• Mondo
  • Mercoledì 1 febbraio 2017

Marine Le Pen deve dei soldi all’Europa

È scaduto il termine entro il quale la leader del Front National doveva restituire 300.000 euro: ora rischia che le taglino lo stipendio

Marine Le Pen (AP Photo/Michel Euler)
Marine Le Pen (AP Photo/Michel Euler)

Marine Le Pen – europarlamentare francese, leader del Front National e candidata alla presidenza della Francia alle elezioni del prossimo aprile – ha deciso di ribellarsi al Parlamento europeo e non versare i soldi che le erano stati chiesti a titolo di rimborso per uso improprio delle risorse dell’Unione. Le Pen è accusata di aver assunto una persona per occuparsi della sua attività da europarlamentare, mentre quella persona in realtà faceva dell’altro. La cifra del rimborso è pari a circa 300 mila euro e doveva essere restituita entro la sera di martedì 31 gennaio. Dato che i termini sono scaduti, scrive Le Monde citando una fonte parlamentare, Le Pen rischia da oggi il taglio della metà del suo stipendio e delle indennità giornaliere. Le Pen ha ricevuto nel frattempo anche una seconda lettera di sollecito per il rimborso di circa 40 mila euro concessi dall’Unione Europea sempre per un lavoro da assistente parlamentare, ma impiegati dalla presidente del FN per pagare la sua guardia del corpo: la scadenza di questo secondo rimborso è prevista per febbraio.

La storia risale al 2016: le persone coinvolte sono Catherine Griset e Thierry Légier. Entrambe avevano sottoscritto due contratti con il Parlamento Europeo, nell’ambito dei benefit di cui godono gli europarlamentari. Griset era stata stipendiata dal 2010 ai primi mesi del 2016 in qualità di “assistente accreditata”, cioè di supporto al lavoro da europarlamentare di Le Pen. Nello stesso momento Griset era anche segretaria della presidenza del Front National e capo dello staff di Le Pen: aveva anche un ufficio presso la sede della campagna presidenziale di Le Pen di Parigi. Thierry Légier, storica guardia del corpo di Le Pen e di suo padre Jean-Marie, venne pagato dal Parlamento Europeo come “assistente locale” per alcuni mesi. L’incarico prevede di «assistere il deputato nel suo Stato membro di elezione»: un compito difficilmente compatibile con il lavoro da guardia del corpo, che in teoria prevede che segua Le Pen un po’ ovunque.

L’accusa a Le Pen è stata segnalata al Parlamento dalla OLAF, l’authority anticorruzione della Commissione Europea che indaga sprechi e truffe all’interno degli organi europei. Il Parlamento è stato informato delle accuse a Le Pen in agosto e gliele ha notificate in due occasioni. Lo scorso 15 dicembre la procura di Parigi aveva aperto anche un’inchiesta per abuso, occultamento, frode organizzata e falsificazione. Le Pen ha a sua volta presentato una denuncia alla procura di Bruxelles accusando Klaus Welle, segretario generale del parlamento, e la direttrice della OLAF. L’avvocato di Le Pen, Marcel Ceccaldi ha accusato il Parlamento e l’OLAF di collusione e ha detto che se sarà necessario presenterà ricorso presso la Corte di giustizia europea.

Martedì 31 gennaio Le Pen ha dichiarato a Reuters di non volersi «sottomettere a una persecuzione, a questa decisione unilaterale presa dagli avversari politici con esecuzione provvisoria in violazione dello stato di diritto, dei diritti della difesa, senza prove e senza aspettare che la giustizia, a cui mi sono rivolta, prenda una decisione nel merito». Altri tre eurodeputati eletti nel 2014 con il Front National dal settembre del 2016 ricevono solo la metà del loro stipendio mensile: Sophie Montel, Dominique Bilde e Mylène Troszczynski. Alla prima sono stati chiesti rimborsi per circa 77 mila euro, al secondo circa 40 mila e alla terza poco più di 56 mila.