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  • Mercoledì 25 aprile 2018

Nella mostra Real Bodies ci sono cadaveri di detenuti cinesi condannati a morte?

È quella che espone corpi umani con tutti i particolari visibili: se ne riparla perché un gruppo di attivisti australiani ha chiesto di vietarla

(AP Photo/Ibrahim Usta)
(AP Photo/Ibrahim Usta)

Un gruppo di dodici avvocati, professori e attivisti dei diritti umani ha scritto una lettera aperta al primo ministro australiano Malcolm Turnbull e al ministro della Salute del New South Wales, Brad Hazzard, per chiedere la chiusura di “Real Bodies: The Exhibition” di Sidney. La mostra espone cadaveri umani e parti anatomiche conservati con la plastinazione, una particolare tecnica che mantiene intatti i tessuti e consente di vederne i particolari: secondo gli attivisti i corpi sarebbero quelli di detenuti cinesi uccisi dopo essere stati condannati a morte, tra cui prigionieri politici.

Non è la prima volta che Real Bodies è accusata di utilizzare corpi provenienti da una sorta di traffico nero, mai provato, di cadaveri provenienti dalla Cina e da ex stati sovietici. Gli organizzatori della mostra – che da anni viene proposta in tutto il mondo ed è stata vista da più di 50 milioni di persone – hanno sempre respinto le accuse mostrando carte e documenti che attestano l’effettiva regolarità delle donazioni dei corpi. In questo caso però gli attivisti scrivono che manca la «documentazione che dimostra la provenienza etica e legale di ogni corpo» e che le prove che si tratti di detenuti cinesi «sono credibili». Vaughan Macefield – uno dei firmatari, professore di fisiologia alla Western Sydney University – ha detto che «ci sono forti prove a sostegno dell’idea che i corpi e gli organi provengano da prigionieri uccisi in Cina. In mostra ci sono quasi solo maschi di giovane età: una cosa molto diversa dai corpi più vecchi donati per l’insegnamento dell’anatomia nelle scuole mediche australiane».

Il gruppo spiega anche che non è credibile la tesi degli organizzatori per cui si tratterebbe di corpi morti in ospedale, non identificati o reclamati, perché il processo di plastinazione deve iniziare a 48 ore dalla morte e gli ospedali cinesi sono tenuti per legge a conservare i cadaveri non identificati per 30 giorni. Tom Zaller, tra gli organizzatori di Real Bodies, ha detto che le accuse sono «ridicole» e «infondate» e che i cadaveri sono «controllati dai ministeri della salute di tantissimi paesi». Ha precisato anche che il processo di plastinazione (qui potete approfondire come avviene) consiste nel rimuovere tutti i liquidi e che «non importa sia vecchio il soggetto: può anche avere cent’anni».

Zaller organizza mostre con cadaveri esposti e conservati con la plastinazione dal 2003. Nel 2008 gli organizzatori di un’esibizione simile, a cui partecipò anche Zaller, furono costretti dopo un’indagine del Congresso statunitense a precisare sul loro sito di non poter verificare in modo indipendente se i corpi in mostra fossero quelli di detenuti cinesi. In passato Real Bodies è stata vietata da alcuni paesi, come Israele e la Francia; in Italia nel 2013 ci fu un caso simile con la mostra Body World, che espone sempre cadaveri umani conservati con la plastinazione: il Comune di Milano respinse la richiesta di chiuderla dicendo che gli organizzatori avevano mostrato la documentazione che attestava la donazione dei corpi.