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  • Martedì 3 ottobre 2017

L’ISIS c’entra davvero qualcosa con Las Vegas?

La propaganda dello Stato Islamico dice con insistenza che l'attacco è stato condotto da un suo "soldato", ma non ci sono le prove

La facciata dell'hotel Mandalay Bay con le finestre rotte da Stephen Paddock per sparare sulla folla - Las Vegas, Nevada (MARK RALSTON/AFP/Getty Images)
La facciata dell'hotel Mandalay Bay con le finestre rotte da Stephen Paddock per sparare sulla folla - Las Vegas, Nevada (MARK RALSTON/AFP/Getty Images)

Nel pomeriggio di ieri lo Stato Islamico (o ISIS) ha rivendicato l’attacco di Las Vegas di domenica sera, dove un uomo (un sessantenne bianco, di origini statunitensi) ha sparato contro il pubblico di un concerto country dal 32esimo piano di un hotel, usando armi semiautomatiche, uccidendo almeno 59 persone e ferendone più di 500. È stata la più grave sparatoria di massa nella storia recente degli Stati Uniti, ma finora polizia ed FBI non hanno annunciato di avere trovato legami tra l’autore dell’attacco, Stephen Paddock, trovato morto nella sua stanza d’albergo, e organizzazioni o gruppi terroristici come lo Stato Islamico. In queste ore numerosi analisti ed esperti di jihadismo si sono quindi chiesti quanto sia credibile la rivendicazione, e se davvero Paddock si fosse convertito all’Islam prima della strage di Las Vegas.

L’ISIS ha pubblicato la propria rivendicazione tramite la sua “agenzia di stampa” Amaq, dicendo che l’attacco di Las Vegas è stato condotto da un “soldato dello Stato Islamico” in risposta alla richiesta di “colpire i paesi della coalizione” che lo stanno combattendo tra Iraq e Siria. Il testo, fa notare l’esperta analista Rukmini Callimachi del New York Times, è abbastanza sfumato e sembra più che altro alludere a una persona che si è ispirata autonomamente all’ideologia (“ha risposto agli inviti”) per sostenere la causa dell’ISIS. Il fatto che Paddock avesse 64 anni, fosse di origini statunitensi e residente da tempo vicino a Las Vegas sembra rendere meno probabile che avesse legami diretti con lo Stato Islamico, o che ne avesse sposato le idee, sulla base dei precedenti.

Gli esperti di terrorismo sono da tempo divisi tra chi sostiene che spesso lo Stato Islamico spacci per propri attentati che non gli appartengono – per farsi ulteriormente propaganda e dimostrare la propria forza – e chi ritiene che più banalmente Amaq e alcuni dei coordinatori dell’ISIS compiano talvolta errori nella rivendicazione degli attentati. Non avendo completamente sotto controllo i loro aderenti e invitando da sempre i propri “soldati” a prendere iniziative autonome, l’ISIS non riesce sempre a ricostruire chi abbia organizzato un attacco per suo conto. Negli ultimi mesi l’ISIS ha fatto diversi errori di questo tipo. A inizio giugno, per esempio, ha rivendicato un attacco in un resort a Manila nel quale non sembra però avere avuto responsabilità. Alcune settimane fa ha invece annunciato di essere responsabile per dell’esplosivo trovato all’aeroporto Charles De Gaulle di Parigi, anche in questo caso senza prove convincenti. Non si può quindi escludere che anche nel caso di Las Vegas siano state fatte valutazioni sbagliate o fraudolente da parte dello Stato Islamico, e che quindi Paddock non c’entrasse nulla con il terrorismo internazionale.

Le indagini su Joseph Paddock forniranno probabilmente nuovi elementi. Un’analisi del suo cellulare, per esempio, potrebbe rivelare se fosse iscritto ai canali Telegram solitamente utilizzati dallo Stato Islamico per la sua propaganda e per comunicare con i suoi affiliati. Ne esistono diverse centinaia e di solito chi condivide l’ideologia dell’ISIS ne segue a decine, per avere le ultime novità e per condividere i temi della propaganda.

Sempre nella giornata di ieri, da altri canali ISIS solitamente affidabili sono arrivate ulteriori rivendicazioni per i fatti di Las Vegas. In una di queste viene citato un certo Abu Abd El Bar, il nome di guerra del “soldato” che avrebbe compiuto l’attacco seguendo l’appello di Abu Bakr al Baghdadi, il leader dell’ISIS del quale è stata invece diffusa una registrazione audio la settimana scorsa che mostrerebbe il contrario. La propaganda ha proseguito con altri messaggi di rivendicazione, compreso un video celebrativo per i morti di Las Vegas. Tutte le principali “agenzie di stampa” dello Stato Islamico, dopo Amaq, hanno condiviso post e messaggi per il successo dell’attacco a Las Vegas: allo stesso tempo un simile massiccio uso della propaganda sarebbe nuovo per un attentato con cui l’ISIS non avrebbe avuto niente a che fare.

L’insistenza dell’ISIS sta interessando molto gli analisti proprio perché è insolita, soprattutto in una circostanza in cui non è ancora emersa la minima prova su legami tra Paddock e il jihadismo. Anche anagraficamente l’autore della strage sembra essere fuori dal classico target dell’ISIS, considerato che non ci sono notizie di affiliati identificati negli Stati Uniti che avessero più di 55 anni. Di solito lo Stato Islamico fa breccia con la sua propaganda e la sua ideologia tra gli adolescenti e i giovani adulti, mentre raramente interessa e coinvolge persone sopra i 60 anni come Paddock, soprattutto all’estero.

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