufficio del primo ministro Tsipras hanno fatto detto che «gli incidenti sono stati provocati da estremisti, membri di Alba Dorata che hanno cercato di entrare nel Parlamento. Hanno attaccato i poliziotti con bastoni e manganelli, mandando dozzine di feriti all’ospedale». Sempre domenica, circa 300 anarchici hanno organizzato una contro-manifestazione pacifica. La polizia aveva alzato delle barriere per prevenire gli scontri.

Una bandiera con la croce celtica davanti al Parlamento di Atene, 20 gennaio 2019 ( LOUISA GOULIAMAKI/AFP/Getty Images)

La scorsa settimana l’accordo sul nome della Grecia aveva causato le dimissioni del ministro della Difesa Panos Kammenos e l’uscita dalla coalizione del suo partito, ANEL, il partito dei Greci Indipendenti, nazionalista e di destra. Tsipras aveva dunque chiesto un voto di fiducia sul suo governo e il Parlamento aveva votato a favore. Kammenos era sempre stato contrario all’accordo stretto da Tsipras sulla Macedonia così come i partiti di opposizione. Alla manifestazione di domenica hanno partecipato anche alcuni esponenti di Nuova Democrazia, il principale partito greco di centrodestra, così come l’ex primo ministro conservatore Antonis Samaras che l’aveva definita «una dimostrazione per la democrazia» e alcuni preti. Erano presenti anche i membri della comunità monastica del Monte Athos: hanno dichiarato che l’accordo «distorce la storia» e hanno chiesto un referendum sull’accordo. Il partito neonazista Alba Dorata aveva invece invitato esplicitamente i suoi sostenitori a protestare.

Un prete e un poliziotto durante le proteste di Atene, 20 gennaio 2019 (LOUISA GOULIAMAKI/AFP/Getty Images)

Le origini della disputa sul nome con la Grecia risalgono al 1991, quando la Macedonia dichiarò la sua indipendenza dalla Jugoslavia scegliendo il nome “Repubblica di Macedonia”, lo stesso nome che aveva quando faceva parte della federazione jugoslava. Già allora alcuni cittadini e politici greci accusarono il nuovo paese di essersi appropriato di un nome e di un’identità culturale e storica appartenente a un’area geografica che rientra nei confini dello stato greco, la regione della Macedonia appunto.