Le novità sui carabinieri accusati di stupro a Firenze

A che punto è l'inchiesta e cosa dicono i giornali su quanto accaduto quella notte, a partire dai verbali con le testimonianze delle due studentesse

Parata di carabinieri a Roma, 2002 (©VINCENZO CORAGGIO/LAPRESSE)
Parata di carabinieri a Roma, 2002 (©VINCENZO CORAGGIO/LAPRESSE)

Diversi giornali di oggi riportano parti dei verbali della procura con le testimonianze e il racconto delle due studentesse americane di 19 e 20 anni che hanno accusato due carabinieri di averle stuprate a Firenze, nella notte tra mercoledì 6 e giovedì 7 settembre. L’iter giudiziario della denuncia sta proseguendo e in questi giorni il giudice per le indagini preliminari di Firenze Mario Profeta dovrebbe prendere una decisione sulla nuova richiesta di incidente probatorio presentata dalla pm Ornella Galeotti, titolare dell’inchiesta. Se il gip dovesse stavolta dare un parere favorevole, le due ragazze (che hanno lasciato l’Italia e che attualmente si trovano negli Stati Uniti) potrebbero essere presenti in aula o essere ascoltate in video-conferenza nei prossimi giorni.

Sabato 30 settembre il gip Mario Profeta aveva rifiutato la prima richiesta di incidente probatorio chiesta dalla procura di Firenze. L’incidente probatorio è un istituto per cui si permette all’accusa e alla difesa di acquisire delle prove prima dell’inizio del processo. Gli avvocati difensori dei due carabinieri si erano opposti alla prima richiesta dicendo che non erano stati consegnati loro i verbali delle prime deposizioni rilasciate dalle due ragazze e neppure le loro cartelle cliniche. Nell’ordinanza con cui era stata rifiutata la prima richiesta, il gip aveva anche rifiutato la domanda di interdizione per un anno per i due carabinieri accusati, che restano quindi tuttora solamente sospesi. In quell’occasione Profeta aveva detto che era «estremamente verosimile l’ipotesi che i rapporti sessuali» fossero stati consumati «contro la volontà o comunque senza un consapevole valido e percepibile consenso delle due ragazze» e aveva anche praticamente escluso «l’ipotesi di una macchinazione» organizzata dalle due ragazze, dando un primo e importante giudizio sulla loro attendibilità. Da quella stessa ordinanza, scrive il Tirreno, era emerso anche il contenuto della telefonata che era stata fatta alle 3.48 del 7 settembre dalle due ragazze al 113 e in cui si diceva (sempre secondo la versione di diversi giornali che la riportano): «Venite a prenderci per favore. Violentati dalla polizia. Polizia macchina. La casa». Le studentesse avevano inizialmente parlato di «poliziotti», poi le indagini hanno invece chiarito che si trattava di due carabinieri, come hanno mostrato le immagini di una telecamera della zona che ha ripreso la loro auto arrivare nell’isolato e poi andarsene circa 20 minuti dopo.

A partire da quella telefonata e con il testo dei verbali del racconto delle due studentesse (la cui fonte, però, non è stata precisata), il quotidiano di Firenze la Nazione ha ricostruito quanto successo quella notte. Alle 4.06, dopo la telefonata, le auto della polizia sono arrivate nel palazzo in Borgo Santi Apostoli, dove le due ragazze avevano un appartamento in affitto. Nella casa erano presenti quattro ragazze: le due studentesse (una del New Jersey e una del Maine, che erano arrivate a Firenze per studiare arte e design a inizio agosto) e le loro due coinquiline. Al momento dell’arrivo della polizia, scrive la Nazione, in casa era già arrivata anche un’interprete dell’università frequentata dalle ragazze. Le due studentesse erano state subito accompagnate in ospedale dove era scattato il “codice rosa” che prevede l’attivazione, in caso di violenza, non solo del personale socio-sanitario, ma anche del magistrato.

La Nazione dice che la prima studentessa a essere ascoltata in procura è stata la più grande, identificata sul giornale solo con un’iniziale: T. Dal verbale risulta che T. ha raccontato che lei e l’amica avevano passato la serata nel locale Flò e che avevano bevuto: l’alcoltest a cui erano state sottoposte prima delle 7 del mattino confermava il racconto. La studentessa ha poi detto di aver chiesto un aiuto per chiamare un taxi e che uno dei «numerosi poliziotti presenti» si era offerto di farlo al posto suo (quella stessa sera alla discoteca Flò erano intervenuti dei carabinieri per una rissa). All’uscita, il carabiniere che si era proposto di chiamare un taxi aveva però modificato l’offerta dicendo che avrebbe riaccompagnato a casa lui con un collega le due ragazze. L’auto, scrive la Nazione, è uscita dal parcheggio del Flò alle 2.49. Una volta arrivate T. ha raccontato che i due carabinieri («uno piuttosto giovane e con fisico atletico, l’altro sui 45-50 anni ed un po’ calvo») sono entrati nel palazzo. La sua amica, C., era entrata in ascensore con il conducente (e cioè Pietro Costa, 32 anni), mentre T. era salita per le scale. Dice sempre la Nazione: «T. aveva notato che nell’ascensore, l’amica si stava baciando. A quel punto, il carabiniere che era salito per le scale con lei (cioè Marco Camuffo) l’avrebbe spinta verso la finestra sul pianerottolo e le avrebbe abbassato i pantaloni. Terminato il rapporto, T. racconta di aver afferrato l’amica, nel frattempo uscita dall’ascensore, di essere entrata in casa e di aver chiuso la porta». C., la studentessa di 19 anni, ha raccontato cosa è successo a lei in ascensore. La Nazione scrive poi che C. «ha riferito anche di aver perso del sangue, circostanza che le era già accaduta in occasioni di rapporti intimi. C. non ha riconosciuto in foto il carabiniere che era con lei in ascensore, mentre ha riconosciuto l’altro».

La versione che hanno dato i due carabinieri in procura è invece diversa: hanno sostenuto di avere avuto un rapporto sessuale consensuale con le due ragazze, che non sembravano ubriache, e hanno negato che ci sia stata una violenza sessuale. Marco Camuffo, il carabiniere che ha seguito la ragazza per le scale, avrebbe detto, secondo la Nazione, che la ragazza «si era abbassata i pantaloni» e che al termine di quello che era stato secondo il suo punto di vista un atto sessuale, la studentessa gli aveva chiesto il suo numero di telefono. L’altro carabiniere, Pietro Costa, ha testimoniato di aver visto il collega «cercare di abbassare i pantaloni dell’altra ragazza». Ha poi detto che C. lo aveva invitato ad entrare in casa mentre l’altra ragazza aveva detto che non era possibile, che lui e C. erano entrati nell’ascensore, che che si erano baciati e avevano avuto un rapporto sessuale.