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  • Domenica 29 luglio 2018

La farsa delle elezioni in Cambogia

Si vota domenica e non c'è alcun dubbio che il vincitore sarà l'attuale primo ministro Hun Sen, che ha trasformato la Cambogia in un regime autoritario

Il primo ministro cambogiano Hun Sen (KHAM/AFP/Getty Images)
Il primo ministro cambogiano Hun Sen (KHAM/AFP/Getty Images)

Hun Sen, 65 anni, è primo ministro della Cambogia dal 1985 e uno dei più longevi capi di stato o di governo al mondo. Dopo avere sciolto il principale partito di opposizione, azzerato la libertà di stampa e trasformato la Cambogia in un regime autoritario, Hun Sen sta per ottenere un altro mandato da primo ministro. Oggi si terranno infatti le elezioni parlamentari e il suo partito, il Partito del popolo della Cambogia (PPC), non ha praticamente rivali: in Cambogia «la democrazia è definitivamente morta», ha detto Sam Rainsy, ex leader dell’opposizione cambogiana.

Le elezioni di oggi sono state definite tra le più limitate dalla caduta del sanguinario regime comunista dei Khmer rossi, che durò dal 1975 al 1979. Hun Sen militò per un periodo nel partito: fu poi espulso in seguito a una serie di purghe interne e ritornò in Cambogia solo durante l’invasione del paese da parte del Vietnam. Da allora è rimasto al potere e ha rafforzato sempre più il suo controllo su opposizione e media.

La trasformazione della Cambogia in un regime autoritario è stata progressiva, anche se ha avuto una netta accelerazione nel novembre dello scorso anno, quando la Corte suprema annunciò la dissoluzione del principale partito politico del paese, il Partito del riscatto nazionale (PRNC).

La decisione era arrivata su precisa richiesta del governo, che voleva sbarazzarsi del partito che alle precedenti elezioni, quelle del luglio 2013, aveva ottenuto un risultato molto superiore alle aspettative (44 per cento dei voti). Il governo accusava il PRNC di essersi accordato con «forze straniere» per rovesciare il governo di Hun Sen. L’unico elemento citato come prova di questo presunto complotto era un video del 2013 in cui si vedeva il leader del PRNC, Kem Sokha, parlare ai cambogiani residenti in Australia e dire di avere ricevuto consigli dagli Stati Uniti su come meglio opporsi al governo. Il PRNC aveva respinto le accuse di complotto e tradimento.

Da allora i militanti del PRNC sono stati o arrestati e accusati per tradimento, o sono scappati, per lo più nella vicina Thailandia, dove vivono in una situazione di costante inquietudine e pericolo. Ky Wandara, ex tesoriere del PRNC a cui è stato riconosciuto l’asilo politico in Nuova Zelanda, ha raccontato al Guardian cosa significa vivere in Thailandia per gli oppositori di Hun Sen: «Sei costretto a muoverti da una sistemazione all’altra ogni settimana per ragioni di sicurezza, e sei solo perché se stai insieme agli altri [dissidenti] rischi di essere trovato più facilmente. Tutti sono spaventati di essere scoperti dalle autorità thailandesi o dalle spie mandate da Hun Sen, e di essere rimandati a forza in Cambogia».

Alle elezioni di domenica Hun Sen non ha veri sfidanti: i partiti che si presenteranno al voto sono venti, considerati però o “finti” – tra i candidati c’è una donna che sostiene che gli spiriti le siano arrivati in sogno e le abbiano detto di presentarsi alle elezioni – o “burattini” manipolati da Hun Sen. Diversi leader del PRNC che si trovano in esilio hanno invitato i propri sostenitori a boicottare le elezioni, gesto che però è ritenuto illegale dal governo. Hun Sen può contare anche sull’appoggio dei funzionari che si occuperanno di monitorare le elezioni: uno dei gruppi incaricati, per esempio, sarà guidato dal figlio del primo ministro.