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  • Sabato 24 novembre 2018

River-Boca, una partita irripetibile

Stasera si decide la storica finale di Copa Libertadores tra le due squadre di Buenos Aires, per le quali da domani nulla sarà più come prima

Julio Buffarini e Lucas Pratto durante la finale di andata alla Bombonera, terminata 2-2 (Marcelo Endelli/Getty Images)
Julio Buffarini e Lucas Pratto durante la finale di andata alla Bombonera, terminata 2-2 (Marcelo Endelli/Getty Images)

La finale di ritorno di Copa Libertadores tra le due squadre più importanti di Buenos Aires, il River Plate e il Boca Juniors, si giocherà stasera, quando in Italia saranno le ore 21, allo stadio Antonio Vespucio Liberti, noto a tutti come il Monumental. La finale di ritorno arriva due settimane dopo quella di andata giocata alla Bombonera, lo stadio del Boca Juniors, e terminata in parità con il risultato di 2-2. In Copa Libertadores non esiste la regola dei gol segnati in trasferta: chi vince si prende la coppa, con un pareggio si va ai supplementari. Dalla partita di stasera si conoscerà la squadra campione del Sud America, che per l’ultima volta nella storia del torneo verrà decisa in una finale giocata tra andata e ritorno.

Per River Plate e Boca Juniors, in un certo senso, dopo stasera nulla sarà più come prima: la squadra perdente non potrà prendersi nessuna rivincita, se non in un’altra improbabile finale di coppa (che chissà quando accadrà di nuovo, considerando che prima d’ora non era mai capitato). Per via della storica rivalità che divide le due squadre di Buenos Aires, il risultato di questa finale verrà ricordato e rievocato per decenni.

Al Monumental — distante circa quindici chilometri dalla Bombonera — non ci saranno tifosi del Boca Juniors, come all’andata non ce ne sono stati del River. Questo perché in Argentina le trasferte sono vietate per motivi di ordine pubblico. Il presidente argentino Mauricio Macri — che tra il 1995 e il 2007 fu anche presidente del Boca — aveva provato a sospendere il divieto, ma i due stadi non erano attrezzati per ospitare in sicurezza migliaia di tifosi ospiti. Il Monumental, ritenuto lo stadio argentino “più europeo” e sede delle partite della nazionale, sarà quindi riempito da oltre 60.000 tifosi del River Plate. In compenso i tifosi del Boca, per far sentire la loro vicinanza alla squadra, giovedì si sono presentati in 50.000 per l’ultimo allenamento a porte aperte alla Bombonera.

Lo stadio Monumental prima di un Superclasico del 2004 (AP Photo/Marcelo Gomez/La Nacion POOL)

Boca e River sono nate nello stesso quartiere di Buenos Aires, la Boca, più di cento anni fa. Dopo essersi divise e aver fatto nascere una delle più grandi rivalità calcistiche al mondo, si sono imposte come le migliori espressioni del calcio argentino e sudamericano. Da loro sono passati i più grandi campioni di tante epoche calcistiche, da Diego Armando Maradona ad Alfredo Di Stefano, due dei nomi più importanti assieme a tanti altri celebri giocatori, come Gabriel Omar Batistuta, Juan Roman Riquelme e Hernan Crespo. I tifosi del Boca chiamano i rivali del River “le galline” da quando nel 1966 si fecero ingenuamente rimontare due gol dal Penarol in una finale di Copa Libertadores. Quelli del River, invece, chiamano i rivali “bosteros”, per via dello sterco dei cavalli sparso sulle strade del quartiere popolare della Boca.

Pur essendo state fondate nel quartiere portuale di Buenos Aires da una comunità composta in prevalenza da immigrati genovesi, nel corso degli anni le due squadre hanno preso due strade opposte, che ne hanno definito le identità. Il Boca, fondato 117 anni fa da cinque amici genovesi — a cui si deve il soprannome della squadra, gli “Xeneizes”, “i genovesi” — rimase il club delle classi più povere. Il River, invece, dopo aver perso lo spareggio per restare nel quartiere, si trasferì nella parte settentrionale della città, una zona ricca e profondamente diversa dalla Boca. Divenne così la squadra delle classi agiate della capitale: deve il suo soprannome — i “Millonarios” — alla forza economica del club raggiunta in special modo nella metà del secolo scorso.

