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  • Sabato 10 giugno 2017

Oggi si vota di nuovo anche in Francia

Guida alle elezioni legislative con cui il nuovo presidente Macron spera di ottenere la maggioranza in Parlamento

Manifesti elettorali a Marsiglia (AP Photo/Claude Paris)
Manifesti elettorali a Marsiglia (AP Photo/Claude Paris)

Domenica 11 giugno in Francia c’è il primo turno delle elezioni per rinnovare l’Assemblea Nazionale, la camera che dà la fiducia al governo, sede principale del potere legislativo composta da 577 deputati. Il secondo turno sarà il 18 giugno. Per il nuovo presidente della Repubblica Emmanuel Macron sarà un momento fondamentale: se si assicurerà una maggioranza assoluta (289 seggi) potrà evitare la cosiddetta “cohabitation”, cioè la situazione in cui maggioranza parlamentare e presidente appartengono a schieramenti diversi.

Nelle ultime tre elezioni (2002, 2007 e 2012) il risultato è stato “confermativo”: i risultati delle legislative hanno cioè seguito il risultato delle presidenziali del mese precedente, dando dunque al presidente eletto e al suo partito la maggioranza dei seggi anche in Parlamento. Questa volta, dicono i principali osservatori, le cose sono più incerte (nonostante i sondaggi dicano altrimenti) perché è profondamente cambiato il sistema politico su cui si regge il paese, come hanno dimostrato le presidenziali: il movimento di Emmanuel Macron è molto giovane (è nato appena un anno fa e non conta nessun eletto all’interno dell’attuale Assemblea) mentre i due principali partiti tradizionali francesi, Socialisti e Repubblicani, sono in crisi. Al primo turno delle presidenziali c’è stata un’estrema frammentazione dei voti. Dal primo turno delle presidenziali di un mese fa (vinto da Emmanuel Macron e Marine Le Pen) sono usciti quattro blocchi molto vicini come numero di voti: En Marche!, Front National, Repubblicani e France Insoumise di Jean-Luc Mélenchon. E questo inoltre col 40 per cento di astensione.

Il sistema di voto
La Francia è divisa in 577 collegi uninonimali, maggioritari, a doppio turno: undici circoscrizioni sono fuori dal territorio nazionale, cioè all’estero. In ogni collegio può vincere un solo candidato e può vincere al primo turno se ottiene il 50 per cento più uno dei voti espressi da almeno il 25 per cento degli elettori e delle elettrici iscritti alle liste. Contrariamente alle elezioni presidenziali, in questo caso il tasso di astensione è dunque determinante.

Il secondo turno si svolgerà in tutte quelle circoscrizioni che non avranno eletto un candidato al primo turno. Potranno verificarsi, al secondo turno, anche molti casi di “triangolari” (tre candidati qualificati) o di “quadrangolari”: potranno accedere al ballottaggio non i due candidati che hanno ottenuto i due migliori risultati al primo turno, ma tutti quei candidati che al primo turno hanno ottenuto almeno il 12,5 per cento dei voti degli iscritti nelle liste elettorali (non dei votanti): se avranno dunque ottenuto, tenendo conto dell’astensione stimata, circa il 20 per cento dei voti validi.

Nel 2007, con un’astensione del 40 per cento, fu necessario ottenere il sostegno di circa il 21 per cento dei votanti per accedere al terzo posto del secondo turno: quell’anno vi fu una sola elezione triangolare. Nel 2012, con il 42 per cento di astensione, vi furono 34 triangolari. Nel 2017 la situazione potrebbe essere molto diversa. Il quotidiano francese Le Monde ha calcolato che alle prossime legislative, in base ai risultati del primo turno delle presidenziali, ci potrebbero essere ben 82 triangolari. I seggi saranno aperti dalle 8 del mattino di domenica 11 giugno alle 18 del pomeriggio, ma in alcune grandi città saranno chiusi invece alle ore 20. I francesi all’estero (e che sono rappresentati da dei deputati solo dal 2012, dopo una modifica del sistema) hanno già votato il 3 e il 4 giugno. E sono già stati pubblicati i risultati.

I voti all’estero
I risultati nelle undici circoscrizioni fuori dal territorio francese sono già stati resi pubblici: i candidati del movimento di Macron (che dopo la sua elezione alla presidenza è stato rinominato “La République En Marche!”) sono arrivati primi in dieci circoscrizioni su undici.

L’affluenza è stata però molto bassa, pari cioè al 19,1 per cento, cosa che ha dunque limitato automaticamente il numero di candidati passati al secondo turno e che ha impedito a quelli che hanno ottenuto più della metà dei voti espressi di essere eletti al primo turno. Nessuno è stato dunque già eletto, nonostante in otto circoscrizioni su undici il candidato di La République en Marche! sia arrivato primo superando il 50 per cento dei voti. Attualmente i francesi che vivono fuori dalla Francia sono rappresentati da quattro deputati Repubblicani, quattro Socialisti, un ecologista e da due rappresentanti della sinistra.

