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  • Venerdì 21 settembre 2018

Le FARC esistono ancora, in Colombia

Quasi due anni dopo l'accordo di pace si stanno formando nuovi gruppi armati ribelli: ma sono meno numerosi, meno organizzati e il loro obiettivo sembra essere la sopravvivenza

Una vecchia foto di due ribelli colombiani nella giungla. (PEDRO UGARTE/AFP/Getty Images)
Una vecchia foto di due ribelli colombiani nella giungla. (PEDRO UGARTE/AFP/Getty Images)

A quasi due anni dallo storico accordo di pace raggiunto dal governo colombiano e dai combattenti delle Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia (FARC), centinaia – ma più probabilmente migliaia – di miliziani continuano ad operare in clandestinità nelle remote zone montuose del paese. Secondo la fondazione Insight Crime, che monitora i gruppi criminali organizzati nel mondo, potrebbero essere fino a 2.800, cioè il 40 per cento di quanti combattevano prima della firma dell’accordo. All’epoca, le FARC dissero di aver consegnato tutte le armi alle Nazioni Unite, come previsto dall’accordo, ma «Ci sono ancora delle armi, quelle vecchie» ha detto un combattente al New York Times, che ha visitato alcuni dei campi in cui continuano a rifugiarsi i ribelli.

L’accordo fu uno dei più importanti eventi della politica internazionale del 2016, e valse al presidente colombiano Juan Manuel Santos il premio Nobel per la pace. Mise fine, perlomeno sulla carta, a un conflitto che andava avanti da oltre cinquant’anni, e che si stima abbia causato 220mila morti. Ma quell’accordo, che fu trovato dopo che una prima bozza era stata respinta in un referendum, non è bastato a impedire che gruppi di ribelli tornassero alla macchia nella giungla colombiana.

L’obiettivo di questi combattenti non è più il rovesciamento del regime colombiano, hanno ammesso loro stessi al New York Times: non vogliono nemmeno combattere le forze di polizia locali, e per ora pensano di limitare i propri eventuali combattimenti all’autodifesa. L’accordo prometteva ai miliziani la possibilità di una nuova vita civile, ma in molti casi forze paramilitari più o meno regolari hanno cercato di assumere il controllo sui territori un tempo occupati ai ribelli. Dal 2016, almeno 75 ex guerriglieri sono stati uccisi.

La necessità di conservare quei territori ha portato molti a rimanere in clandestinità, e in certi casi a stringere accordi con gruppi criminali attivi nel traffico di droga: il New York Times ha scritto che alcuni dei combattenti che ha incontrato avevano una toppa del Peralta Arenas Bloc, un cartello del narcotraffico. I due gruppi si aiutano difendendosi a vicenda, ma secondo il New York Times questo potrebbe essere il segnale che i ribelli assomiglieranno sempre di più a un’organizzazione criminale, più che a un gruppo di guerriglia marxista com’erano alle origini.

Jeremy McDermott, condirettore di Insight Crime, ha raccontato che da un mese non si hanno più notizie di Iván Márquez, ex numero due delle FARC, e si pensa possa essersi unito ai ribelli. Finora, la struttura di comando centrale delle FARC non era stata coinvolta in questo ritorno alla clandestinità: l’eventuale ritorno di Márquez tra i ribelli, dice McDermott, potrebbe portare alla creazione di un nuovo nucleo di comando, con conseguenze gravi per la pace. Lo stesso ministro della Difesa colombiano Guillermo Botero, soltanto il mese scorso, ha ammesso che le FARC stanno tornando a espandersi più di quanto sia raccontato, anticipando che le forze armate colombiane torneranno ad agire di conseguenza.

“Il Poeta”, un leader dei ribelli che ha parlato con il New York Times mantenendo l’anonimato e chiedendo che non fosse rivelata la posizione del suo campo, ha raccontato che dopo l’accordo di pace il territorio occupato dalle FARC nella sua zona fu preso con la violenza da un’organizzazione criminale. Episodi simili successero in tutto il paese, con centinaia di morti tra attivisti e ribelli. “Il Poeta” decise così di ricostruire una banda clandestina dopo aver parlato con un altro ex leader, a cui era capitata una cosa simile.

Ora stanno provando a contattare gli altri gruppi che sanno essere tornati in clandestinità, ma senza il comando centrale le comunicazioni sono molto difficili. Le condizioni sono però molto più difficili di prima, senza la possibilità di riscuotere le tasse sulle piantagioni di coca come facevano in precedenza, e dovendosi arrangiare senza uniformi e in accampamenti spesso improvvisati. È quindi difficile prevedere se la ribellione si espanderà ulteriormente o se sarà repressa senza troppi sforzi dal governo: ma «chi ha ripreso le armi è pronto a morire in questa battaglia», ha assicurato un miliziano al New York Times.