Che cos’è il riscatto gratuito della laurea?

È una misura a favore delle future pensioni dei giovani a cui il governo sta pensando, ma che non piace a tutti

(CNRLR/Linda di Mauro)
(CNRLR/Linda di Mauro)

Nell’ultimo mese si è parlato molto del “riscatto gratuito della laurea”, una proposta che servirebbe a permettere a chi è laureato di conteggiare gli anni degli studi universitari come se avesse lavorato e pagato regolarmente i contributi, permettendogli così di andare in pensione in anticipo oppure di andare in pensione con un assegno più ricco se decidesse di lavorare fino all’età pensionabile. È una proposta che il sottosegretario all’Economia Pier Paolo Baretta porta avanti dallo scorso aprile e che ultimamente è stata sostenuta sui social network da una campagna online con l’hashtag #riscattalaurea, coordinata dalla pagina Facebook “Coordinamento nazionale riscatto laurea“, che al momento ha quasi 20 mila mi piace.

Oggi Repubblica ha pubblicato un’intervista in cui Baretta spiega a che punto è arrivata la proposta. Al momento il riscatto dovrebbe valere per tutti nati tra il 1980 e il 2000 che oggi sono iscritti a un corso di laurea. Non varrà, quindi, per chi si è già laureato: rendere il riscatto retroattivo, ha spiegato Baretta, sarebbe troppo costoso. Ovviamente potrà ricevere il riscatto solo chi si è laureato senza andare fuori corso; si parla anche di permettere il riscatto anche a chi è andato fuori corso per cause di forza maggiore ma i dettagli, ha spiegato Baretta, non sono ancora stati decisi. La proposta è stata appoggiata anche dai Giovani Democratici, la sezione giovanile del PD. L’ipotesi, al momento, è inserire la possibilità di riscatto gratuito della laurea nella prossima legge di stabilità, che dovrebbe essere approvata entro la fine del 2017.

Anche oggi è possibile riscattare gli anni di laurea, ma la procedura è costosa (potenzialmente molto costosa). In sostanza nel momento in cui si fa richiesta del riscatto è necessario versare all’INPS i contributi per gli anni di laurea, come se si avesse lavorato. Il sistema con cui si calcola quanto bisogna versare è particolarmente complesso e dipende da molti fattori: il principale è lo stipendio percepito al momento della richiesta. In linea generale, quindi, più tardi si chiede il riscatto, più bisogna pagare. In alcune simulazioni presenti sulla pagina dell’INPS si fa l’esempio di un 27enne con un reddito di 22 mila euro annui e un anno di anzianità contributiva. In questa condizione, bisognerebbe pagare 29 mila euro per ottenere il riscatto. Un 40enne con 36 mila euro di reddito e undici di contributi dovrebbe invece versare circa 52 mila euro.

La proposta che sta portando avanti Baretta fa parte di una serie di nuove norme che il governo e il PD stanno studiando per aiutare i più giovani, una categoria che in Italia si trova in particolari difficoltà: il divario tra i più ricchi e i più poveri segue soprattutto l’età, con i più anziani a detenere la maggior parte della ricchezza, oltre che ricevere la maggior parte dei trasferimenti di risorse dallo Stato, mentre i giovani sono poveri, lavorativamente precari e poco aiutati dal welfare.

Alcuni però non sono d’accordo che questa sia effettivamente una soluzione vantaggiosa per i giovani. Luca de Vecchi, avvocato giuslavorista dello studio Baker McKenzie di Milano, ha elencato alcuni dei potenziali problemi sul sito Strade. Rendere gratuito per tutti il riscatto della laurea, per esempio, è una misura regressiva, cioè che non chiede o promette di più a chi ha più bisogno: sia che uno guadagni 25 mila euro sia che ne guadagni 50 mila, otterranno entrambi lo stesso vantaggio, cioè ricevere gratuitamente il riscatto degli anni di laurea.

Inoltre è una misura che avvantaggia i soli laureati, cioè una categoria di persone che sta relativamente meglio di altre; e otterrebbero maggiori vantaggi soprattutto chi ha studiato molti anni ma senza andare fuori corso, come i medici, che però godono già di carriere molto stabili e spesso ben remunerate. Infine, nota de Vecchi, l’intervento non ha costi per le generazioni attuali: la spesa per coprire i contributi gratuiti dovrà essere affrontata solo quando gli attuali laureandi andranno in pensione, cioè tra diversi decenni. In altre parole, il costo della misura sarà scaricato sulle generazioni future.