La sentenza Contrada riguarda Dell’Utri?

In parte sì, perché in entrambi i casi si parla della complicata questione del “concorso esterno in associazione mafiosa”, scrive Attilio Bolzoni su Repubblica

(LaPresse Torino/Marco Merlini)
(LaPresse Torino/Marco Merlini)

Il 7 luglio la Corte di Cassazione ha revocato la condanna a 10 anni per concorso esterno in associazione mafiosa a Bruno Contrada, ex capo della squadra mobile di Palermo e poi alto dirigente dei servizi segreti. Contrada era stato condannato in via definitiva nel 2007 a 10 anni di carcere per aver favorito la mafia siciliana tra la fine degli anni Settanta e gli anni Ottanta. La Cassazione ha deciso che Contrada non può essere punito perché il reato di cui veniva accusato – concorso esterno in associazione mafiosa – all’epoca «non era sufficientemente chiaro» nella legislazione italiana. Negli ultimi giorni si è parlato del fatto che la revoca della condanna di Contrada potrebbe portare a una simile sentenza anche per quanto riguarda Marcello Dell’Utri, uno dei fondatori di Forza Italia, che ha 73 anni e al momento si trova in carcere a Rebibbia. Ne ha scritto su Repubblica Attilio Bolzoni, parlando di quelle che per il momento sono solo ipotesi. Sono però ipotesi che si basano sul fatto che il reato di “concorso esterno in associazione mafiosa” è una questione molto complicata. Bisognerà aspettare che la Corte di Cassazione pubblichi le motivazioni della sentenza sul caso Contrada.

Il reato di “concorso esterno in associazione mafiosa” non esiste nel codice penale. Deriva infatti dalla “fusione” di due diversi reati: l’associazione per delinquere di tipo mafioso, articolo 416 bis, e l’articolo 110, che prevede il concorso di persone in altri reati. Per questa ragione, il suo utilizzo da parte dei magistrati anti-mafia è stato spesso discusso da numerosi giuristi. Come ha scritto Giovanni Bianconi sul Corriere della Sera, il «reato di concorso esterno in associazione mafiosa è diventato concretamente applicabile in Italia solo dopo il 5 ottobre 1994». Su Repubblica, Bolzoni ha spiegato che «i giudici della Cassazione hanno ritenuto provate le collusioni del braccio destro di Berlusconi [Dell’Utri] solo dal 1977 al 1992», quindi fino a due anni prima che il reato diventasse “concretamente applicabile”, per usare le parole di Bianconi.

Una sentenza tira l’altra, concorso esterno dopo concorso esterno. In teoria i presupposti ci sono, la possibilità — o il rischio, dipende dai punti di vista — c’è. Ed è tutta una questione di date. La cancellazione della condanna per un superpoliziotto come Bruno Contrada potrebbe annunciare la cancellazione della condanna per un senatore della Repubblica come Marcello Dell’Utri.

Troppo azzardato affermare fin da oggi che si stia andando verso la revisione di una stagione che ha segnato processi a imputati eccellenti, ma il verdetto sul numero 3 dei servizi segreti italiani al tempo delle stragi rappresenta sicuramente un precedente significativo. Un passaggio che potrebbe mettere in discussione la posizione di molti personaggi finiti nel gorgo del 110/416 bis, a cominciare dall’amico di Berlusconi che ha fondato Forza Italia e che sta scontando una pena di sette anni nel carcere di Rebibbia.

Con questo benedetto o maledetto concorso esterno non si sa mai, in ogni momento la sorpresa è in agguato, sempre molto travagliata la storia di quello che per molti è il “reato che non esiste”.
Non conosciamo naturalmente le motivazioni della sentenza della Cassazione su Bruno Contrada — arrestato alla vigilia del Natale di venticinque anni fa — ma da quel poco che è dato sapere sembrerebbe che ricalchi quella della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (Strasburgo, 14 aprile 2015) che ha sanzionato l’Italia per la condanna per concorso esterno in associazione mafiosa inflitta al superpolizotto. Per la Corte Europea non poteva subirla perché «all’epoca dei fatti, fra il 1979 e il 1988, quel reato non era sufficientemente chiaro» e l’imputato «non poteva conoscere nello specifico la pena in cui incorreva per la responsabilità penale che discendeva dagli atti compiuti ».

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