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  • Mercoledì 26 aprile 2017

Come mai si riparla di Berkeley

Molti studenti contestano l’arrivo di una giornalista di destra, e la tradizione libertaria dell’università è in discussione

di Perry Stein e William Wan – The Washington Post

Ann Coulter durante il Conservative Political Action Conference (CPAC), a Washington nel 2012 (Chip Somodevilla/Getty Images)
Ann Coulter durante il Conservative Political Action Conference (CPAC), a Washington nel 2012 (Chip Somodevilla/Getty Images)

Aggiornamento di giovedì 27 aprile
Ann Coulter ha cancellato il discorso che avrebbe dovuto tenere oggi, giovedì, alla University of California di Berkeley dopo aver rifiutato, qualche giorno fa, la proposta dell’università di spostarlo al 2 maggio per timori legati alla sua sicurezza personale. Ha spiegato le sue ragioni in una mail a Reuters dicendo che i gruppi conservatori che finora l’avevano appoggiata avevano cambiato idea e l’hanno lasciata sola. Coulter si riferisce in particolare agli organizzatori dell’evento, la Young America’s Foundation e il gruppo di studenti Repubblicani dell’Università, che martedì hanno di fatto chiesto di cancellare il discorso per non mettere a rischio la sicurezza degli studenti, pur criticando il clima di tensione che si era creato tra i gruppi di estrema destra e quelli di estrema sinistra, che si opponevano all’evento.

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L’opinionista di destra americana Ann Coulter ha rifiutato un’offerta della University of California di Berkeley, che le aveva proposto di parlare all’università il mese prossimo, ribadendo la sua intenzione di attenersi al piano iniziale e tenere il suo discorso questa settimana, dopo che l’evento era stato cancellato per timori sulla sicurezza. Il rifiuto di Coulter ha dato inizio all’ultimo scontro dopo giorni di contrasti, nei quali Berkeley aveva cancellato il discorso di Coulter per poi tornare sui suoi passi, proponendo però una data e una sede diverse rispetto a quelle concordate originariamente.

La vicenda spinge Berkeley – considerata tradizionalmente come un’oasi progressista – al centro delle lotte ideologiche tra la libertà di espressione nel campus dell’università e i movimenti di protesta, dopo ripetuti episodi di violenza avvenuti durante proteste e discorsi tenuti nell’università e altrove dall’elezione di Trump. Diverse manifestazioni all’interno e nei dintorni di Berkeley sono sfociate in scontri con violente risse e lanci di molotov, per esempio tra attivisti di sinistra e sostenitori di Trump, e tra anarchici con maschere nere e gruppi di militanti autoproclamati.

In una serie di tweet pubblicati giovedì sera Coulter ha criticato l’università, scrivendo che i responsabili di Berkeley stavano aggiungendo delle condizioni «gravose» all’accordo sul suo discorso. Coulter ha scritto di aver già speso dei soldi per tenere l’evento nella data prevista inizialmente, il 27 aprile, e di non essere disponibile invece il 2 maggio, la data alternativa proposta dall’università. Coulter ha anche sottolineato come il 2 maggio cada nel periodo di sospensione accademica che arriva prima degli esami finali, in cui non si tengono lezioni e nel campus ci sono meno studenti.

Coulter ha promesso che parlerà a Berkeley il 27 aprile, come previsto originariamente, a prescindere dal fatto che l’università approvi la data o meno. Nel frattempo, intorno alla vicenda ha iniziato a definirsi una possibile battaglia legale. Giovedì un avvocato del gruppo dei Repubblicani di Berkeley, che aveva invitato Coulter, ha mandato una lettera all’università minacciando di «rivolgersi a un tribunale federale» nel caso in cui l’università impedisse a Coulter di tenere il suo discorso il 27 aprile.

Berkeley – nota da decenni per essere un baluardo della libertà di espressione – è diventata un terreno di scontro ideologico e fisico, in cui persino la proposta di portare nel campus un’oratrice polarizzante pone un dilemma lancinante. Ora l’università – famosa per essere il posto in cui negli anni Sessanta nacque il Free Speech Movement – è costretta a mettere sulla bilancia da una parte i valori della libertà di espressione di cui storicamente è promotrice, e dall’altra la sicurezza dei suoi studenti. Da settimane gli attivisti più radicali e spesso violenti di estrema destra ed estrema sinistra si stanno riversando nella città per risolvere le loro divergenze con la forza. «Sembriamo la O.K. Corral [una celebre sparatoria avvenuta in Arizona nel 1861] degli Hatfield e dei McCoys [due famiglie americane coinvolte in una famosa e violenta faida nella seconda metà dell’Ottocento] della destra e della sinistra», ha detto Dan Mogulof, vicecancelliere per gli affari pubblici dell’università, «siamo il posto dove avvengono queste rese dei conti».

