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  • Mercoledì 22 febbraio 2017

L’emendamento contro gli autobus low cost

È stato inserito nel decreto "milleproroghe" e serve a bloccare i servizi come FlixBus, che permettono di fare lunghi viaggi spendendo pochi euro

(Julian Stratenschulte/picture-alliance/dpa/AP Images)
(Julian Stratenschulte/picture-alliance/dpa/AP Images)

Aggiornamento di giovedì 23 febbraio: il governo si è impegnato formalmente il governo si è impegnato formalmente ad abolire, con una successiva norma, l’emendamento del “milleproroghe” che impedirebbe alle compagnie di autobus low cost come Flixbus e Megabus di operare in Italia.

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Un emendamento contenuto nel decreto cosiddetto “milleproroghe”, una legge che si approva ogni anno e che contiene un po’ di tutto, rischia di bloccare il settore degli autobus low cost, un servizio arrivato in Italia da qualche anno e che permette di viaggiare per lunghe tratte spendendo pochissimo. I due principali operatori di autobus low cost in Italia sono FlixBus e Megabus (oggi controllata da FlixBus), che hanno tariffe tra Roma e Milano che partono da una decina di euro.

Il servizio di trasporto via autobus è stato liberalizzato da diversi anni e oggi non si svolge più in regime di concessione pubblica: è sufficiente ottenere un’autorizzazione da parte del ministero dei Trasporti. L’emendamento inserito nel milleproroghe stabilisce che le autorizzazioni possono essere concesse soltanto alle imprese che come principale attività svolgono il servizio di trasporto su strada. FlixBus è una piattaforma online che non possiede autobus e noleggia quelli utilizzati nel trasporto, utilizzando fornitori esterni: quindi la società viene di fatto esclusa dalla possibilità di ricevere le autorizzazioni.

Michele De Vitis ha spiegato su Strade che l’emendamento è stato proposto dai senatori Lucio Tarquinio, Francesco Bruni, Luigi Perrone e Luigi D’Ambrosio Lettieri, tutti pugliesi e tutti iscritti al gruppo Conservatori e Riformisti, un gruppo di fuoriusciti da Forza Italia guidato dall’ex presidente della Puglia Raffaele Fitto. Secondo De Vitis l’emendamento sarebbe un favore dei quattro senatori alla famiglia Vinella, che controlla alcune importanti società di autobus pugliesi che sarebbero state danneggiate dalla concorrenza di FlixBus.

L’emendamento è stato approvato in commissione dopo essere stato modificato per cinque volte: un segno, scrive Repubblica, che c’è stata discussione su come formularlo esattamente. La versione finale è stata comunque approvata dalla maggioranza dei senatori in commissione e ha ricevuto parere positivo dal ministero dei Trasporti. A questo punto non è chiaro se la norma sarà modificata nelle prossime settimane: il milleproroghe sarà votato domani con la fiducia, quindi la legge non può più essere modificata. È possibile approvare una nuova legge che modifichi i termini dell’emendamento, ovviamente, ma rischia di essere un processo lungo e macchinoso.

Inoltre, visto il parere favorevole dato dal ministero e il voto degli esponenti della maggioranza in commissione (che hanno permesso all’emendamento di passare), non è chiaro se ci sia la volontà politica per farlo. FlixBus adesso ha 90 giorni per adeguarsi alla nuova norma, che significa acquistare direttamente autobus in Italia e rinunciare al suo modello di business. Giovedì, la Camera ha approvato un ordine del giorno, proposto dal deputato PD Sergio Boccadutri, che impegna il governo a rivedere il comma introdotto dal milleproroghe. L’ordine del giorno non è vincolante, ma mostra che ci sono forze nella maggioranza favorevoli a una modifica della legge.

FlixBus opera in Italia da circa un anno e mezzo, collega 120 città e ha trasportato circa tre milioni di viaggiatori. La società è stata fondata in Germania nel 2011 da tre persone poco più che trentenni (la stessa età di Andrea Incondi, manager per l’Italia). Oggi è diffuso in 20 paesi e raggiunge circa 900 città diverse. Incondi ha detto che Flixbus opera «all’interno di una normativa ben definita del ministero dei Trasporti e abbiamo ricevuto l’autorizzazione anche dell’Antitrust» e che l’emendamento approvato è un «blitz contro la concorrenza».