A che punto siamo con la nomina di Foa?

Per il nuovo presidente della Rai dipende tutto da un voto della Commissione parlamentare di vigilanza e da cosa deciderà di fare Forza Italia

La sede Rai di viale Mazzini con il Cavallo Morente di Francesco Messina, Roma, 27 luglio 2018 (ANSA/RICCARDO ANTIMIANI)
La sede Rai di viale Mazzini con il Cavallo Morente di Francesco Messina, Roma, 27 luglio 2018 (ANSA/RICCARDO ANTIMIANI)

Domani, martedì 31 luglio, si riunirà per la prima volta il nuovo consiglio di amministrazione della Rai che dopo la riforma del 2015 è ora composto da sette membri (contro i nove del precedente statuto). Il giorno dopo, mercoledì 1 agosto, si riunirà invece la Commissione parlamentare per la vigilanza Rai che dovrà ratificare la nomina del presidente della Rai che il ministero dell’Economia e delle Finanze, azionista di maggioranza della Rai, ha proposto ufficialmente lo scorso 27 luglio: si tratta di Marcello Foa, nome su cui avevano trovato un accordo Movimento 5 Stelle e Lega ma di cui si è molto discusso negli ultimi giorni.

In particolare, Foa, che ha 54 anni e ha lavorato per anni al Giornale, è stato criticato per le sue posizioni troppo vicine al leader della Lega Matteo Salvini e molto morbide con la Russia di Vladimir Putin, per il suo antieuropeismo e perché in passato più volte ha contribuito alla diffusione di bufale e notizie false.

Il nuovo consiglio di amministrazione della Rai
Il nuovo consiglio di amministrazione è composto da sette membri. A metà luglio il Parlamento aveva eletto i quattro componenti che erano di sua competenza, due dalla Camera dei deputati, due dal Senato: Rita Borioni (PD), Beatrice Coletti (M5S), Igor De Biasio (Lega) e Gianpaolo Rossi (Fratelli d’Italia). Come rappresentante dei dipendenti della Rai era stato eletto Riccardo Laganà. Infine, il ministero dell’Economia, su indicazione del governo, aveva proposto Fabrizio Salini come amministratore delegato e Marcello Foa come nuovo presidente.

Una volta formalizzata la nomina dell’amministratore delegato, il cda dovrà nominare anche il presidente.  Ma perché la sua carica diventi effettiva, la nomina deve essere ratificata prima che dal consiglio di amministrazione della Rai, anche dalla Commissione parlamentare per la vigilanza Rai.

La Commissione parlamentare di vigilanza
La questione della nomina di Marcello Foa in Commissione parlamentare per la vigilanza Rai è complicata: per la ratifica servono infatti i due terzi dei 40 voti totali, ma la maggioranza ne controlla solamente 21: 14 il Movimento 5 Stelle e 7 la Lega. Poi ci sono Forza Italia e il PD con altri 7 voti ciascuno, Fratelli d’Italia e LeU con due voti e un voto che non risulta legato ad alcun partito in particolare.

Il Partito Democratico e LeU hanno chiesto al governo di ritirare la candidatura di Foa, e hanno annunciato che voteranno contro. I voti mancanti per la nomina di Foa dovrebbero dunque arrivare da Forza Italia, che non ha ancora fatto sapere chiaramente come voterà, ma che ha criticato il metodo della scelta da parte del governo. Qualche giorno fa, in un’intervista alla Stampa, Silvio Berlusconi aveva detto: «Vedo una forte volontà spartitoria. Il carattere unilaterale della proposta per la Rai, che la maggioranza ha concordato solo al proprio interno, mi sembra un pessimo segnale».

Se Forza Italia non voterà a favore, Marcello Foa non sarà nominato presidente e dovrà anche dimettersi da consigliere di amministrazione. Si dovrà dunque ricominciare da capo con l’indicazione da parte del ministero dell’Economia di un nuovo nome. Ma il problema, scrivono oggi diversi giornali riportando vari retroscena, sarebbe soprattutto politico per il centrodestra. Per ora sembra che Matteo Salvini non voglia trattare con Forza Italia che, scrive Repubblica, potrebbe a sua volta non cedere e ufficializzare oggi il suo voto contrario su Foa in Commissione e fermare, di conseguenza, «qualsiasi trattativa su posti e poltrone, che pure qualcuno dei suoi stava tentando». La Stampa scrive che Salvini «è convinto che il Cavaliere non si spingerà a tanto, ad allearsi con il Pd» e che se questo dovesse accadere «Salvini minaccia di far saltare le alleanze di centrodestra presenti e future». Repubblica cita l’alleanza tra Lega e Forza Italia, ad esempio, in regioni come Lombardia, Veneto e Liguria.