Per molti esponenti dell’estrema destra queste “rese dei conti” sono una strategia riuscita: programmare un evento controverso nel campus universitario o in città, aspettare che l’indignazione dei progressisti e le minacce di violenze crescano e, quando viene cancellato l’evento, evidenziare l’ipocrisia e l’oppressione della libertà di espressione. Da quando a febbraio un evento che prevedeva la presenza del provocatore di destra Milo Yiannopoulos, all’epoca importante redattore del controverso sito di estrema destra Breitbart News, attirò grandi disordini, Berkeley è diventata il principale bersaglio. «Se dicessi che tra quarantotto ore sarò nel centro del campus di Berkeley, quanto tempo pensate ci vorrebbe prima che si presentino 100 comunisti per cercare di uccidermi?», ha detto Richard Spencer, l’autoproclamato capo dei nazionalisti bianchi americani e uno dei fondatori dell’alt-right, un movimento di estrema destra che ambisce a un stato composto esclusivamente da bianchi e i cui membri sono noti per appoggiare punti di vista razzisti, antisemiti e sessisti. «Berkeley è il quartier generale della sinistra; non è solamente la sede della sinistra accademica, ma anche di quella attivista. È questo che la rende una tribuna».

Recentemente lo stesso Spencer è stato coinvolto in una polemica dopo che l’Auburn University dell’Alabama ha cancellato un discorso che avrebbe dovuto tenere all’università. Dopo che un giudice federale aveva disposto lo svolgimento dell’evento, all’esterno del luogo in cui parlava Spencer c’è stata una rissa che ha portato all’arresto di tre persone. Spencer l’ha definita una «vittoria assoluta». L’elezione di Trump ha modificato un aspetto fondamentale nella guerra tra l’estrema destra e l’estrema sinistra americane, ha detto Spencer. Per anni la battaglia tra i due schieramenti è stata confinata perlopiù a internet e a social network come Twitter. «Ora è una battaglia per uno spazio fisico», ha aggiunto Spencer. «Ho il diritto di parlare? Posso parlare in questo posto?».

Essere uno studente di destra in un campus universitario pubblico e progressista nella Bay Area [l’area metropolitana che si sviluppa intorno alla Baia di San Francisco] è storicamente una cosa complicata. Ma Berkeley nel 2017 sembra avere un atteggiamento apertamente ostile nei confronti dei gruppi Repubblicani, dicono alcuni attivisti di destra. I compagni di corso ti sputano addosso e fanno gesti osceni. I tuoi cartelli vengono strappati. L’etichetta di “razzista” ti segue ovunque tu vada. E adesso, quando degli studenti Repubblicani vogliono invitare una persona importante a parlare nel campus nell’ambito di un libero scambio di idee, hanno paura che l’università cancelli l’evento per via delle possibili violenze.

Il primo importante episodio di violenza recente a Berkeley risale al primo febbraio, quando dei manifestanti antifascisti hanno sfondato delle finestre, dato fuoco a delle proprietà e lanciato oggetti contro la polizia per protestare contro Yiannopoulos. Gli scontri hanno portato i responsabili di Berkeley a cancellare l’evento, spingendo Trump a minacciare su Twitter di tagliare i finanziamenti all’università nel caso in cui avesse ostacolato la libertà d’espressione. La cancellazione dell’evento di Yiannopoulos ha galvanizzato ulteriormente gli attivisti di estrema destra, che hanno considerato la vicenda come una chiamata alle armi e come prova del fatto che negli Stati Uniti le persone di destra sono oggetto di oppressione.

«Volevo sapere di non essere l’unica persona indignata per quello che era successo. Sapevo che dovevamo tornare a Berkeley», ha raccontato Rich Black, un 26enne libertario di Los Angeles, che ha fondato la Liberty Revival Alliance, con l’obiettivo preciso di organizzare un numero maggiore di eventi di destra e pro-Trump a Berkeley, sfidando le associazioni di progressisti a cancellarli. Black sta raggiungendo il suo scopo a Berkeley. Mentre in tutti gli Stati Uniti il 4 marzo e il 15 aprile ci sono state manifestazioni a favore e contro Trump, i raduni di Black a Berkeley hanno ottenuto una cosa che è mancata a tutti le altre manifestazioni: scontri violenti e il racconto mozzafiato da parte dei notiziari via cavo americani. Alla sua ultima manifestazione sono state ferite una dozzina di persone, mentre una ventina è stata arrestata dopo dei violenti scontri tra attivisti in una popolare piazza di Berkeley. Black, che di giorno si occupa della stesura di richieste di finanziamento, ha raccontato che il suo obiettivo è mettere a nudo l’ipocrisia della sinistra sul tema della libertà di espressione e combattere – fisicamente, se necessario – per il diritto dei conservatori di dire ciò che vogliono. «Se una città non è di sinistra o radicalmente progressista, allora che senso ha andarci da persona di destra?», ha detto Black, «un posto come Berkeley è una fabbrica di indottrinamento per la sinistra. Per i diritti delle persone di destra come me è il canarino nella miniera».

