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  • Martedì 27 marzo 2018

La crisi dei giornali inizia a colazione

Lei è scocciata, lui legge a colazione, negli Stati Uniti degli anni Quaranta
(FPG/Getty Images)
Lei è scocciata, lui legge a colazione, negli Stati Uniti degli anni Quaranta (FPG/Getty Images)

Che fate se dovete mangiare a casa da soli? Probabilmente finite per guardare una serie tv, un film o qualche video per intrattenervi, a meno che preferiate sfogliare una rivista o fare un giro su internet. Nel 1898, quando comparve questo articolo sul New York Times, non c’erano molte alternative e chi restava solo a colazione finiva per sfogliare un libro o un giornale, abitudine che abbiamo ancora in molti davanti al caffè la mattina, davanti al quotidiano al bar o allo schermo dello smartphone. Riprendere la lettura interrotta accompagnandola con una tazza di tè caldo e una fetta di pane imburrato – antenati di muffin e tazzona di caffè – era anche allora uno dei massimi piaceri della vita, ma farlo in compagnia era cafone, veramente da evitare.

«Leggere a colazione uccide qualsiasi socievolezza. È concesso se si è soli, ma non certo in compagnia. Scrive Leigh Hunt sull’Indicator: “Quando vivevamo da soli non potevamo fare a meno di leggere a colazione, è certamente una cosa deliziosa riprendere un passaggio particolarmente interessante di un libro particolarmente piacevole, con una tazza di tè caldo da una parte e una fetta di pane imburrato dall’altra. Il primo sguardo alla pagina, accompagnato da un morso alla fetta di pane, è tra i piaceri della vita”. Un libro a colazione non è un complimento per il cuoco, ma un giornale è un insulto. D’altra parte, un giornale a colazione fa contento il medico, perché è lì, nella lotta con le pagine in cerca di qualcosa che ci interessi, che abbassiamo la guardia e spianiamo la strada all’indigestione»

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