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  • Venerdì 26 ottobre 2018

“First Man” è un bel film, anche se sapete già il finale

Dopo "La La Land" Damien Chazelle ha deciso di raccontare la storia di Neil Armstrong, interpretato da Ryan Gosling: sarà nei cinema dal 31 ottobre

First Man – Il primo uomo sarà nei cinema dal 31 ottobre ed è due cose: uno dei film più attesi dell’anno e un ottimo modo per rimediare a quanto poco probabilmente sapete su Neil Armstrong, che mezzo secolo fa fu il primo uomo a camminare sulla Luna, grazie alla missione Apollo 11. First Man è stato scritto da Josh Singer (che l’ha adattato dall’omonimo romanzo di James R. Hansen), diretto da Damien Chazelle e interpretato da Ryan Gosling e Claire Foy. Dura poco più di due ore e, partendo dal 1961, racconta com’è che qualcuno si mise in testa di andare sulla Luna e ci riuscì. Il film è raccontato dal punto di vista di Neil Armstrong e di sua moglie Janet.

La storia
Quanto sapreste dire di Neil Armstrong oltre al fatto che il 21 luglio del 1969, a circa 389mila chilometri di distanza da dove siete ora, fu il primo uomo a camminare sulla Luna? Se vi sentite colpevolmente poco informati, First Man è il film giusto, perché racconta molte cose sulla sua vita e sugli anni di preparazione al suo viaggio verso la Luna e sulla missione Apollo 11. Inizia nel 1961, quando Armstrong volò oltre l’atmosfera pilotando un aereo-razzo. Il 1961 è anche l’anno in cui John F. Kennedy fece quel notissimo discorso sul perché scegliere di andare sulla Luna entro quel decennio («non perché è una cosa facile, ma perché è difficile»).

First Man racconta il primo colloquio di Armstrong alla NASA e le tante missioni intermedie con cui gli Stati Uniti misero in piedi il costoso e complicato Programma Gemini, per capire come fare a portare qualcuno sulla Luna. Un’idea della difficoltà della missione (questa forse l’avete già sentita) la dà il fatto che i computer usati avevano una potenza di calcolo inferiore a quella dello smartphone che probabilmente tenete ora in mano. Qui è quando Armstrong, nel colloquio di lavoro, prova a convincere i datori di lavoro del suo interesse per l’esplorazione spaziale.

Oltre a parlare di razzi, gravità e complicate missioni spaziali (Singer, lo sceneggiatore, ha detto che «l’ingegneria è l’arte di evitare il fallimento»), First Man fa capire che tipo era Armstrong: un uomo discreto e determinato, tutt’altro che spaccone, segnato da un grave lutto. First Man non è quindi solo un film di Spazio, è anche un film biografico, che racconta bene le figure di Armstrong e di sua moglie Janet. Chazelle ha detto di aver usato per mesi sul set una breve descrizione – rubata a Gosling – della sua idea di cosa avrebbe dovuto mostrare il film: «La cucina e la Luna».

Ryan Gosling e Claire Foy in First Man

Il film racconta ovviamente anche gli otto giorni e qualche ora della missione Apollo 11. Preparatevi tra l’altro alle scene ambientate sulla Luna, girate con cineprese IMAX da 70 millimetri, le migliori possibili.

I nomi
First Man è tra i film più attesi dell’anno perché è il primo a raccontare la storia di Armstrong – morto nel 2012, pochi anni dopo aver raccontato la sua storia per il libro da cui è tratto il film – ma anche per i grandi nomi che ci hanno lavorato. Chazelle ha 33 anni e arriva da La La Land: un film diversissimo, ma di grande successo. Singer ha vinto l’Oscar per Il caso Spotlight. Gosling – l’unico che Chazelle ha detto di aver preso in considerazione per interpretare Armstrong – non ha ancora mai vinto un Oscar, ma anche solo restando in questo decennio ha recitato in Drive, Come un tuono, Solo Dio Perdona, La La Land e Blade Runner 2049. Foy, che interpreta sua moglie, ha vinto un Emmy e un Golden Globe per essere stata la regina Elisabetta in The Crown. La colonna sonora è di Justin Hurwitz, la fotografia di Linus Sandgren, e il montaggio di Tom Cross: hanno tutti vinto almeno un Oscar per La La Land o per Whiplash, il precedente film di Chazelle, che ha raccontato di aver deciso di fare First Man «durante la pre-produzione di La La Land». Il produttore esecutivo è Steven Spielberg.

