L’Australia potrebbe presto eliminare il cancro al collo dell’utero, grazie ai vaccini

La campagna vaccinale avviata 10 anni fa contro il papilloma virus sta portando ottimi risultati nella prevenzione

(Joe Raedle/Getty Images)
(Joe Raedle/Getty Images)

In Australia il cancro al collo dell’utero potrebbe essere eliminato entro i prossimi 20 anni: un risultato storico reso possibile da un programma molto diffuso di vaccinazioni contro il papilloma virus (HPV). La previsione è stata pubblicata in un articolo sulla rivista scientifica Lancet: è basata sull’andamento delle vaccinazioni e su quello statistico delle persone che sviluppano forme di tumore a causa dell’HPV. Entro il 2028, dice lo studio, i casi di cancro al collo dell’utero dovrebbero interessare meno di 4 donne ogni 100mila all’anno, con un’ulteriore riduzione nel decennio successivo tale da rendere la malattia non più un problema di salute pubblica. Agli attuali ritmi, entro il 2066 meno di una donna all’anno dovrebbe ricevere una diagnosi di tumore al collo dell’utero in Australia.

Il papilloma virus è molto comune e si trasmette per via sessuale: nella maggior parte dei casi è innocuo, ma alcuni suoi ceppi possono causare lo sviluppo di tumori, in particolare al collo dell’utero, se le infezioni non vengono trattate adeguatamente. Il vaccino contro l’HPV è stato introdotto una decina di anni fa e viene somministrato a partire dall’undicesimo anno di età: la sua efficacia diminuisce infatti man mano che s’invecchia, ma ultimamente ne viene comunque consigliato l’impiego anche nelle donne con età compresa tra i 26 e i 45 anni. Vaccinarsi non è del tutto inutile anche per le ragazze che hanno già avuto rapporti sessuali, perché in futuro potrebbero infettarsi con un tipo di HPV contenuto nel vaccino. Alcuni ginecologi consigliano di effettuare la vaccinazione anche se si è risultate positive al Pap test: questo perché secondo alcuni studi il vaccino potrebbe aiutare comunque l’organismo a tenere sotto controllo il virus.

Il sistema sanitario dell’Australia ha introdotto l’utilizzo del vaccino nel 2007, con un programma gratuito per la somministrazione delle tre dosi necessarie alle bambine. Sei anno dopo, il piano di vaccinazione è stato esteso ai ragazzi in età scolare, perché possono essere portatori del virus e in alcuni casi sviluppare tumori collegati alla sua presenza. Il Cancer Council Australia ha calcolato che le vaccinazioni hanno permesso di ridurre del 77 per cento la diffusione dei ceppi di HPV più pericolosi, responsabili del cancro al collo dell’utero. I risultati ottenuti in pochi anni sono così positivi da avere reso l’Australia uno dei paesi al mondo con la più bassa incidenza di questo tipo di tumore tra la popolazione.

L’articolo su Lancet spiega che la scelta di coinvolgere le scuole nel piano di vaccinazioni e programmi di controllo per le donne più mature sono stati la chiave del successo dell’iniziativa. Il programma ha inoltre trovato un ampio sostegno da parte dell’opinione pubblica, verso la quale sono state indirizzate campagne divulgative e informative per dimostrare l’efficacia del vaccino e i suoi vantaggi per la tutela della salute.

Risultati simili saranno difficili da ottenere in altri paesi, dove negli ultimi anni si è registrata una crescente diffidenza nei confronti delle vaccinazioni, spesso dovuta alla diffusione di leggende metropolitane e notizie false circa i rischi di vaccinarsi. In Giappone, per esempio, le campagne contro i vaccini hanno fatto sì che in pochi anni il tasso di vaccinati annualmente contro l’HPV sia passato dal 70 allo 0 per cento. Seppure con minori cali, in molti altri paesi si è verificato qualcosa di analogo, nonostante i servizi sanitari offrissero la vaccinazione contro l’HPV gratuitamente o a prezzi agevolati.

La copertura vaccinale in Italia è stata per diversi anni intorno al 70 per cento, ma è diminuita sensibilmente e ora è intorno al 50 per cento, per quanto riguarda le bambine nate nel 2005. Il Servizio sanitario nazionale mette a disposizione gratuitamente il vaccino per le bambine. Alcune regioni hanno inoltre esteso la gratuità anche per le donne fino a 25 anni di età.