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  • Lunedì 6 agosto 2018

Trump ha ammesso che suo figlio incontrò i russi in piena campagna elettorale per parlare di Clinton

E si è contraddetto, visto che fino a pochi mesi fa aveva sostenuto che in quell'incontro si fosse parlato solo di adozioni

(MANDEL NGAN/AFP/Getty Images)
(MANDEL NGAN/AFP/Getty Images)

Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha ammesso domenica che nel 2016, in piena campagna elettorale, suo figlio Donald Trump Jr. incontrò i russi per ottenere materiale compromettente sulla sua avversaria Hillary Clinton. L’incontro tra Trump Jr. e l’avvocata russa Natalia Veselnitskaya – molto vicina al governo russo – era già stato reso noto dal New York Times nel luglio del 2017 ed era già stato ammesso da Trump Jr.: ora suo padre ha però contraddetto un comunicato che lui stesso aveva dettato un anno fa, in cui si sosteneva che l’incontro fosse servito principalmente per parlare della legge sulle adozioni internazionali tra Russia e Stati Uniti.

In un tweet pubblicato domenica, Trump ha scritto che «Altra Fake News, un’invenzione totale, dicono che io sia preoccupato per un incontro che il mio meraviglioso figlio Donald ebbe alla Trump Tower. Fu un incontro per ottenere informazioni su un avversario, completamente legale e molto frequente in politica. E non se ne fece niente. Io non ne sapevo niente!».

Quando la notizia dell’incontro con Natalia Veselnitskaya alla Trump Tower di New York fu diffusa dal New York Times nel 2017, Donald Trump scrisse un messaggio simile a quello di domenica, ma allora – ricorda il New York Times – la posizione ufficiale della Casa Bianca era che quell’incontro era servito per parlare della legge sulle adozioni. Quando il New York Times diede ulteriori informazioni sull’incontro, dicendo che si era parlato di informazioni compromettenti su Hillary Clinton, Donald Trump Jr. diffuse un comunicato in cui cambiava parzialmente versione. Nel comunicato sosteneva che Veselnitskaya gli aveva detto di avere informazioni su Clinton, ma non era così: secondo Trump Jr., Veselnitskaya era in cerca di una scusa per ottenere l’incontro e poter parlare del vero argomento che le stava a cuore, le adozioni internazionali.

La Casa Bianca e gli avvocati di Trump dissero più volte che Donald Trump non aveva partecipato alla stesura del comunicato di suo figlio. Il Washington Post scrisse a fine luglio 2017 che invece Trump aveva dettato quel comunicato e a inizio 2018 gli avvocati di Donald Trump avevano ammesso che le cose erano andate proprio così, in una nota scritta consegnata al procuratore speciale Robert Mueller, che sta indagando sui rapporti tra Trump e la Russia. Con il messaggio di domenica, quindi, Trump si è contraddetto, rendendo potenzialmente più fragile la sua posizione nei confronti di Mueller in un momento in cui – con l’inizio del processo a Paul Manafort – la sua indagine sembra procedere speditamente. È ormai evidente, ha scritto il Washington Post, che Trump abbia provato a sviare le indagini di Mueller con il comunicato che dettò a suo figlio.

Domenica sera, Jay Sekulow, uno degli avvocati di Trump che in precedenza aveva sostenuto la totale estraneità di Trump rispetto al comunicato di suo figlio sull’incontro, ha detto di essersi sbagliato e di aver avuto “cattive informazioni”. Sekulow ha comunque insistito nel sostenere che l’incontro tra Trump Jr. e Veselnitskaya sia stato completamente legale e che il comitato elettorale di Trump non ricevette nessuna informazione da Veselnitskaya sul conto di Hillary Clinton. La legge statunitense vieta di ricevere aiuti da governi o privati cittadini stranieri per condurre una campagna elettorale. Ma, si chiede il Washington Post, se tutto è stato fatto legalmente, come sostiene Trump, perché allora nel suo tweet di domenica ha provato nuovamente a distanziarsi da quanto successo dicendo che non ne sapeva niente?

In questi giorni Trump dovrebbe anche decidere se rispondere ad alcune domande di Robert Mueller, che nell’ambito della sua indagine vorrebbe chiarire quanto e cosa sapesse Trump dell’incontro coi russi. Trump non è tenuto a rispondere, per i privilegi e le immunità concesse al presidente degli Stati Uniti, ma pare abbia espresso ai suoi avvocati la volontà di farlo perché pensa di poter chiarire la sua situazione. I suoi avvocati, scrive il New York Times, stanno invece cercando di dissuaderlo dal parlare con Mueller, per il rischio che in futuro qualche informazione possa essere usata contro Trump.