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  • Domenica 30 settembre 2018

In Macedonia si vota per un nuovo nome

E soprattutto per entrare nella NATO e nell'Unione Europea, come previsto dall'accordo raggiunto con la Grecia

(ARMEND NIMANI/AFP/Getty Images)
(ARMEND NIMANI/AFP/Getty Images)

Domenica in Macedonia si vota per il referendum che propone di cambiare il nome del paese in “Repubblica della Macedonia settentrionale” e di entrare nella Nato e nell’Unione Europea, come previsto nell’accordo raggiunto con la Grecia che potrebbe mettere fine a una contesa che va avanti da anni. La domanda sulle schede è «Sei favorevole a entrare nella NATO e nella Unione Europea, e accetti l’accordo tra Repubblica di Macedonia e Grecia?» e, come hanno sottolineato in molti, mette i cittadini macedoni davanti a due idee molto diverse del paese.

Per molti anni la Grecia si è opposta all’entrata della Macedonia nella NATO e nella UE perché non accettava che il paese si chiamasse solo “Macedonia”. La maggior parte dei greci ritiene infatti che con quel nome il paese si voglia appropriare di una storia che in realtà è anche greca: perché “Macedonia” è anche il nome di una regione che si trova nel nord della Grecia, proprio a sud della Macedonia-stato. Attualmente il nome ufficiale della Macedonia è “Former Yugoslav Republic of Macedonia” (FYROM), proprio per questo motivo: ma l’attuale governo ha raggiunto un compromesso con la Grecia che permetterebbe l’ingresso del paese nell’Unione Europea, che i cittadini sono chiamati a confermare o a respingere.

Gli oltre tremila seggi sono aperti dalle 7 di questa mattina e lo saranno fino alle 19 di stasera. I cittadini con diritto di voto sono circa 1,8 milioni e perché il referendum sia considerato valido bisogna superare il quorum e deve quindi votare almeno il 50 per cento più uno degli aventi diritto. Il governo di centrosinistra, che ha fatto l’accordo con la Grecia, ha fatto campagna per il sì; l’opposizione ha invece invitato a non votare, per non far raggiungere il quorum. Gli ultimi sondaggi davano il “Sì” intorno al 58 per cento, ma i dati sull’affluenza sono poco incoraggianti per il governo: alle 17, infatti, aveva votato soltanto il 28,8 per cento degli aventi diritto.

Il referendum è consultivo (serve a sapere cosa ne pensano i cittadini) e il risultato non sarà vincolante, perché per ratificare l’accordo e cambiare il nome del paese ci sarà comunque bisogno di un’approvazione del parlamento, con una maggioranza di almeno due terzi. Ma il governo del primo ministro Zoran Zaev ci ha investito molto, e spera che oltrepassando il quorum possa ottenere una sorta di legittimazione popolare che lo aiuti a ottenere i consensi necessari. Per ora sembra che abbia il supporto di 73 parlamentari, sui 120 dell’assemblea: ne mancano sette per arrivare ai due terzi. Una scarsa partecipazione al referendum complicherebbe molto le cose, e l’opposizione ha già avanzato l’ipotesi di una richiesta di dimissioni nei confronti di Zaev.

Anche nel caso in cui il parlamento macedone approvasse l’accordo, comunque, non sarebbe finita: toccherà a quel punto alla Grecia ratificare l’accordo (e anche lì i numeri sono risicati).

Perché il nome “Macedonia” non piace alla Grecia
Il problema legato al nome della Macedonia esiste da quando nel 1991 la Macedonia dichiarò la sua indipendenza dalla Jugoslavia scegliendo il nome “Repubblica di Macedonia”, lo stesso nome che aveva quando faceva parte della federazione jugoslava. Alcuni cittadini e politici greci accusarono il nuovo paese di essersi appropriato di un nome e di un’identità culturale e storica appartenente a un’area geografica che rientrava nei confini dello stato greco. Secondo questa tesi, la Repubblica di Macedonia si era appropriata di una parte della cultura greca, “sfruttando” la figura storica di Alessandro Magno (a cui era fino a poco tempo fa intitolato l’aeroporto di Skopje, la capitale della Macedonia). Usare quel nome era percepito da questa fazione greca come una minaccia sulla regione greca della Macedonia.

A causa del nome “Macedonia”, negli anni Novanta la Grecia si oppose all’entrata della Macedonia nella NATO e nell’Unione Europea. Per evitare problemi nel 1993 le Nazioni Unite accettarono la Macedonia a patto che il suo nome ufficiale diventasse FYROM. Nel 1995 il contenzioso tra Grecia e Macedonia arrivò alla Corte internazionale di giustizia dell’Aja: nel 2011 la Corte diede ragione alla Macedonia, che ha infatti continuato a chiamarsi con il nome scelto nel 1991. Ma la Grecia ha comunque continuato ad opporsi all’entrata della Macedonia nell’Unione Europea e nella NATO. L’accordo tra Macedonia e Grecia è stato firmato a giugno da Zaev e dal primo ministro greco Alexis Tsipras (dopo un voto favorevole da parte del parlamento greco).