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  • Giovedì 19 aprile 2018

Tammie Jo Shults e l’incidente del volo di Southwest Airlines

La pilota del volo che martedì è atterrato d'emergenza a Philadelphia è il personaggio del giorno sui giornali americani, soprattutto per una telefonata

L'aereo di Southwest Airlines dopo l'atterraggio. (AP Photo/Corey Perrine)
L'aereo di Southwest Airlines dopo l'atterraggio. (AP Photo/Corey Perrine)

Intorno alle 11 di mattina di martedì il volo 1380 di Southwest Airlines partito dall’aeroporto La Guardia di New York e diretto a Dallas stava sorvolando la Pennsylvania, circa venti minuti dopo il decollo e a oltre tre ore e mezza dall’ora prevista per l’atterraggio. Alla guida dell’aereo c’era Tammie Jo Shults, che negli anni Ottanta era stata tra le prime donne pilota della Marina statunitense. All’improvviso, i 144 passeggeri hanno sentito uno scoppio provenire dal lato sinistro del Boeing 737, che aveva superato un controllo di routine soltanto due giorni prima. A circa diecimila metri di altitudine, il motore sinistro dell’aereo è esploso, senza nessun preavviso, e alcuni pezzi sono volati via.

Shults, che entrò nella Marina nel 1985 perché non fu accettata dall’Aviazione, sta ricevendo lodi e complimenti per come ha gestito l’incidente durante il volo, e la chiamata in cui parla con voce estremamente calma alla torre di controllo del traffico aereo, per segnalare l’incendio al motore, è stata pubblicata da tutti i giornali americani.

Come si sente nella comunicazione, Shults spiega: «Dicono che si è aperto un buco, e qualcuno è volato fuori». Poco dopo lo scoppio, infatti, una pala della turbina del motore esploso si è staccata e ha colpito un finestrino della 14esima fila dell’aereo, rompendolo. La donna seduta a fianco al finestrino, la 43enne Jennifer Riordan, è stata risucchiata fuori, rimanendo all’esterno dell’aereo dalla vita in poi, a oltre diecimila metri di altezza. Gli altri passeggeri sono riusciti a riportarla all’interno, dove è stata soccorsa da un’infermiera in pensione, mentre era incosciente e sanguinante per le ferite che si era procurata con i vetri del finestrino. La rianimazione non è riuscita, e la donna è poi morta all’ospedale.

I passeggeri, intanto, erano perlopiù nel panico, anche se in molti hanno fatto in tempo a scattarsi delle fotografie con indosso le maschere d’emergenza che nel frattempo erano uscite dai loro scomparti. In molti hanno fatto notare che la maggior parte delle persone le aveva indossate male, senza coprire anche il naso.

L’aereo ha iniziato a scendere di altitudine, con la cabina ormai depressurizzata. Molti passeggeri hanno usato il Wi-Fi dell’aereo per scrivere dei messaggi alle proprie famiglie, avvertendole dell’incidente e in certi casi chiedendo di pregare per loro, o lasciando dei messaggi per le proprie persone care. Marty Martinez, uno dei passeggeri, ha addirittura girato un video in diretta su Facebook dopo l’incidente.

Nella cabina di pilotaggio, intanto, Shults aveva avvertito la torre di controllo che avrebbe iniziato una discesa verso l’aeroporto più vicino, quello di Philadelphia, chiedendo di preparare dei soccorsi sulla pista per i passeggeri feriti. Inizialmente, la torre di controllo ha chiesto a Shults di mantenere un’altitudine di mille metri, perché l’aeroporto di Philadelphia è molto vicino al centro della città, dove ci sono diversi grattacieli. Quando ha capito la gravità del problema, ha detto a Shults di decidere a che altezza volare a propria discrezione.

Tammie Jo Shults fotografata il 20 marzo 2017. (Kevin Garber/MidAmerica Nazarene University via AP)

Le comunicazioni tra l’aereo e i controllori del traffico aereo sono state difficoltose e disturbate: questo non ha impedito a Shults di concludere diverse chiamate con un «buona giornata». I cinque membri dell’equipaggio, nel frattempo, hanno cercato di aiutare i passeggeri a indossare correttamente le maschere, spostandosi lungo il corridoio dell’aereo, e a soccorrere la donna ferita.

Circa due minuti prima dell’atterraggio previsto, è tornata la ricezione ai telefoni. Matt Tranchin, uno dei passeggeri, ha raccontato di aver chiamato sua moglie per salutarla, convinto che avessero il 50 per cento di possibilità di sopravvivere. Dagli altoparlanti, gli assistenti di volo hanno chiesto ai passeggeri di abbassare le braccia e tenersi forte in vista dell’atterraggio di emergenza. Alle 11.20, circa venti minuti dopo l’esplosione del motore, l’aereo ha toccato fluidamente la pista dell’aeroporto di Philadelphia. La torre di controllo ha detto a Shults di fermarsi dove poteva. «Grazie, ci fermiamo qui vicino ai camion dei pompieri. Grazie per l’aiuto, ragazzi», ha risposto lei. Tra gli applausi dei passeggeri, Shults ha percorso il corridoio per accertarsi delle loro condizioni, prima che scendessero per essere interrogati su quanto successo dalle autorità.

Tammie Jo Shults in una foto diffusa dalla Marina. (Thomas P. Milne/U.S. Navy via AP)

Shults si era laureata nella Marina dopo essersi laureata in biologia, e fece carriera diventando tenente comandante e istruttrice dei piloti di caccia come gli F/A-18 Hornet. In quel periodo, la fine degli anni Ottanta e l’inizio degli anni Novanta, alle donne nelle forze armate era ancora proibito prendere parte ai combattimenti: Shults lasciò il servizio nel 1993, poco prima che Clinton revocasse quel divieto. Nel 1994 diventò pilota per Southwest Airlines, insieme a suo marito, che in una breve intervista telefonica data al New York Times ha preferito non commentare, dicendo solo: «I giornali hanno ragione. È un’eroina, e sono fiero di essere suo marito».