I favoriti

Sul piano del gioco il River Plate è una delle migliori squadre sudamericane. La sua forza sta nel saper adattarsi ad affrontare diversi tipi di partite, comprese le più bloccate. È inoltre una squadra micidiale nelle ripartenze, come si è visto alla Bombonera, dove ha saputo recuperare lo svantaggio iniziale segnando pochi secondi dopo aver riportato la palla sul dischetto di centrocampo. È allenato da un suo ex giocatore, Marcelo Gallardo, che nei quattro anni in carica ha saputo assorbire alla grande le pressioni e le aspettative del ruolo. Questo ha sorpreso i molti che lo ricordavano come un calciatore talentuoso ma principalmente “solista” e dal rendimento incostante. Ha due soprannomi: “el Muñeco”, cioé “la bambolina”, per il volto apparentemente tranquillo che nasconde un carattere irascibile, e “Napoleón” per via dei successi ottenuti da allenatore e per la sua bassa statura.

Stasera potrebbe vincere la seconda Copa Libertadores in tre anni da allenatore, ma dovrà guardare la partita dalla tribuna. È stato infatti squalificato per quattro giornate dopo che nella semifinale di ritorno contro il Gremio scese dalla squadra negli spogliatoi nonostante avesse già una squalifica da scontare. Gallardo ha seguito l’andata alla Bombonera dal suo ufficio all’interno del Monumental.

Il River può contare su uno dei migliori portieri sudamericani, Franco Armani, e su tanta qualità fra centrocampo e la trequarti, dove giocano il ventenne Ezequiel Palacios, l’ex trequartista di Pescara e Porto Juan Fernando Quintero e l’esterno di origini italiane Gonzalo Martinez. Nella partita di andata il gol del vantaggio è stato segnato da Lucas Pratto, cresciuto nelle giovanili del Boca ed ex giocatore del Genoa. Il secondo è stato un autogol del difensore del Boca Carlos Izquierdoz.

Il Boca non si arrende mai

Il Boca Juniors non vince una Copa Libertadores dal 2007, ma in Argentina ha vinto tre delle ultime quattro edizioni del campionato, di cui è campione in carica da due anni. Da tre stagioni è allenato da un suo ex giocatore, Guillermo Barros Schelotto, che prima di tornare al Boca fu vicino a diventare l’allenatore del Palermo (poi alcune complicazioni fecero saltare l’accordo). Schelotto era un giocatore arcigno e instancabile, due caratteristiche che ora sembra avere trasferito alla sua squadra. Negli ultimi due campionati vinti, inoltre, il Boca ha avuto sempre il miglior attacco del campionato: un dato che rispecchia effettivamente il maggior punto di forza della squadra.

I migliori marcatori sono i suoi due centravanti: Dario “El Pipa” Benedetto e Ramon “Wanchope” Abila. Hanno segnato i quattro gol con cui il Boca ha eliminato i brasiliani del Palmeiras in semifinale e anche i due gol nella finale di andata. Benedetto, tuttavia, ha sbagliato il possibile gol del 3-2 nei minuti finali dell’andata: un errore che ora potrebbe costare molto caro.

Un ulteriore apporto alla qualità dell’attacco della squadra è dato dalla presenza dell’esperto centravanti Carlitos Tevez – con un passato al Manchester City e alla Juventus – che stasera però potrebbe partire dalla panchina, e dagli esterni, che ruotano molto fra di loro. Cristian Pavon, convocato dall’Argentina agli ultimi Mondiali, si è infortunato all’andata e non dovrebbe riuscire a giocare. Ma ci sono comunque il colombiano Edwin Cardona e Mauro Zarate, talentuoso ex attaccante che ha giocato anche in Italia — con molta incostanza — tra Lazio, Inter e Fiorentina. Dietro di loro, a centrocampo, il capitano Fernando Gago, ex centrocampista della Roma. Per Barros Schelotto, il risultato di stasera determinerà anche il futuro in squadra, dato che il suo contratto è in scadenza.