I dischi finalisti del Mercury Prize 2018

Cioè il più prestigioso concorso musicale britannico, con alcune facce note in mezzo a gente ancora di nicchia, ma di cui forse sentiremo parlare

Sono stati annunciati i dodici dischi finalisti del Mercury Prize, un importante premio assegnato annualmente al miglior album di artisti britannici o irlandesi. È un concorso dedicato soprattutto agli artisti prodotti dalle etichette musicali indipendenti, come alternativa agli eventi e ai premi rivolti al grande pubblico e alle grandi star dell’industria musicale. Come il “BBC Sound of”, è uno dei premi guardati con più attenzione dagli addetti ai lavori, visto che in passato ha spesso segnato il passaggio di un artista alla vera fama internazionale. Lo vinsero nel 2010 gli XX, per esempio, o nel 2012 gli Alt-J, e nel 2006 gli Arctic Monkeys. Esiste dal 1992, quando fu istituito dalla British Phonographic Industry e dalla British Association of Record Dealers (l’associazione britannica dei rivenditori di dischi).

Tra i dodici finalisti di quest’anno ci sono diversi nomi che di emergente hanno poco: gli Arctic Monkeys, per esempio, ma anche Noel Gallagher insieme agli High Flying Birds e Florence + The Machine. Tra le candidature più inaspettate c’è quella di Lily Allen, cantante pop diventata molto famosa una decina di anni fa e poi un po’ sparita, mentre i nomi che sembrano destinati nei prossimi anni a diventare più famosi di quanto lo siano adesso sono Jorja Smith e i Wolf Alice.

Lily Allen – No Shame

Lily Allen ha 33 anni, è inglese e si fece conoscere al mondo una decina di anni fa con la canzone “Not Fair”. Da allora ha fatto soltanto due dischi, uno nel 2014 e uno nel 2018, e ha avuto una vita sfortunata, trascorsa subendo costantemente le sregolate e morbose attenzioni dei tabloid inglesi. Il suo è il disco più pop tra quelli della lista, e quando è uscito ha convinto molti critici.

Arctic Monkeys – Tranquility Base Hotel and Casino

Il ritorno dopo cinque anni di una delle band rock più famose degli anni Duemila ha deluso molti fan storici, perché le schitarrate hanno lasciato il posto a suoni più morbidi. Il disco è invece piaciuto alla maggior parte dei critici, che hanno perlopiù apprezzato il tentativo di evolversi.

Everything Everything – A Fever Dream

Gli Everything Everything sono in giro da una decina d’anni, e sono vecchi frequentatori dei premi musicali inglesi: nel 2010 erano stati candidati al BBC Sound of, e il loro disco d’esordio Man Alice era già stato finalista del Mercury Prize 2011. È una band che gira intorno al falsetto riconoscibile del cantante Jonathan Higgs, fanno un rock con dentro molta elettronica, e sono tra le band più amate dalla critica inglese.

Everything Is Recorded – Everything Is Recorded

Gli Everything Is Recorded sono una band fondata da Richard Russell, uno dei più importanti produttori musicali inglesi che è a capo dell’etichetta XL Records, cioè quella che ha lanciato Adele e che pubblica i dischi di gente come i Radiohead e Arca. Nel 2013 si è ammalato di una grave malattia al sistema nervoso, che lo ha lasciato a lungo paralizzato. Ora è guarito e ha fatto un disco collaborando con Sampha, Damon Albarn, Syd, Mark Ronson, Kamasi Washington e Peter Gabriel, tra gli altri, mischiando un sacco di generi e influenze e ricevendo un sacco di complimenti.

Florence + the Machine – High as Hope

La band di Florence Welch, una delle più popolari a essere uscite dal Regno Unito negli ultimi dieci anni, è tornata dopo tre anni con l’album High As Hope. Dentro c’è quello che li ha resi famosi, e cioè canzoni intelligenti e curate costruite intorno alla voce straordinaria di Welch. Secondo il bookmaker William Hill è uno dei favoriti alla vittoria finale.

Noel Gallagher’s High Flying Birds – Who Built the Moon?

L’ultimo disco del gruppo del chitarrista degli Oasis è piaciuto abbastanza alla critica, che l’ha descritto in pratica come un buon disco pieno di canzoni piacevoli – e più allegre del solito – per nostalgici degli anni Novanta.

https://open.spotify.com/album/0Hwc1IF2pmvQCj961KSfz1?si=zJTAGuYBTEOkuEYRt6Kt2w

King Krule – The Ooz

Archy Marshall ha 23 anni ma è da un paio d’anni uno dei musicisti più rispettati e originali della musica inglese, celebrato dalla critica e seguito da una nicchia di fan molto entusiasti. Questo è il suo terzo disco, e come gli altri tiene insieme un po’ di tutto, dal punk al jazz, e si riconosce da lontanissimo per il suo particolare timbro baritonale.

Novelist – Novelist Guy

Novelist è un rapper londinese di 21 anni che fa grime, il genere di rap più diffuso in Inghilterra, ed è considerato uno dei più promettenti della sua generazione. A convincere i critici è stata soprattutto la maturità del disco, nei testi e nella musica, che dimostrano una consapevolezza e un’originalità non sempre presente nel grime.

Nadine Shah – Holiday Destination

Nadine Shah è una cantante inglese di origini pakistane e norvegesi al suo terzo disco, paragonata in passato a PJ Harvey. Holiday Destination è un album più tetro e disilluso dei precedenti, ha notato la critica, anche per via di alcuni testi molto seri e caustici, che vanno da Donald Trump alla crisi dei migranti alla gentrificazione.

Jorja Smith – Lost and Found

Jorja Smith ha 21 anni e ne parlano come di una possibile futura stella del soul e dell’R&B. Ha cantato in More Life di Drake, e ha fatto uscire a giugno il suo primo disco, Lost and Found, che è piaciuto anche più di quanto ci si possa aspettare per un album d’esordio.

Sons of Kemet – Your Queen is a Reptile

I Sons of Kemet sono una band di Londra di jazz caraibico e africano uscito quest’anno con il terzo disco, pubblicato da Impulse!. Sono caratterizzati dai suoni di una big band, e si sono iscritti alla lista di quelli che se la sono presa con la regina, con un disco che per ogni canzone celebra una donna di origini caraibiche o africane in contrapposizione a Elisabetta II.

Wolf Alice – Visions of a Life

È il secondo disco di una delle band rock britanniche più apprezzate degli ultimi anni. È uscito l’anno scorso e ha avuto anche più successo del previsto: sia di pubblico, visto che è arrivato al terzo posto degli album più venduti in Regno Unito, sia di critica, con molte riviste specializzate britanniche che ne hanno parlato benissimo e messo in cima alle classifiche di fine anno.