Come dissolvere la democrazia

Approvando questa legge elettorale, sostiene Angelo Panebianco sul Corriere della Sera

Silvio Berlusconi vota al referendum costituzionale del 4 dicembre 2016. (AP Photo/Gregorio Borgia)
Silvio Berlusconi vota al referendum costituzionale del 4 dicembre 2016. (AP Photo/Gregorio Borgia)

Il politologo ed editorialista Angelo Panebianco scrive oggi sul Corriere della Sera che la legge elettorale che il Parlamento si appresta a votare – quella che doveva essere un “sistema tedesco”, ma del “sistema tedesco” non ha più niente – porterebbe alla “dissoluzione della democrazia”, visto che fermerebbe l’alternanza tra partiti al governo e fomenterebbe la rabbia delle persone senza che esistano in giro partiti abbastanza solidi da resisterle. E molto di quello che sta succedendo, scrive Panebianco, non è colpa di Renzi bensì di Berlusconi.

Chissà se i deputati che fra non molto voteranno in Aula la legge elettorale soprannominata «il modello tedesco» (niente più latinorum?), avranno la consapevolezza di partecipare a una seduta storica? Potrebbe prendere il via un gioco di azioni e reazioni tale da provocare, in pochi anni, la dissoluzione della democrazia. I più superficiali dicono che siccome abbiamo vissuto di proporzionale per cinquant’anni, possiamo farlo per altri cinquanta. Peccato che manchino entrambe le condizioni che resero allora possibile la democrazia proporzionalistica. Mancano partiti politici forti e socialmente radicati e una collocazione internazionale resa ultra-stabile dalla Guerra fredda e dalla politica dei blocchi. Senza contare che nell’ultima parte di quel cinquantennio, in un periodo di pace, accumulammo un debito pubblico superiore a quello che si ritrovano certi Paesi al termine di guerre devastanti. Come ha detto Walter Veltroni nella bella intervista rilasciata a questo giornale il 2 giugno, con la proporzionale aumenterà la frammentazione e si rischierà l’instabilità totale. Inoltre, l’impossibilità dell’alternanza e gli accordi di governo fatti dopo le elezioni rafforzeranno l’ostilità che tanti italiani già nutrono per la democrazia rappresentativa.

Chi scrive non si è mai unito in passato al coro, sguaiato e tristo, degli antiberlusconiani viscerali, un tempo numerosissimi. Per questo ora posso permettermi di dire che le responsabilità di Berlusconi, in questa fase, sono gravi. Ha cominciato con il voltafaccia sul referendum costituzionale. Egli aveva anche buone ragioni nel suo contenzioso con Renzi. Ma il risultato è stato disastroso. Probabilmente il «sì» avrebbe perso ugualmente. Ma, forse, avrebbe perso di misura, non con un «cappotto» che ha messo per sempre la parola fine sulla possibilità di una riforma costituzionale. È davvero così soddisfatto Berlusconi di avere contribuito a rendere per sempre intoccabile la «Costituzione più bella del mondo»? Ha poi continuato sostenendo a spada tratta il sistema proporzionale (e fornendo così l’alibi più autorevole a un Parlamento composto da persone che non chiedono altro). Con il maggioritario avrebbe costretto la Lega a ridurre il tasso di estremismo. Soprattutto, centrosinistra e centrodestra avrebbero potuto ricostituire (come a Milano) un assetto bipolare, mettendo fuori gioco i 5Stelle. Se è la paura dei 5Stelle al governo che ha dettato l’agenda di Berlusconi, egli sappia che nulla meglio della proporzionale servirà a gettare il Paese in grembo a quel movimento. Ve ne accorgerete quando, dopo le elezioni, scoprirete che non ci sono maggioranze stabili possibili e che l’ingovernabilità gonfierà ulteriormente i consensi dei 5Stelle. La proporzionale non è in grado di fermare i partiti antisistema. Anzi, consentendo loro di non stringere alleanze preelettorali, esalta, agli occhi degli elettori, la loro purezza, la loro indisponibilità a compromessi. Non fu la proporzionale a fermare il Pci durante la cosiddetta Prima repubblica: fu la Guerra fredda.

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