Forse abbiamo trovato una molecola che innesca la sclerosi multipla

È un promettente progresso nella ricerca delle cause della malattia che attacca il sistema nervoso, e per sviluppare nuovi trattamenti per fermarla

Immagine di una risonanza magnetica di un paziente con sclerosi multipla (Wikimedia)
Immagine di una risonanza magnetica di un paziente con sclerosi multipla (Wikimedia)

Un gruppo di ricercatori in Svizzera ha identificato una molecola che potrebbe essere tra le cause scatenanti della sclerosi multipla (SM), una malattia cronica che solo in Italia interessa almeno 60mila persone. Se confermata, la scoperta potrebbe portare allo sviluppo di nuovi farmaci per tenere meglio sotto controllo la malattia, evitando che porti a conseguenze debilitanti soprattutto per quanto riguarda le capacità motorie di chi ne è affetto.

Il sistema immunitario è la difesa più importante che abbiamo contro virus e batteri, ma in alcuni casi si rivolta contro le persone causando seri danni. Nella sclerosi multipla, per esempio, le cellule del sistema immunitario attaccano il sistema nervoso, danneggiandolo con effetti che possono essere invalidanti. Lo sviluppo di farmaci di nuova generazione ha permesso negli ultimi anni di migliorare molto le terapie per rallentare gli effetti della SM, ma i ricercatori non sono ancora riusciti a trovarne di definitivi perché è molto difficile scoprire quali siano i meccanismi che portano il sistema immunitario a comportarsi nel modo sbagliato.

Da tempo i ricercatori sospettano che un antigene di tipo “self” – una normale molecola presente nel nostro organismo che il sistema immunitario vede invece come una minaccia – possa essere la prima causa della SM. I sospetti si sono a lungo concentrati su alcune proteine della mielina, la guaina che riveste i nervi e che consente ai segnali di passare al loro interno senza disperdersi. Nei pazienti con SM, le guaine di mielina appaiono consumate e quindi non in grado di isolare adeguatamente i nervi. A seconda della gravità, i pazienti possono percepire persistenti formicolii (parestesie), debolezza muscolare o paralisi agli arti, difficoltà cognitive. Il problema è che, nonostante i molti anni di ricerca, finora non è stato possibile trovare la molecola che fa innescare tutto questo.

Roland Martin e Mireia Sospedra dell’Ospedale universitario di Zurigo, in Svizzera, hanno deciso con i loro colleghi di seguire una strada diversa, per trovare altre molecole potenzialmente legate alla SM. Sono partiti dall’analisi di alcune cellule immunitarie (linfociti T) prelevate da un paziente deceduto e affetto da sclerosi multipla. Semplificando, i linfociti T si attivano quando incappano in frammenti di proteine che contengono alcuni amminoacidi che appartengono a un microbo: nel caso della SM fanno altrettanto anche con molecole innocue per il nostro organismo.

I ricercatori hanno testato combinazioni di circa 200 frammenti di proteine, per capire quali di questi stimolassero o meno la risposta delle cellule T. Dopo l’analisi di innumerevoli combinazioni, hanno identificato due frammenti responsabili delle maggiori reazioni: appartengono a un enzima che si chiama GDP-L-fucosio sintasi, responsabile di numerosi meccanismi cellulari legati agli zuccheri. Studiando 31 pazienti, alcuni con SM già diagnosticata e altri con i primi sintomi della malattia, i ricercatori hanno rilevato una reazione da parte dei linfociti T all’enzima in 12 di loro.

Martin e Sospedra hanno inoltre rilevato in 4 pazienti su 8 una risposta immunitaria a una versione dell’enzima attiva nei batteri che popolano il nostro tratto intestinale. La scoperta sembra dare qualche sostegno in più alle teorie secondo cui i batteri intestinali possano essere tra le cause scatenanti della sclerosi multipla.

La nuova ricerca, pubblicata sulla rivista scientifica Science Translational Medicine, è stata accolta con grande interesse da parte dei ricercatori che si occupano di sclerosi multipla, soprattutto per come è stata condotta e la qualità dei dati raccolti. Il fatto che l’enzima abbondi nel cervello, dove la SM ha numerosi effetti, potrebbe essere un altro indizio e rende la GDP-L-fucosio sintasi un indiziato ancora più interessante.

I prossimi anni di ricerche potranno dirci se la nuova strada indicata da Martin e Sospedra sia nella giusta direzione per trovare nuove terapie contro la sclerosi multipla. Si potrebbero per esempio realizzare farmaci per inibire le reazioni legate all’enzima, un po’ come avviene con i farmaci per ridurre gli effetti dovuti alle allergie. I ricercatori confidano di iniziare a testare un sistema simile nei pazienti a partire dal prossimo anno.

La sclerosi multipla si presenta in numerose forme e varia molto a seconda dei pazienti. La presenza di sintomi molto variabili rende difficoltosa la sua diagnosi, che spesso avviene dopo mesi di osservazioni ed esami. Negli ultimi anni nuove generazioni di farmaci, che intervengono sul sistema immunitario, hanno permesso di ridurre notevolmente gli effetti della malattia consentendo a chi ne è affetto di condurre una vita normale.