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  • Mercoledì 13 dicembre 2017

La gran vittoria dei Democratici in Alabama

Hanno ottenuto un seggio fondamentale al Senato, in un posto dove i Repubblicani di solito stravincono: e il candidato accusato di molestie su minori è stato sconfitto

Doug Jones del Partito Democratico festeggia la vittoria. (CQ Roll Call via AP Images)
Doug Jones del Partito Democratico festeggia la vittoria. (CQ Roll Call via AP Images)

Il Partito Democratico statunitense ha ottenuto una gran vittoria politica stanotte, quando ha strappato al Partito Repubblicano un seggio importantissimo al Senato in uno stato come l’Alabama al termine di una campagna elettorale locale che era stata seguita con grande attenzione tutto il paese, e che aveva visto il presidente Donald Trump impegnarsi in prima persona. Doug Jones del Partito Democratico statunitense ha vinto infatti le elezioni suppletive battendo a sorpresa il candidato del Partito Repubblicano, Roy Moore, di 1,5 punti percentuali circa.

La vittoria di Jones è l’ennesimo segnale di grande fragilità del Partito Repubblicano, e sintomo del momentaneo pericoloso allontanamento del suo elettorato: Jones ha preso praticamente i voti di Clinton nel 2016, che in Alabama aveva straperso alle presidenziali, ma Moore ha preso solo la metà dei voti di Trump; Jones è andato molto bene soprattutto nelle contee dove abitano molte persone afroamericane, mentre Moore è andato molto meno bene del previsto tra gli elettori bianchi. Dopo la sconfitta nelle elezioni in Virginia, il Partito Repubblicano ha perso stanotte l’altra importante elezione del 2017 e lo ha fatto in uno stato in cui è storicamente imbattibile e fortissimo, come l’Alabama. È un segnale preoccupante in vista delle elezioni di metà mandato del 2018, nelle quali i Repubblicani si giocheranno il controllo del Congresso in stati a loro molto più ostili dell’Alabama.

Roy Moore era andato a votare a cavallo, ma senza mostrare grande dimestichezza.

Ma questa elezione suppletiva mette a repentaglio i piani di Donald Trump già adesso: con l’elezione di Jones, che si insedierà tra la fine di dicembre e l’inizio di gennaio, i Repubblicani perdono infatti un voto fondamentale al Senato. Oggi al Senato il Partito Repubblicano ha 52 voti contro i 48 del Partito Democratico, situazione che rende complesso trovare i voti per approvare quasi qualsiasi cosa: i tentativi di abolire la riforma sanitaria di Obama sono falliti per tre volte e la riforma fiscale rischia di essere, quando sarà approvata, l’unico vero risultato legislativo ottenuto quest’anno dall’amministrazione Trump, nonostante il suo partito controlli la Casa Bianca, la Camera e il Senato. Con l’elezione di Jones i seggi dei Repubblicani diventeranno 51 su 100: e tra la fine di dicembre e l’inizio di gennaio c’è in ballo anche la possibile chiusura del governo se non verrà approvato il nuovo tetto di spesa.

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La campagna elettorale in Alabama era diventata una storia di rilievo nazionale non solo per la sua importanza politica. Negli Stati Uniti se ne parlava tantissimo da quando gli elettori del Partito Repubblicano avevano scelto con le primarie di candidare Roy Moore, a danno di un candidato dell’establishment più esperto e rassicurante. Moore è un settantenne ex giudice con posizioni da fanatico religioso, che ne hanno provocato per due volte l’espulsione dalla Corte Suprema dello stato: tra le altre cose ha detto che ai musulmani dovrebbe essere proibito essere eletti al Congresso, che l’11 settembre fu una punizione divina contro gli americani infedeli, che Barack Obama non è americano e che l’America è una fonte di male nel mondo per via dei matrimoni gay.

«Noi promuoviamo un sacco di cose brutte. Come il matrimonio gay. Forse Putin ha ragione sul fatto che siamo il male del mondo»

Inoltre, durante la campagna elettorale Roy Moore era stato accusato da diverse donne di molestie sessuali e comportamenti inopportuni relativamente a un periodo in cui lui era un trentenne e loro erano minorenni. Le accuse e le voci su Moore circolavano da tempo in Alabama, ma erano diventate note in tutto il paese dopo un’inchiesta del Washington Post pubblicata giovedì 9 novembre.

Nell’articolo due donne avevano raccontato di aver frequentato Moore quando avevano 17 e 18 anni, mentre lui ne aveva più di 30. Un’altra donna aveva raccontato che Moore le chiese di uscire insieme quando lei aveva 16 anni, ma che sua madre glielo proibì. La testimonianza più significativa era stata quella di Leigh Corfman, una donna che aveva raccontato di essere stata molestata da Moore quando aveva 14 anni. Le quattro donne non si conoscono tra loro ed erano state trovate dal giornale – non erano andate loro dal Washington Post, insomma – e avevano dato racconti coerenti tra loro. Nel frattempo le accuse a Moore erano state corroborate da altri elementi e testimonianze, e le donne che avevano raccontato di essere state molestate erano diventate nove.

L’establishment del Partito Repubblicano si era allontanato da Moore, dopo queste accuse: i capo della maggioranza al Senato, Mitch McConnell, gli aveva chiesto di ritirarsi e aveva detto di credere alle donne; il partito per un breve periodo gli aveva tagliato i fondi; l’altro senatore Repubblicano dell’Alabama, l’anziano Richard Shelby, aveva invitato a non votare per lui; un senatore Repubblicano, Jeff Flake, aveva addirittura fatto una donazione economica al suo avversario. Moore però aveva sempre ribadito che le accuse erano false, nonché parte di un complotto dei media e della sinistra per screditarlo; il presidente Trump si era schierato con Moore con grande decisione, invitando più volte i suoi elettori a votarlo e spiegando che l’elezione di Jones sarebbe stata un disastro. Dopo la diffusione dei risultati ha scritto su Twitter: «Congratulazioni a Doug Jones per questa sudata vittoria».