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  • Lunedì 26 febbraio 2018

In Nigeria sono state rapite più di 100 studentesse

In un attacco avvenuto lunedì scorso, di cui sono arrivate notizie precise solo ieri: si pensa che il responsabile sia di nuovo Boko Haram

Soldati nella zona della scuola di Dapchi dove sono state rapite 110 studentesse, Nigeria, 22 febbraio 2018
(AMINU ABUBAKAR/AFP/Getty Images)
Soldati nella zona della scuola di Dapchi dove sono state rapite 110 studentesse, Nigeria, 22 febbraio 2018 (AMINU ABUBAKAR/AFP/Getty Images)

Domenica 25 febbraio il governo della Nigeria ha confermato che 110 ragazze di un istituito tecnico e scientifico sono state rapite a Dapchi, nello stato di Yobe nel nord-est del paese, dopo un attacco avvenuto lunedì scorso. Il gruppo terrorista islamista Boko Haram è ritenuto il responsabile del sequestro. Dal giorno dell’attacco, e per circa una settimana, le notizie ufficiali sono state molto confuse: i giornali locali avevano parlato del possibile rapimento di alcune studentesse e i familiari avevano compilato una lista delle ragazze che non erano più tornate a a casa. Ieri infine, dopo una verifica con il ministero della Pubblica Istruzione, con il preside della scuola e con le famiglie, il ministero dell’Interno ha confermato che le studentesse di cui non si hanno più notizie sono 110.

(Le scarpe delle studentesse e del personale in fuga da Boko Haram nella scuola di Dapchi, Nigeria, 22 febbraio 2018 – AMINU ABUBAKAR/AFP/Getty Images)

Il rapimento di Dapchi ricorda quello avvenuto nella notte tra lunedì 14 e martedì 15 aprile 2014 a Chibok, quando vennero sequestrate 276 studentesse, quelle dell’hashtag #BringBackOurGirls. 82 di loro furono liberate nel maggio del 2017 grazie a uno scambio di cinque prigionieri e al pagamento di un riscatto organizzati dal governo nigeriano. In quell’occasione l’attuale presidente della Nigeria, Muhammadu Buhari, che nel 2014 era all’opposizione, aveva criticato molto l’amministrazione di Goodluck Jonathan riguardo alla gestione del caso e al suo impegno nelle ricerche. Pochi mesi dopo l’elezione, nel maggio del 2015, Muhammadu Buhari aveva anche detto che la Nigeria aveva “tecnicamente” vinto la guerra contro Boko Haram, i cui miliziani non sarebbero più stati in grado di compiere “attacchi convenzionali” contro le forze di sicurezza o le città del paese.

Il nuovo attacco si è verificato lunedì 19 febbraio, durante la tarda sera (la scuola, a cui sono iscritte 906 studentesse, è anche un convitto). Secondo i testimoni un gruppo di uomini armati è arrivato su un convoglio composto da tre camion dicendo che voleva portare via le scorte di cibo. Invece i miliziani hanno cominciato a sparare e a spingere le studentesse sui loro veicoli. A quel punto c’è stata una grande fuga, alcuni insegnanti sono scappati nella boscaglia portando con sé decine di ragazze, ma più di cento studentesse sono state comunque sequestrate.

(Hassana Mohammed, una studentessa di 13 anni che è riuscita a salvarsi durante l’attacco alla scuola di Dapchi, Nigeria, 22 febbraio 2018 – AMINU ABUBAKAR/AFP/Getty Images)

Venerdì scorso Buhari ha chiesto scusa alle famiglie delle studentesse rapite a Dapchi e ha definito l’attacco una «catastrofe nazionale». Il governo ha fatto sapere di aver attivato l’aeronautica nel nord-est del paese con l’unico obiettivo di condurre le ricerche delle ragazze scomparse e ha detto che la polizia e le forze di sicurezza sono state schierate nelle scuole dello stato per prevenzione. Il governo nigeriano, però, anche in questo caso ci ha messo molto tempo prima di dare notizie precise, e ha creato un’iniziale confusione annunciando che alcune delle ragazze sequestrate a Dapchi erano state trovate dall’esercito. Poi aveva ritrattato, causando la rabbia delle famiglie che, rimaste senza notizie precise delle loro figlie per giorni, avevano bloccato il convoglio del governatore dello Stato di Yobe ed erano state fermate a loro volta dalle forze di sicurezza.

Secondo diversi osservatori il rilascio delle studentesse rapite a Chibok in cambio del pagamento di un riscatto e della liberazione dei prigionieri potrebbe aver incentivato il nuovo attacco del gruppo terroristico. La popolazione del nord della Nigeria è per la maggior parte musulmana. All’inizio degli anni Duemila molti giovani dell’area cominciarono ad avvicinarsi all’Islam radicale, come reazione alla grossa disoccupazione nella regione, oltre che ai secolari contrasti tra gruppi etnici nel paese. Boko Haram fu fondato dal religioso Mohammed Yusuf a Maiduguri, il capoluogo del Borno: la parola “boko” significa “istruzione all’occidentale”, “haram” invece “peccaminosa”. I suoi componenti vogliono instaurare uno stato islamico in Nigeria.

Yusuf pensava che la Terra fosse piatta e il fenomeno di evaporazione dell’acqua non esistesse; secondo lui la scienza avrebbe dovuto essere bandita dalla Nigeria, così come la democrazia, da sostituire con la sharia, la legge islamica. Nel 2009, durante uno scontro tra i suoi seguaci e la polizia, Yusuf fu arrestato e poi fu ucciso dai poliziotti. Il suo posto come capo di Boko Haram fu preso da un altro religioso che negli anni successivi cambiò la strategia del gruppo, ordinando uccisioni di religiosi musulmani moderati, attentati suicidi nei mercati, distruzioni di villaggi e rapimenti di bambini per farne soldati. Negli ultimi sei anni di guerra al governo nigeriano, Boko Haram ha ucciso circa 20 mila persone, distrutto più di mille scuole e provocato circa 1,6 milioni di profughi.