Il sindaco 32enne di Berkeley Jesse Arreguin – che ha partecipato ai movimenti Occupy e Black Live Matter – ha detto di volere garantire che tutte le opinioni possano essere espresse nella sua città, ma che non tollererà la violenza in nome della libertà di espressione. «Quello che sta succedendo è che dei gruppi esterni hanno deciso di fare di Berkeley un esempio, sfidando il nostro impegno per la libertà di espressione», ha detto Arreguin, «Berkeley è diventata un punto di convergenza di questi due schieramenti, ed è una situazione molto difficile».

La sola presenza di attivisti di estrema destra – dai suprematisti bianchi a militanti e gruppi anti-immigrati – ha infiammato l’estrema sinistra di Berkeley, che si è convinta di dover reagire in modo più duro, anche con la forza se necessario, per contrastare tutti quelli che vengono giudicati come fascisti. Queste persone non considerano le recenti manifestazioni di destra come esempi di libertà di espressione, ma piuttosto come subdoli tentativi di colpire i progressisti in una delle loro roccaforti. Yvette Felarca, una professoressa delle medie di Oakland, è la responsabile della sede regionale di By Any Means Necessary (BAMN), un gruppo di militanti di estrema sinistra che negli ultimi mesi è finito al centro di diversi scontri violenti. Il nome del gruppo è ispirato a un passaggio di un famoso discorso di Malcolm X. BAMN e gli anarchici della regione, conosciuti anche come antifascisti, hanno organizzato la maggior parte delle contro-manifestazioni contro oratori e manifestanti di destra che sono arrivati nella zona. Felarca, una donna minuta di 47 anni, ha mostrato le cicatrici delle manifestazioni passate e ha raccontato di essere stata picchiata durante dei recenti scontri a Berkeley. Ha detto di essere orgogliosa del fatto che dei manifestanti di sinistra come lei siano riusciti a impedire che Yiannopoulos tenesse un discorso all’università, anche se è stata necessaria la violenza.

Gli anarchici che cercano di ostacolare le manifestazioni di destra adottano le “tattiche dei Black Bloc”, indossando vestiti e maschere nere per celare la loro identità. Mentre distruggono proprietà e ricorrono alla violenza agiscono come un gruppo coeso. Felarca ha detto che ad aver istigato la violenza fisica sono stati i gruppi di estrema destra, che invece sostengono il contrario. Secondo Felarca, però, quando una persona promuove il fascismo non è più una questione di libertà di espressione. «Fermare i fascisti in Germania sarebbe stato possibile se fosse stato fatto quando erano ancora un gruppo piccolo», ha detto.

Molti residenti ed ex alunni di Berkeley sono rimasti sconvolti dalle violenze, ma c’è chi è ancora più preoccupato dal fatto che gli scontri siano diventati un dibattito sulla libertà di espressione, una questione che tocca la città nel profondo. Queste persone sottolineano che Berkeley è il posto in cui negli anni Sessanta gli studenti rischiavano di essere sospesi, espulsi o addirittura di finire in prigione per conquistare il diritto di dire quello che volevano nel campus. «Anche all’apice della lotta per la libertà di espressione non c’è mai stata la violenza che c’è oggi», ha detto lo storico 61enne Robert Cohen, che quando era uno studente universitario partecipò alla proteste contro l’apartheid, dedicando poi la sua carriera accademica a raccontare il Free Speech Movement degli anni Sessanta e Settanta. «È una cosa triste e non sono d’accordo con il fatto che l’università cancelli questi eventi. Ma quello che stanno facendo i Repubblicani dell’università, invitando a parlare questi seminatori d’odio, non riguarda la libertà di espressione. È un trucco. Stanno solo provocando la sinistra. Ma fanno dei danni reali».

Cohen ha raccontato di un discorso fatto dal leader degli studenti Mario Savio nel dicembre 1964, il giorno dopo quello in cui gli studenti ottennero il diritto di dire quello che volevano nel campus. Quel giorno, ha sottolineato Cohen, Savio incoraggiò gli studenti a riconoscere quanto fosse prezioso quel diritto e a capire che derivavano anche delle responsabilità. Altrimenti, disse Savio, avrebbe potuto «portare disonore sulla nostra università». «È questa la cosa che trovo così dolorosa e irrispettosa oggi», ha detto Cohen, «per il diritto che alcune di queste persone stanno invocando in questa orribile lotta, ci furono studenti di Berkeley che rischiarono la carriera e che erano disposti ad andare in prigione».

© 2017 – The Washington Post