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  • Mercoledì 31 ottobre 2018

L’inchiesta su Weinstein si sta incartando

Gli errori del capo investigatore e problemi interni alla procura hanno portato al ritiro di una delle accuse di molestie contro il famoso ex produttore e potrebbero aver compromesso l'intero caso

Harvey Weinstein, New York, maggio 2018 (Spencer Platt/Getty Images)
Harvey Weinstein, New York, maggio 2018 (Spencer Platt/Getty Images)

Cinque mesi fa l’ex produttore cinematografico Harvey Weinstein è stato incriminato per stupro e molestie sessuali da un gran giurì di un tribunale di New York. Nell’ottobre del 2017, i giornali americani avevano pubblicato le prime accuse nei suoi confronti, dando avvio al #metoo, cioè alla presa di parola collettiva di molte donne sulle molestie sessuali subite e fino a quel momento taciute. Il #metoo ha avuto un grande impatto, e ha portato nel frattempo anche alla formulazione di accuse formali contro alcuni uomini coinvolti nelle accuse. Tra loro Weinstein è probabilmente diventato il più famoso, ma il processo nei suoi confronti, ha spiegato il New York Times, sembra essersi incartato: un investigatore non ha consegnato alcune importanti prove ai pubblici ministeri, una delle sei accuse di violenza sessuale è già stata ritirata e la speranza dell’accusa di trovare nuove persone disposte ad accusarlo si è rivelata infondata.

Lo scorso maggio, Weinstein è stato incriminato per aver aggredito sessualmente Lucia Evans, una consulente di marketing, che aveva raccontato di essere stata costretta da Weinstein a praticargli del sesso orale nel 2004, quando aspirava a diventare un’attrice. In quell’occasione Weinstein era stato incriminato anche per aver violentato una seconda donna in un hotel nel 2013. L’accusa era poi stata aggiornata a luglio, quando l’ex produttore era stato accusato per una terza aggressione sessuale avvenuta nel 2006. Inizialmente, Weinstein si trovava dunque sotto inchiesta per tre casi di violenza sessuale, soltanto alcuni tra quelli denunciati da molte donne negli ultimi mesi.

A ottobre, l’accusa di Evans – una di quelle presenti nel primo articolo del New Yorker che nell’autunno 2017 aveva fatto nascere il movimento #metoo – è stata rigettata dai pubblici ministeri perché al gran giurì di qualche mese prima non erano state date tutte le informazioni sul caso. Lo scorso febbraio, il principale investigatore del caso, Nicholas Di Gaudio, aveva infatti ascoltato un’amica di Evans, la quale gli aveva detto che Evans aveva avuto rapporti consensuali con Weinstein, in cambio di una parte. Questa informazione, però, non è stata fornita al gran giurì al momento dell’incriminazione, rendendola di fatto non valida.

L’avvocato di Weinstein, Benjamin Brafman, ha sostenuto dunque che l’intera incriminazione sia stata intaccata perché i pubblici ministeri non hanno mostrato al gran giurì alcune prove favorevoli al suo cliente: «Il caso Weinstein non è stato presentato in maniera equa», ha spiegato, aggiungendo che avrebbe chiesto il ritiro di tutte le accuse.

Questa situazione, oltre ad aver compromesso in qualche modo il caso, ha portato a diversi problemi tra l’investigatore Di Gaudio e la procuratrice capo Joan Illuzzi: Illuzzi ha fatto sapere attraverso una lettera alla corte che DiGaudio non le aveva mai fornito l’informazione sulla testimonianza dell’amica di Evans e ha fatto un passo in più dicendo che i pubblici ministeri non erano a conoscenza anche di una mail che Evans aveva scritto a suo marito e in cui forniva una versione ancora diversa rispetto a quanto accaduto e raccontato prima al New Yorker e poi alla polizia. L’investigatore, attraverso il suo sindacato, ha però smentito il racconto della procuratrice, dicendo che lui «ha fornito tutte le informazioni in questione».

Il New York Times spiega che i problemi di comunicazione tra l’investigatore DiGaudio e i pubblici ministeri che hanno portato al ritiro delle accuse di Evans potrebbero avere a che fare con quanto accaduto nel 2015 su un’accusa di violenza sessuale sempre contro Weinstein fatta da una modella, Ambra Battilana Gutierrez. A quel tempo il procuratore distrettuale di Manhattan Cyrus R. Vance Jr. decise di non procedere contro Weinstein anche se la donna aveva ottenuto una registrazione audio in cui il produttore si scusava con lei per averla molestata. L’ufficio di Vance aveva a quel tempo rilasciato una dichiarazione in cui suggeriva che la polizia non aveva consultato i procuratori esperti di reati sessuali prima di mandare Battilana Gutierrez a registrare segretamente Weinstein. Questo aveva portato a dei contrasti tra ufficio del procuratore e dipartimento di polizia ed erano stati sollevatati dei dubbi sul fatto che Weinstein avesse ricevuto un trattamento speciale da Vance stesso, dato che il suo avvocato era un ex socio di Vance e aveva dato un importante contributo alla sua campagna per diventare procuratore distrettuale. Lo scorso marzo era stato deciso di avviare un’indagine interna proprio sulle relazioni tra procura e polizia nei casi che riguardavano le violenze sessuali, indagine che è stata ora sospesa in attesa del processo a Weinstein.

A complicare tutto è intervenuto un nuovo fatto. Circa due settimane fa, è stata resa pubblica la notizia che DiGaudio aveva consigliato a una delle accusatrici di Weinstein di cancellare dei messaggi compromettenti dal suo cellulare prima di consegnarlo come prova ai pubblici ministeri. Dopo aver consultato un avvocato, la donna aveva comunque consegnato il suo telefono ai pubblici ministeri senza aver cancellato niente, ma la credibilità dell’investigatore ne era uscita, di nuovo, piuttosto compromessa.

In teoria, scrive il New York Times, l’accusa ritirata non dovrebbe pregiudicare le possibilità di arrivare a processo, visto che restano in piedi altre cinque accuse contro Weinstein. Ma Barbara Barron, ex procuratrice che ora insegna legge all’università, ha detto che la difesa potrà usare la decisione del giudice riguardo Evans per mettere in dubbio l’intero caso, non solo durante il processo, ma anche a livello di opinione pubblica. Il rigetto dell’accusa di Evans potrebbe inoltre spingere altre potenziali testimoni a pensarci due volte prima di unirsi a una denuncia penale contro Weinstein. Ciò che è accaduto significa infine che i pubblici ministeri potrebbero evitare di chiamare l’investigatore DiGaudio come testimone e che un abile avvocato difensore qual è quello di Weinstein userà il suo errore per fare in modo che i giurati si chiedano cos’altro la polizia avrebbe potuto tenere nascosto: «Quel poliziotto ha completamente messo a repentaglio il caso del procuratore distrettuale», ha commentato un avvocato difensore intervistato dal New York Times.