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  • Giovedì 5 luglio 2018

Novak Djokovic sta tornando

Dopo un lungo declino, il tennista serbo sta lentamente tornando competitivo e a Wimbledon potrebbe essere di nuovo fra i protagonisti

Novak Djokovic assistito da un preparatore durante l'ultima edizione di Wimbledon (GLYN KIRK/AFP/Getty Images)
Novak Djokovic assistito da un preparatore durante l'ultima edizione di Wimbledon (GLYN KIRK/AFP/Getty Images)

Il tennista serbo Novak Djokovic ha esordito martedì sera a Wimbledon, il più prestigioso torneo del tennis internazionale, con una vittoria al primo turno contro l’americano Tennys Sandgren (6-3, 6-1, 6-2). In carriera Djokovic ha vinto tre volte il torneo di Wimbledon, l’ultima nel 2015, quando si avvicinò anche al record di quattro tornei major vinti nello stesso anno (stabilito da Rod Laver nel 1962). Negli ultimi due anni, tuttavia, Djokovic è passato rapidamente dall’essere uno dei migliori tennisti al mondo – e il migliore in assoluto tra il 2011 e il 2015 – alla ventunesima posizione nel ranking mondiale, non lasciando più traccia di sé nei tornei del calendario internazionale.

Senza avere colpi o caratteristiche spiccate e riconoscibili come tanti suoi rivali, a parte la risposta al servizio dell’avversario, Djokovic ha ottenuto le sue vittorie più importanti grazie alla capacità di sviluppare al meglio ogni abilità richiesta dal gioco, cosa che lo ha portato a diventare un tennista completo e di altissimo livello. Le sue caratteristiche, tuttavia, lo hanno anche portato a interrompere il suo miglior periodo abbastanza repentinamente, a differenza dei suoi rivali Roger Federer e Rafael Nadal, vincenti ancora oggi.

Novak Djokovic dopo la vittoria contro Tennys Sandgren nel primo turno di Wimbledon (OLI SCARFF/AFP/Getty Images)

Il crollo di Djokovic è avvenuto con una lunga serie di prestazioni deludenti in cui spesso è sembrato irriconoscibile e demotivato. Le sue evidenti difficoltà sono state in primo luogo la conseguenza di un problema al gomito destro, ma anche dei recenti cambi di allenatori e poi di una dichiarata mancanza di motivazioni arrivata subito dopo aver raggiunto il punto più alto in carriera. L’anno scorso, nel mezzo delle difficoltà, disse: «La mia carriera è sempre stata protesa verso l’alto. In questo momento sto sperimentando com’è il viaggio in direzione opposta».

L’anno scorso, a Wimbledon, Djokovic uscì dal torneo ai quarti di finale, che dovette abbandonare per un problema al gomito destro con cui disse di essere alle prese da un anno e mezzo. Dopo il ritiro comunicò di avere bisogno di un lungo tempo di riabilitazione, che durò circa sei mesi e lo costrinse a saltare gli US Open, anche se non si sottopose a nessuna operazione chirurgica. Tornò ad inizio 2018 e a gennaio prese parte agli Australian Open, il primo Slam dell’anno, dove venne eliminato agli ottavi di finale dal sudcoreano Chung Hyeon. In Australia il dolore al gomito si ripresentò e per questo decise di operarsi a febbraio per cercare di guarire una volta per tutte e tornare a giocare senza essere condizionato dal dolore. L’operazione riuscì ma il recupero della forma fisica tardò ad arrivare, tanto da farlo scendere oltre la ventesima posizione nel ranking.

Novak Djokovic viene medicato al gomito durante gli ottavi di finale degli Australian Open (Mark Kolbe/Getty Images)

Il periodo più complicato nella carriera di Djokovic è coinciso anche con la separazione dallo staff con cui iniziò il suo percorso da professionista nei primi anni Duemila. Nell’aprile del 2017, dopo essere stato eliminato ai quarti di finale nel torneo di Montecarlo, decise di non essere più seguito dal suo storico allenatore Marian Vajda, e nemmeno dal preparatore Gebhard Phil-Gritsch e dal fisioterapista Miljan Amanovic, ritenuti gli artefici dell’impressionante forma fisica mantenuta negli anni precedenti. Nei tornei di Madrid e Roma si notò un leggero miglioramento nelle prestazioni, a cui seguì l’inizio degli allenamenti con l’ex campione americano Andre Agassi. Ma il nuovo rapporto non ha portato a nessun risultato. Rispetto al suo vecchio staff, Agassi è stato molto meno presente, per via dei suoi molti impegni in giro per il mondo dovuti alla sua celebrità nel tennis. Pur conoscendo le difficoltà di una collaborazione con Agassi, Djokovic ha proseguito con lui per un anno, fino allo scorso aprile, quando fu in un certo senso costretto a ritornare con il suo vecchio staff.

Nell’ultimo torneo di Montecarlo ha dichiarato di non sentire più dolore per la prima volta negli ultimi due anni, e nonostante l’eliminazione agli ottavi di finale, nel Principato ha ottenuto la sua prima vittoria contro uno dei primi venti tennisti del ranking, il giapponese Kei Nishikori. I miglioramenti si sono visti anche negli Internazionali d’Italia, dove ha raggiunto le semifinali, e poi al Roland Garros di Parigi, dove è stato battuto ai quarti dalla sorpresa del torneo, l’italiano Marco Cecchinato.

Per prepararsi al meglio a Wimbledon, a giugno Djokovic ha partecipato al Queen’s Club Championships di Londra, che si gioca su erba, in cui è arrivato alla finale, persa contro il croato Marian Cilic, quinto nel ranking mondiale. Il ritorno di Djokovic sulla scena internazionale – come molti lo hanno descritto – avviene in un momento per alcuni aspetti simile al suo primo periodo di successi. Rafael Nadal e Roger Federer sono infatti tornati a spartirsi i più importanti tornei del calendario, seppur con meno costanza degli anni passati. Tra il 2011 e il 2015 Djokovic interruppe il loro dominio e fu una novità attesa e apprezzata da tutto il movimento, che però si esaurì relativamente presto. La curiosità sul suo ritorno, se riuscirà a farcela, dipende anche da questo.