Come se ne parla?
Tra il bene e il molto bene. Con le solite eccezioni, che per fortuna non tutto piace sempre a tutti. Il primo merito da molti riconosciuto a First Man ha a che fare con tutte le cose che fa scoprire e sulla voglia di Spazio che fa venire. «Dopo averlo visto, difficilmente penserete allo stesso modo i viaggi spaziali o la storica passeggiata di Armstrong» ha scritto Owen Gleiberman su Variety: «Saprete molte più cose su quello che successe e su cosa significò e come mai il suo fascino è ancora vivo». Il film fa capire la lucida follia dietro all’idea di mandare qualcuno sulla Luna negli anni Sessanta, quando ancora le tv erano in bianco e nero, ed è notevole vedere gli astronauti chiusi in ammassi di ferraglia a schiacciare pulsanti e fare conti con carta e penna. First Man spiega bene, tra le altre cose, tutte le qualità fisiche, mentali e morali richieste per essere un astronauta, in particolare in quegli anni.

Uno dei più grandi ostacoli del film stava nel finale: grande, potente ma ovviamente arcinoto. Nonostante questo, Gleiberman ha scritto che Chazelle riesce benissimo a «orchestrare l’ansia». David Rooney di Hollywood Reporter la pensa allo stesso modo: «Questo film sobrio e contemplativo riesce a creare, emozionare, attirare attenzione, e generare tensione viscerale e sì, anche suspense. Per non parlare della sorprendente qualità tecnica».

A.O. Scott ha scritto sul New York Times che «First Man è soprattutto l’analisi di un personaggio: un’Odissea con un enigmatico e diffidente Ulisse»; con una Penelope «leale, ansiosa, arrabbiata e sfinita». Tra le cose a cui è consigliato far caso durante il film, ci sono le inquadrature: fondamentali per determinare il modo in cui un personaggio viene percepito dal pubblico. Gleiberman ha scritto che «Chazelle restringe il punto di vista quasi solo a quello degli astronauti: quello che sentono e vedono durante le missioni, per far capire cosa pensano e provano». David Sims, critico dell’Atlantic, ha scritto che molte scene sono «girate in modo aggressivo, con potenti primi piani che occupano l’intero schermo con le facce dei protagonisti». Sims ha però aggiunto che «il marchio kubrickiano dei film nello Spazio – le maestose e grandi inquadrature in campo lungo – non ci sono (almeno fino alla sequenza finale)».

Altre cose a cui gli esperti consigliano di far caso sono la recitazione – Nicholas Barber di BBC ha scritto che «Gosling e Foy recitano in modo volutamente poco appariscente e per questo probabilmente non vinceranno i premi che si meriterebbero» – e la colonna sonora. Secondo Alissa Wilkinson di Vox è «pensierosa anche quando è imponente»Gleiberman ha scritto che il film sceglie il realismo e «sta ai precedenti film sui viaggi nello Spazio così come Salvate il soldato Ryan stava ai precedenti film di guerra».

Quella storia della bandiera
Negli Stati Uniti si è parlato del film anche per una polemica sulla bandiera statunitense. Armstrong e Buzz Aldrin, che passeggiò sulla Luna con lui, piantarono una bandiera degli Stati Uniti. Nel film la si vede, ma qualcuno ha criticato il fatto che non ci sia una scena specifica dedicata alla bandiera. Tra i “qualcuno” c’è anche il presidente Donald Trump che ha detto di essere così offeso dalla cosa da non voler nemmeno vedere il film. La cosa buffa è che qualcuno ha invece criticato il film perché troppo americano nel suo celebrare quello che, in effetti, fu uno straordinario traguardo degli Stati Uniti. Una cosa da notare, a proposito, è che Foy è britannica e Gosling canadese.

Buzz Aldrin e la bandiera, il 20 luglio 1969 (Neil A. Armstrong/NASA via AP)

Cosa ne pensa Chazelle, del suo film
Ha detto di averlo voluto fare come se fosse un reportage e che, facendo ricerche per il film, è rimasto sbalordito «di fronte alla follia e al pericolo dell’impresa: il numero di volte in cui è stata sull’orlo del fallimento così come il pesante tributo costato a tutte le persone coinvolte». Chazelle ha anche detto quali libri e film ha consigliato agli attori, per prepararsi al film. Carrying the Fire di Mike Collins, Deke! di Deke Slayton e Michael Cassutt e i film For All MankindMoonwalk One e Mission Control: The Unsung Heroes of Apollo.

Cose che vi chiederete subito dopo il film
La canzone, capirete quale, è “Lunar Rhapsody”. Lo strano strumento è il Theremin, il musical Egelloc esiste davvero, Neil lo aveva scritto quando era al college. La poesia-canzone che sentirete è di Gil Scott-Heron e si intitola Whitey on the Moon.

Non sappiamo invece che cosa Armstrong scelse di portare sulla Luna per il suo Personal Preference Kitil kit con i suoi oggetti personali. Altre risposte, a domande che potreste farvi dopo aver visto il film, le trovate qui.