Il sapore non è protetto da diritto d’autore

Lo ha ricordato la Corte di giustizia dell’Unione Europea in una sentenza su due formaggi olandesi

La Corte di giustizia dell’Unione Europea ha deciso che il sapore di un alimento non può essere protetto da diritto d’autore. Lo ha stabilito in una sentenza su due formaggi olandesi: l’azienda Levola, che produce l’Heksenkaas, un formaggio spalmabile con erbe aromatiche, sosteneva che l’azienda Smilde avesse copiato il sapore dell’Heksenkaas per fare il suo Witte Wievenkaas. La Corte di giustizia dell’Unione Europea – l’organo che deve garantire il rispetto del diritto nell’interpretazione e nell’applicazione dei trattati fondativi dell’Unione – ha deciso che il Witte Wievenkaas può continuare a esistere, perché il sapore è soggettivo e non può quindi essere copiato.

La storia dell’Heksenkaas iniziò nel 2007, quando un commerciante di prodotti ortofrutticoli lo realizzò per la prima volta. Nel 2011 decise di venderne la ricetta alla Levola, che da diversi anni lo produce e distribuisce. Dal 2014 la Smilde iniziò a distribuire il Witte Wievenkaas, un formaggio dal sapore molto simile ma dalla ricetta diversa. La società Levola chiese quindi ai giudici olandesi di fare un’ingiunzione per impedire a Smilde di venderlo. La tesi di Levola era che il sapore dell’Heksenkaas potesse essere considerato protetto da diritto d’autore, e che di conseguenza il Witte Wievenkaas ne costituisse una copia illegale, un plagio.

I giudici olandesi decisero di chiedere un parere alla Corte di giustizia dell’Unione Europea, che ha sfruttato la questione per ricordare che, per essere tutelato da diritto d’autore, «il sapore di un alimento deve poter essere qualificato come “opera”» in base a una direttiva comunitaria del 2001. La direttiva, ha spiegato la Corte, presupponeva che l’oggetto di partenza (in questo caso l’Heksenkaas) costituisse una creazione intellettuale originale, esprimibile in qualche modo. Sempre secondo la Corte, non si può parlare di plagio se il sapore è uguale: se con ricette diverse si arriva a sapori simili, non c’è problema. Perché «non è possibile procedere a un’identificazione precisa e obiettiva per quanto riguarda il sapore di un alimento».

La Corte ha anche spiegato che mentre un film, un libro o un dipinto sono opere «precise e obiettive», il sapore non lo è; perché «si basa essenzialmente su sensazioni ed esperienze gustative soggettive e variabili», che «dipendono da fattori connessi alla persona che assapora il prodotto in esame, come la sua età, le sue preferenze alimentari e le sue abitudini di consumo, nonché l’ambiente o il contesto in cui tale prodotto viene assaggiato». Insomma: un Picasso è sempre Picasso, a prescindere da chi lo guarda e cosa pensa guardandolo. Un formaggio spalmabile alle erbe è diverso in base a chi, dove, quando e come lo mangia. E perché, spiega sempre la Corte «non è possibile, con i mezzi tecnici disponibili allo stato attuale dello sviluppo scientifico, procedere ad un’identificazione precisa e obiettiva del sapore di un alimento, che consenta di distinguerlo dal sapore di altri prodotti dello stesso tipo».

Negli ultimi anni è capitato più di una volta che la Corte di giustizia dell’Unione Europea si esprimesse su questioni legate al cibo. A luglio disse che la forma dei Kit Kat si poteva imitare; nel 2017 che prodotti vegetali come il tofu non potevano essere venduti come se fossero latticini e che per potersi chiamare “champagne” un prodotto doveva avere almeno il 12 per cento di champagne. Come sempre, anche in questo caso la Corte si è espressa sull’interpretazione di una direttiva, non sulla controversia nazionale, in questo caso nei Paesi Bassi. È infatti spiegato che «spetta al giudice nazionale risolvere la causa conformemente alla decisione della Corte» e che «tale decisione vincola egualmente gli altri giudici nazionali ai quali venga sottoposto un problema simile».