È cominciato il congresso del PD

All'assemblea si è dimesso il segretario Martina ed è cominciato il processo che porterà alle primarie: ma Minniti non ha ancora detto se si candida

Maurizio Martina e Graziano Delrio (ANSA/ANGELO CARCONI)
Maurizio Martina e Graziano Delrio (ANSA/ANGELO CARCONI)

L’assemblea nazionale del Partito Democratico, che si è riunita sabato a Roma, ha aperto ufficialmente la fase congressuale del partito, che porterà alle primarie e all’elezione di un nuovo segretario prima delle elezioni europee del maggio del 2019. L’attuale segretario Maurizio Martina ha confermato le sue dimissioni, ed è stata nominata la Commissione che deciderà le regole del congresso. Ma oggi gli osservatori aspettavano soprattutto una decisione definitiva dell’ex ministro dell’Interno Marco Minniti, che da tempo si dice indeciso sulla possibilità di candidarsi a segretario: non è arrivata nemmeno oggi.

Nel suo discorso introduttivo, nemmeno Martina non ha detto se si candiderà, come avevano ipotizzato in molti: e non è ancora chiaro se lo farà. Se si candidasse anche solo uno tra Minniti e Martina, la sfida per la guida del partito si farebbe immediatamente molto più agguerrita, visto che entrambi sarebbero candidati di primo piano che si contenderebbero la vittoria con l’attuale favorito Nicola Zingaretti. Attualmente sembra impossibile convocare le primarie a gennaio, e secondo Democratica, il giornale del PD, la data dovrebbe essere intorno al 10 marzo, a meno di tre mesi dalle europee. Alcuni esponenti del PD, tra cui Pierluigi Castagnetti, stanno facendo pressioni perché i tempi vengano accelerati, magari per riuscire a convocarle a febbraio.

Ci sono anche altri candidati, in realtà: Matteo Richetti, Francesco Boccia, Cesare Damiano e Dario Corallo, nessuno con vere possibilità. Per come stanno adesso le cose, infatti, Zingaretti gode di un largo consenso all’interno del partito e anche nei sondaggi tra gli elettori del PD. Ex presidente della provincia di Roma e due volte del Lazio, Zingaretti proviene dalla sinistra del partito che ha fatto carriera in modo molto disciplinato ed è sostenuto sia dalla vecchia minoranza del partito, l’area oggi guidata da Andrea Orlando, sia dalla parte più moderata e centrista del partito, quella guidata da dirigenti come Dario Franceschini, che all’ultimo congresso era alleata con Matteo Renzi, e dall’ex presidente del Consiglio Paolo Gentiloni.

Ma la candidatura di Zingaretti sarebbe seriamente minacciata da Minniti, che da settimane è indicato come il candidato dell’ala renziana del PD, che nonostante abbia perso molti pezzi negli ultimi due anni è ancora probabilmente maggioritaria all’assemblea, un organo di oltre 1.000 membri che fu eletto in occasione delle primarie del 2017, stravinte da Renzi. Minniti ha costruito la sua fama soprattutto sulle dure politiche sull’immigrazione attuate quand’era ministro, cosa che lo ha reso molto impopolare nella sinistra del partito e ne ha invece consolidato il consenso tra gli elettori più sensibili al tema della sicurezza. Da settimane i giornalisti chiedono a Minniti se si candiderà, e da settimane lui dice che non ha ancora deciso: sembra improbabile che posticiperà ulteriormente l’annuncio. Secondo i giornali, però, Renzi non parteciperà all’assemblea di oggi.

Ma oltre a quella di Minniti, anche una candidatura di Martina sposterebbe notevolmente gli equilibri delle primarie, vista la notorietà acquisita dall’ex ministro per le Politiche agricole nei mesi in cui è stato segretario. Politicamente, Martina è visto come una figura più moderata rispetto a Minniti e Zingaretti, che si collocano invece agli estremi del partito da una parte e dall’altra. La candidatura di Martina potrebbe avere il sostegno di Graziano Delrio, ex ministro dei Trasporti molto apprezzato nella base del partito, e di Matteo Orfini, presidente del PD.