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  • Giovedì 15 marzo 2018

Una campagna elettorale diversa, in Russia

Sonnolenta e invisibile, fatta di eventi con comparse pagate e poche altre mosse: è quella che ha anticipato le elezioni di domenica, che saranno rivinte da Putin

Il presidente russo Vladimir Putin al Cremlino (Alexander Nemenov/Pool Photo via AP)
Il presidente russo Vladimir Putin al Cremlino (Alexander Nemenov/Pool Photo via AP)

Sabato scorso il presidente russo Vladimir Putin ha parlato da un palco al centro dell’enorme stadio Luzhiniki, a Mosca, dove la prossima estate si giocherà la finale dei Mondiali di calcio. Putin, che era circondato da celebrities e campioni dello sport, tra cui i membri della nazionale maschile di hockey su ghiaccio vincitori della medaglia d’oro alle ultime Olimpiadi invernali, è stato applaudito da decine di migliaia di persone: c’erano bandiere e striscioni preparati in occasione del più grande evento elettorale – praticamente l’unico – tenuto in Russia in vista delle elezioni di domenica. Non tutti i presenti erano arrivati spontaneamente: alcuni erano stati pagati, altri erano stati semi-costretti.

Marc Bennetts, inviato del Guardian a Mosca, ha raccontato di aver visto una email ricevuta dai dipendenti di un’azienda russa con sede a Mosca che diceva: «Organizzatevi in gruppi di non meno di quattro persone e fotografatevi quando arrivate allo stadio. Non dimenticate di ritirare i vostri striscioni venerdì!». Un impiegato dell’azienda che ha voluto rimanere anonimo ha raccontato di aver temuto un taglio dello stipendio se non avesse fatto quello che c’era scritto nella email. Molte altre persone sono invece andate allo stadio perché reclutate da annunci pubblicati su alcuni popolari siti internet che permettono di “affittare una folla”. Uno di questi diceva: «Uomini e donne. 20-55 anni. 3 marzo, manifestazione/concerto “Per una Russia Forte” a sostegno di Vladimir Putin. Pagamento 500 rubli (7 euro)».

Il presidente russo Vladimir Putin, al centro, durante l’evento elettorale allo stadio Luzhniki di Mosca, il 3 marzo (AP Photo/Pavel Golovkin)

L’evento di sabato è stato uno dei pochi momenti rumorosi di una campagna elettorale sonnolenta e quasi invisibile, e soprattutto piuttosto inutile. Alle elezioni presidenziali in Russia di domenica, infatti, non ci sarà partita. Putin è dato abbondantemente sopra al 50 per cento – limite sotto al quale sarebbe necessario il ballottaggio – mentre il suo più diretto avversario, il “comunista capitalista” Pavel Grudinin, non supera l’8 per cento. Gli altri candidati sembrano essere ancora meno un problema. L’unica di cui si è parlato un po’ nelle ultime settimane è stata Ksenia Sobchak, 36enne ex celebrità della televisione russa che ha detto di voler provare a cambiare le cose, ma che è stata poi accusata di essere stata messa lì da Putin per dare un’apparenza più regolare alle elezioni.

Putin si è inoltre avvantaggiato dall’esclusione dalle liste elettorali di Alexei Navalny, il più importante e noto tra i suoi veri oppositori politici. Formalmente Navalny è stato escluso dalla Commissione elettorale centrale russa a causa di una condanna per appropriazione indebita, che però lui, la Corte europea dei diritti dell’uomo e il Consiglio d’Europa hanno sempre definito come “politicamente motivata”. Navalny non era un pericolo elettorale in senso stretto per Putin – era dato a poco più del 2 per cento – ma era comunque una minaccia: permettergli di candidarsi alle elezioni avrebbe costretto i media e i suoi avversari politici a parlare di lui, un’eventualità che Putin e il suo governo hanno sempre voluto evitare a tutti i costi, anche per bloccare la diffusione delle inchieste anti-corruzione realizzate da Navalny e dai suoi collaboratori contro l’apparato di potere che ha al centro il presidente e i suoi alleati.

Anche per questo motivo Putin, che non ha mai mostrato particolare passione per i periodi pre-elettorali, ha raggiunto quest’anno dei livelli di disinteresse visti raramente in passato. L’impressione è che si sia limitato a fare poche ma rilevanti mosse. Per esempio ha deciso di presentarsi come “indipendente” e non come leader del partito politico Russia Unita, rispetto al quale è molto più popolare: secondo un sondaggio realizzato nel marzo 2018, Russia Unita è sostenuto dal 52 per cento degli elettori, Putin dall’80.

Le mosse fatte finora, comunque, potrebbero non essere sufficienti a raggiungere il suo principale obiettivo in questa campagna elettorale: convincere il 70 per cento degli aventi diritti al voto ad andare al seggio a votare. Già alle ultime elezioni parlamentari, quelle tenute nel 2016 e stravinte da Russia Unita, si era registrata l’astensione più alta nella storia moderna del paese, con un’affluenza del 60,1 per cento, un dato che era stato interpretato come un segno di debolezza del governo russo (e l’unico modo per esprimere un dissenso, visto che i candidati alternativi sono debolissimi o inesistenti). Per evitare un crollo dell’affluenza sono state avviate iniziative un po’ particolari. La scorsa settimana un gruppo di cantanti pop russi ha diffuso una canzone che, oltre a sostenere Putin, incoraggia ad andare a votare: tra i cantanti figurano alcuni dei nomi più riconoscibili della musica pop russa, come Grigory Leps, vincitore di Eurovision, la popstar Dima Bilan e il rapper Timati.

Un’altra iniziativa si terrà invece il giorno delle elezioni, ha raccontato il Moscow Times. Fuori da 1.500 seggi di Mosca verranno allestiti dei banchi del festival Mos/Eda, dove si potranno comprare vari prodotti tipici, comprese le capesante di Murmansk e 110 diversi tipi di formaggi. Gli organizzatori del festival hanno detto che l’obiettivo principale dell’evento sarà spingere gli abitanti di Mosca ad andare a votare.

Ammesso che i dati diffusi saranno affidabili, l’affluenza sarà la base per capire se quella di Putin sarà una vittoria vera o solo una vittoria a metà. Tutti comunque si aspettano la rielezione di Putin, che otterrebbe così il suo quarto mandato presidenziale, il secondo consecutivo, e che si confermerebbe l’uomo che più condiziona la politica russa da due decenni a questa parte.