Le code all'ingresso del Salone Internazionale del libro di Torino (LaPresse/Marco Alpozzi)

Il successo del Salone del Libro

È stato palese su ogni piano, e importante per segnare un grosso punto nella vivace contesa tra gli editori italiani

Finisce lunedì l’edizione 2017 del Salone del Libro, sulla quale c’era stata un’eccezionale attenzione del mondo legato all’editoria, in conseguenza delle traversie che il Salone – la più importante fiera dell’editoria italiana, con una lunga storia e una grande popolarità – aveva passato negli anni scorsi, con difficoltà economiche e accuse di scelte illecite nella gestione. Di queste difficoltà avevano cercato di approfittare i due più grandi gruppi editoriali del settore – Mondadori e GEMS – per costruire una fiera alternativa a Milano, dove hanno sede entrambe. Progetto che aveva portato a grosse tensioni e polemiche e nei fatti a una contrapposizione tra i due gruppi milanesi e altri editori più fedeli a Torino e diffidenti dei progetti milanesi: mentre la gran parte degli editori medi e piccoli era rimasta spiazzata a cercare di partecipare a entrambi gli eventi.

E benché i paragoni tra la fiera milanese – che si era tenuta il mese scorso tra difficoltà e incertezze da debutto – e quella di Torino siano impropri e impossibili su molti piani, di sicuro l’eccezionale successo di pubblico di questa edizione del Salone affidata a un nuovo gruppo guidato dallo scrittore Nicola Lagioia, ha sancito quali editori siano usciti vincitori dalla contesa all’interno della categoria: e che Mondadori e GEMS – che quest’anno non avevano per la prima volta i loro stand al Salone, con solo un piccolo punto vendita di Einaudi, editore molto torinese ma appartenente al gruppo Mondadori – si troveranno in difficoltà a proporre ancora la loro competizione nei confronti del Salone. Le foto delle lunghe file agli ingressi a Torino sono diventate un manifesto spettacolare di popolarità per una fiera che peraltro ha mantenuto tratti e modalità simili agli anni passati, proprio a sancire la capacità di sopravvivenza di quel modello.

Gli espositori a Torino si sono rallegrati già sabato dei risultati di molto superiori a quelli degli anni scorsi in termini di visite e di vendite: il Salone ha approfittato con grande efficienza dei proprio contributi pubblici, del sostegno della città intimorita da un’umiliazione su un fronte a lei caro, quello della cultura, di una politica di abbassamento dei prezzi per gli espositori, e alla fine persino dell’assenza di molti grandi editori dei due gruppi, che ha beneficiato in termini di spazi e vendite tutti i presenti (Sellerio, tra i più combattivi nella polemica, ha ingrandito e spostato il suo stand dalla posizione tradizionale che teneva da anni a quella più centrale di tutte in mezzo al padiglione 2).

Il risultato più alla lunga sarà quasi sicuramente – se ne sta già parlando – la sostituzione di Federico Motta, presidente dell’Associazione Italiana Editori, fautore dell’alternativa milanese di Tempo di Libri che molti editori accusano di aver fatto una scelta avventata e controproducente (da ieri gira il nome di Ricardo Franco Levi); ma anche una ridiscussione del progetto di Tempo di Libri, e soprattutto delle sue date così vicine a quelle del Salone, contestate quasi da tutti.

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