Qualche numero
Dal 1997 l’astensione alle legislative è in constante aumento. Nel 2012 il numero delle persone che si erano astenute (pari al 44,6 per cento) era più di due volte superiore rispetto alle presidenziali. Questo indica una crescente mancanza di interesse per le legislative, spesso percepite come la continuità delle elezioni presidenziali.

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Oltre un terzo dei deputati uscenti ha deciso di non ricandidarsi. Le persone che si sono presentate e che sono state ammesse nelle liste dal ministero degli Interni francese sono 7.882, distribuite nelle 577 circoscrizioni: questo significa circa 14 candidati in media per circoscrizione (ma c’è una circoscrizione con 27 candidati e un’altra che ne ha solamente 3). La cifra dei candidati è significativamente superiore rispetto a quella del 2012.

Il Front National (FN) è il partito che ha il record di candidati ed è presente in 571 collegi, seguito dai 556 candidati della France Insoumise di Jean-Luc Mélenchon e dai 480 dei Repubblicani spesso alleati con l’Unione dei Democratici e degli Indipendenti (UDI, 148). Il movimento di Emmanuel Macron ha lasciato circa 70 collegi ai MoDem (loro alleati) e ha lasciato una cinquantina di collegi liberi, in cui spesso si sono comunque presentate persone considerate compatibili con Macron, per esempio due ministri dell’attuale governo: Bruno Le Maire, ministro repubblicano dell’Economia, e Ericka Bareigts, ministra socialista dei Territori di Oltremare. Nei loro collegi Macron ha deciso di non presentare alcun candidato iscritto a La République En Marche!. L’ex primo ministro Manuel Valls (che dopo aver perso le primarie del centro-sinistra aveva deciso di non appoggiare il vincitore, ma Macron) non si presenta come candidato di Macron, ma non avrà alcun concorrente di La République En Marche! nel collegio in cui si presenta.

Solamente due partiti hanno presentato più candidate che candidati: il Parti radical de gauche e La République En Marche!. Il Front National e MoDem hanno rispettato più o meno la parità, non l’hanno invece fatto la France Insoumise (48 per cento di donne), il Partito Socialista (44 per cento) e i Repubblicani (39 per cento), nonostante la legge preveda in questi casi delle sanzioni economiche. Le Monde ha dedicato un articolo per analizzare questa questione spiegando che comunque non ci sarà alcuna parità effettiva nella futura Assemblea Nazionale: e questo non solo perché alcuni partiti non l’hanno rispettata in partenza, ma anche perché quelli che l’hanno fatto, compresa La République En Marche!, hanno aggirato con la forma la sostanza, candidando le donne nei collegi meno competitivi, a loro più sfavorevoli e dunque più difficili da vincere (l’unico partito che ha scelto di rispettare la parità sostanziale nella distribuzione delle candidature, pur essendosi solo avvicinato alla parità formale, è la France Insoumise di Mélenchon). Il risultato è che la parità formale nelle candidature rischia di non tradursi in parità nel numero di eletti: «Le donne», conclude Le Monde, «sono sistematicamente più numerose là dove la candidatura è destinata al fallimento o quasi. Al contrario, sono molto meno rappresentate là dove i loro partiti politici hanno raggiunto i migliori risultati».

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Tra i candidati, la metà ha meno di 50 anni, l’altra metà ha più di 50 anni. La media è leggermente inferiore ai 48 anni. L’età media dei candidati del FN è di 47 anni e quella del movimento di Macron è di 46 anni. Quasi un candidato su cinque (19,35 per cento) appartiene alla categoria degli impiegati nella pubblica amministrazione e in quella delle professioni intellettuali e artistiche. Seguono i dirigenti d’azienda, (14 per cento del totale), i pensionati (13,6 per cento) e i professionisti (9 per cento). Ci sono pochi operai (1,75 per cento), pochi agricoltori (1,38 per cento) e pochi artigiani (1,1 per cento). La novità è che si sono candidati 267 studenti.

Cosa dicono i sondaggi
Non è semplice fare previsioni sull’esito del voto perché in questo caso non contano molto le intenzioni e i dati a livello nazionale, ma i sondaggi in ciascun collegio. Risulta complicato anche per il fatto gli schieramenti non sono sempre netti e chiari: alcuni candidati non sono del movimento di Macron, ma compatibili con Macron, altri ancora pur provenendo da aree politiche lontane hanno scritto sui loro manifesti elettorali “maggioranza presidenziale”.

I principali sondaggi possono solamente mostrare una tendenza generale e a livello nazionale dicono che il movimento di Macron, alleato con il partito di centro MoDem, è in vantaggio con percentuali che nelle ultime settimane vanno da un minimo del 28 per cento a un massimo del 31 per cento. Il secondo partito risulta Les Républicaines, seguito da FN, France Insoumise di Mélenchon e Partito Socialista.

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In base alle tendenze nazionali questa sarebbe la proiezione dei seggi e la composizione di un’ipotetica Assemblea Nazionale:

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