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  • Sabato 24 novembre 2018

Il referendum sulle unioni civili a Taiwan

Potrebbe diventare il primo paese asiatico a legalizzarle, ma i sondaggi dicono che non sarà facile

(CHRIS STOWERS/AFP/Getty Images)
(CHRIS STOWERS/AFP/Getty Images)

Oggi a Taiwan si è svolto un referendum consultivo che chiedeva di esprimersi su matrimoni e unioni civili tra persone dello stesso sesso. I risultati sono attesi nella mattinata di sabato 24 novembre (i seggi hanno chiuso alle 16 locali, le 9 italiane). Se i cittadini dovessero votare a favore, Taiwan potrebbe diventare nei prossimi mesi il primo paese asiatico a legalizzare i matrimoni tra persone dello stesso sesso. I sondaggi prima del voto dicevano però che è piuttosto difficile che accada.

Taiwan – che formalmente si chiama Repubblica di Cina – è uno stato di cui la Cina non riconosce l’indipendenza, considerandola una provincia “ribelle”. Negli ultimi anni è stato governata da una democrazia multipartitica e regolata da leggi libertarie e aperte. Il referendum è arrivato dopo che 18 mesi fa la Corte costituzionale aveva deciso che, entro due anni, il parlamento avrebbe dovuto permettere matrimoni tra persone dello stesso sesso. Il voto è quindi visto come un modo per rinforzare quella decisione. Al contrario, un risultato sfavorevole al referendum complicherebbe l’approvazione di una legge a riguardo, o comunque contribuirebbe a renderla meno efficace. I quesiti principali su questa questione sono due, di segno opposto: uno, sostenuto da gruppi conservatori, propone di definire il matrimonio come l’unione tra un uomo e una donna, l’altro chiede l’introduzione di una legge che permetta e protegga “l’unione permanente” tra persone dello stesso sesso.

Tra gli altri dieci quesiti del referendum ce n’è anche uno su come Taiwan voglia chiamarsi alle Olimpiadi di Tokyo del 2020: Taiwan (cosa che non farebbe piacere alla Cina) o Taipei Cinese (nome usato dagli anni Ottanta). Insieme al referendum ci sono state anche delle elezioni di metà mandato, che saranno utili per valutare il consenso della presidente Tsai Ing-wen, del Partito Democratico Progressista, un partito di centro poco propenso al dialogo con la Cina comunista.

All’inizio della campagna elettorale Tsai si era detta favorevole alle unioni civili, ma ha poi scelto di restare neutrale, forse temendo di perdere i consensi dell’elettorato più anziano e tradizionalista. Secondo un recente sondaggio, circa il 77 per cento dell’elettorato considera il matrimonio come un’esclusiva fra uomo e donna.