L’Argentina è di nuovo nei guai

E per questo ha chiesto aiuto – soldi – al Fondo Monetario Internazionale

Buenos Aires, Argentina, 8 maggio 2018 (AP Photo/Victor R. Caivano)
Buenos Aires, Argentina, 8 maggio 2018 (AP Photo/Victor R. Caivano)

Il presidente conservatore dell’Argentina, Mauricio Macri, ha detto di aver parlato con la direttrice del Fondo Monetario Internazionale Christine Lagarde per ottenere un sostegno finanziario: un aiuto che «rafforzerebbe la crescita e lo sviluppo», ha detto, e aiuterebbe ad evitare «crisi come quelle affrontate in passato». Lagarde ha confermato che ci siano stati contatti e richiesta. Martedì 8 maggio il ministro delle Finanze argentino, Nicolas Dujovne, è partito con una delegazione per Washington per cominciare a negoziare l’accordo. È una notizia perché l’Argentina aveva interrotto ogni relazione con l’FMI circa dodici anni fa.

L’Argentina sta attraversando una nuova crisi. La moneta nazionale, il peso, ha perso un quarto del suo valore nell’ultimo anno. La Banca Centrale, per arginarne il crollo, ha alzato i già altissimi tassi di interesse per tre volte negli ultimi dieci giorni, portandoli dal 33,25 per cento al ​​40 per cento. Infine c’è l’inflazione, che continua ad aumentare e che nel 2017 era pari al 25 per cento, un tasso secondo solo a quello del Venezuela e uno dei più alti al mondo. La spesa pubblica argentina è cresciuta molto durante gli anni della presidente Kirchner – la metà va via solo in pensioni – e le sue decisioni protezioniste non hanno aiutato l’economia del paese, che oggi ha un deficit molto ampio e per questo è costretto a tagli e sacrifici. I media locali – ma anche Bloomberg, citando una persona che ha conoscenza diretta dei colloqui – hanno scritto che l’Argentina è alla ricerca di una linea di credito flessibile (da utilizzare cioè nei momenti di necessità) pari a circa 30 miliardi di dollari. Il governo non ha fatto comunque riferimento ad alcuna cifra in particolare.

Il Fondo Monetario Internazionale utilizza la linea di credito flessibile come strumento precauzionale per i paesi che vogliono rassicurare i mercati finanziari sulla propria stabilità economica. I governi possono utilizzare questi crediti in qualsiasi momento e per le emergenze, e vi possono accedere se dimostrano di avere solide fondamenta economiche e se stanno attuando politiche controllate e approvate dall’FMI. Hanno fatto ricorso a questo tipo di linee di credito la Colombia, il Messico e la Polonia, senza però aver mai prelevato effettivamente dei fondi. La Polonia è uscita dall’accordo lo scorso anno.

Macri governa dal 2015 con una minoranza dei parlamentari sia alla Camera che al Senato e ha avviato una serie di riforme molto dolorose e impopolari, come quella delle pensioni, ma secondo molti anche necessarie. Negli ultimi giorni ha ricordato che il suo paese sta soffrendo a causa dell’aumento dei prezzi del petrolio (e da tempo è costretto a comprare energia dall’estero, nonostante le sue risorse), ha spiegato che il contesto mondiale «è cambiato a causa dell’aumento dei tassi di interesse» e che l’Argentina resta fra i paesi che più dipendono dal finanziamento estero a causa dell’enorme spesa pubblica che ha ereditato dai governi precedenti. Questa situazione ha spinto dunque Macri a rivolgersi al Fondo Monetario Internazionale, decisione che è stata individuata dal presidente come l’unica strada «che esiste per uscire dalla nostra situazione».

La decisione potrebbe essere però molto impopolare e avere un grande impatto politico, in un paese dove molte persone accusano per i propri antichi guai proprio l’FMI e i politici con un atteggiamento percepito come eccessivamente “pro-business”. L’FMI è stato insomma pesantemente criticato in Argentina – anche da molti politici locali, per assolversi – per non aver evitato la crisi del debito. Dopo la crisi del 2001, i rapporti con l’organizzazione hanno attraversato altri momenti difficili: nel 2013 l’FMI aveva ad esempio deciso di ammonire l’Argentina con una «dichiarazione di censura», poi rimossa nel 2016, per non aver fornito dati accurati sulla crescita e sull’inflazione (ai tempi della presidente Kirchner i dati dell’istituto nazionale di statistica erano spesso manomessi e falsificati). Nel 2014 l’Argentina era di nuovo andata tecnicamente in bancarotta, visto che non era riuscita a ripagare i soldi avuti in prestito da due fondi statunitensi.

Macri, le cui politiche di austerità sono piuttosto coerenti con quelle preferite dall’FMI, ha detto che i nuovi negoziati daranno al paese un sostegno per evitare crisi «come quelle che abbiamo avuto di recente nella nostra storia». Il Fondo Monetario Internazionale, nel frattempo, ha fatto sapere in una nota che i negoziati aiuteranno a rafforzare l’economia argentina «in breve tempo» e che l’Argentina è un suo «membro di valore».