I videogiochi non causano dipendenza

Lo hanno scritto due psicologi sul New York Times, basandosi sul buon senso e su un nuovo studio molto ampio

(Imaginechina via AP Images)
(Imaginechina via AP Images)

In un articolo uscito sul New York Times, due psicologi americani sostengono che la “dipendenza da videogiochi” non esista. Secondo Christopher J. Ferguson, che insegna psicologia all’università di Stetson University, e Patrick Markey, che insegna all’università di Villanova, non ci sono prove per sostenere la tesi della dipendenza e, in ogni caso, giocare molto ai videogiochi non causa problemi paragonabili a quelli dell’abuso di alcol e droghe.

La dipendenza da videogiochi non è una malattia riconosciuta dalla comunità scientifica, anche se molti opinionisti e associazioni di genitori lamentano, in tutto il mondo i presunti danni causati dal loro uso eccessivo. Questi gruppi sono sostenuti da diversi esperti e scienziati che, con toni meno apocalittici, ritengono che ci sia qualcosa di vero nel paragone tra videogiochi e abuso di alcol e droghe. L’American Psychiatric Association, per esempio, dice che il “disturbo da gioco su internet” potrebbe essere una malattia psichiatrica, mentre l’Organizzazione mondiale della sanità ha proposto di includere la “dipendenza da videogiochi” nel suo manuale di disturbi mentali.

Secondo Ferguson e Markey, invece, l’analogia con le droghe è completamente sbagliata e non porta nulla di buono. Prima di tutto è sbagliata dal punto di vista neuroscientifico. I critici dei videogiochi sostengono che giocare al computer e assumere droghe produce effetti nella stessa parte del cervello. Il problema, sostengono i due psicologi, è che quelle stesse aree «vengono coinvolte in qualsiasi altra attività piacevole: nel sesso, in una buona conversazione, in una cena, leggendo un libro o facendo uso di metanfetamine». La differenza sta nella quantità di dopamina, il neurotrasmettitore che attiva queste aree del cervello, che viene rilasciata in ciascuna di queste attività. Giocare al computer o guardare un video divertente su internet rilascia la stessa quantità di dopamina che procura mangiare una fetta di pizza. Utilizzare droghe, invece, rilascia quantità anche dieci volte superiori.

Anche per quanto riguarda i sintomi, scrivono Ferguson e Markey, è difficile trovare le prove che i videogiochi causino dipendenza. In uno studio da poco pubblicato sull’American Journal of Psychiatry e che ha coinvolto quasi 19 mila soggetti, gli autori sostengono che soltanto l’1 per cento dei giocatori mostra segnali di quella che “potrebbe” essere definita dipendenza, e che in ogni caso i videogiochi causano meno dipendenza del gioco d’azzardo. Lo studio, inoltre, indica come quasi nessuno dei giocatori abbia i tipici segnali negativi che di solito vengono associati con la dipendenza. Secondo i dati raccolti nello studio «la salute mentale, fisica, e sociale di questi potenziali “dipendenti da videogiochi” non è diversa da quella delle altre persone».

Secondo i due psicologi, parlando di dipendenza da videogiochi senza prove si rischia di rendere “patologico” un comportamento che sembra in effetti relativamente normale: «Consideriamo una normale domanda che viene fatta per aiutare a identificare una dipendenza, come per esempio “Faccio sempre X per rilassarmi dopo una dura giornata”. Se X è “metanfetamina”, è una scelta preoccupante che probabilmente indica una dipendenza. Ma se X è “giocare ai videogiochi”, per quale motivo dovremmo considerarla una risposta diversa da lavorare a maglia, guardare lo sport o giocare a bridge?».

Ferguson e Markey ammettono che nuove tecnologie possono causare nuovi problemi, ma sostengono anche la soluzione non può essere tornare agli anni Cinquanta, «quando la gente non era ancora così legata alla tecnologie ed era libera di godere dei semplici piacere della vita, come salire sugli alberi e giocare a campana, ammalarsi di poliomielite e fare la coda allo sportello per controllare il proprio conto in banca». La “dipendenza” dalle nuove tecnologie, scrivono, non è causata da altro se non dal fatto che le stesse nuove tecnologie sono molto utili, in alcuni casi, o semplicemente divertenti in molti altri.