• Mondo
  • Sabato 4 agosto 2018

La bolla del bike sharing

Si è gonfiata in pochissimi anni grazie a enormi finanziamenti, ma è stato tutto troppo veloce e ora comincia ad esserci crisi

(JOHANNES EISELE/AFP/Getty Images)
(JOHANNES EISELE/AFP/Getty Images)

Dopo alcuni anni di grande espansione, le due maggiori società di bike sharing, le cinesi Ofo e Mobike, stanno ridimensionando di molto i piani di diffusione delle proprie biciclette all’estero, mentre in Cina hanno grosse difficoltà ad allargare il proprio bacino di clienti.

Il bike sharing è l’affitto di biciclette per brevi periodi: i clienti delle società del settore – alcune delle quali attive anche in Italia – possono usarle quando le trovano in giro per la città, pagando solo il tempo di utilizzo e senza doversi preoccupare di manutenzione e altre spese. Il sistema utilizzato da Mobike e Ofo (chiamato free floating) permette di lasciare la bici dove si vuole anziché in apposite rastrelliere.

Il bike sharing si è dimostrato molto popolare e ha ottenuto un grande successo soprattutto in Cina, e le maggiori società cinesi da anni portano le loro biciclette in tutto il mondo. Nel 2017 il mercato cinese di bike sharing valeva 10,3 miliardi di yuan (1,3 miliardi di euro), otto volte più che un anno prima; l’anno scorso 209 milioni di persone in Cina hanno usato almeno una volta un servizio di bike sharing, contro i 28 milioni del 2016. Ofo e Mobike gestiscono insieme 19 milioni di biciclette nel mondo.

Ma, come ha spiegato il Financial Times, il grosso successo del bike sharing degli ultimi anni è in parte dovuto al fatto che il settore, in Cina, è stato gonfiato da un eccesso di capitale investito troppo rapidamente, su troppe società diverse. In breve, ingenti finanziamenti esterni hanno stimolato la nascita di nuove start-up quando ancora il mercato non si era consolidato attorno alle aziende più solide e popolari. Dal 2016 nel paese operavano 60 aziende di bike sharing, molte delle quali sono già sparite. La rapida crescita del numero e delle dimensioni delle aziende ha gonfiato a sua volta il settore dei produttori di biciclette, che grazie ai bassi standard richiesti nel bike sharing hanno potuto produrre molto e molto velocemente. Dal 2016 a oggi le società di bike sharing hanno richiesto e distribuito 20 milioni di biciclette, 10 milioni delle quali dovranno essere sostituite entro il 2020, secondo una stima di Mobike.

Il gran numero di biciclette nelle città cinesi ha spinto le amministrazioni locali a mettere regole e limiti al numero di mezzi che potevano essere messi su strada, creando grosse difficoltà a società che nel frattempo si erano allargate assumendo decine di dipendenti. Dopo l’espansione iniziale, quindi, hanno cominciato ad affermarsi poche grandi aziende come Ofo e Mobike, che ancora nel 2017 sono riuscite a raccogliere 1,7 miliardi di euro complessivi di finanziamenti. Nel frattempo, il crollo dei concorrenti più piccoli e la saturazione di biciclette hanno portato a una crisi nel settore produttivo e alla chiusura di molte fabbriche, oltre che alla nascita di “cimiteri delle biciclette” dove vengono accatastate le bici inutilizzate.

Oggi le stesse Ofo e Mobike hanno molte difficoltà negli Stati Uniti proprio per i limiti imposti al numero di biciclette durante la fase di sperimentazione, più stringenti rispetto a quelli europei o asiatici. A Washington, per esempio, Mobike poteva gestire un parco di 400 biciclette; in un’area delle stesse dimensioni, Milano, ne gestisce 8.000. Sia Ofo che Mobike si sono da poco ritirate da Washington. Ofo ha anche espresso l’intenzione di ridurre i propri investimenti nelle 30 città degli Stati Uniti dove è ancora attiva, come ha già fatto in Australia e in Germania e dopo avere cessato le proprie attività in Israele e in India.

Come parte di una strategia per restare competitiva e raggiungere nuovi clienti, Mobike in Cina ha deciso di eliminare del tutto il deposito cauzionale: è quella piccola cifra rimborsabile che viene chiesta ai clienti per tutelarsi contro il rischio che le biciclette vengano perse o rovinate. Ofo aveva già sperimentato un sistema a punti che permetteva ai clienti ritenuti più affidabili di non pagare il deposito.

Questi sistemi sono insostenibili per società più piccole, prive delle risorse necessarie ad assorbire i costi legati ai furti e al vandalismo, che in alcune città degli Stati Uniti hanno riguardato fino al 50 per cento delle biciclette. Lo scorso febbraio la società di Hong Kong Gobee aveva lasciato l’Italia e l’Europa esclusivamente per i danni subiti dalle proprie bici. Mobike ha invece potuto rinunciare al deposito grazie a un investimento di 150 milioni di dollari del proprietario Meituan, la quarta società privata di tecnologia al mondo (Ofo è invece finanziata dal gigantesco e-commerce Alibaba). Per rilanciarsi, entrambe le società stanno anche introducendo nuovi mezzi di trasporto pensati per distanze più lunghe, come gli scooter elettrici.