The Verge – apprezzato sito di tecnologia e cultura pop – ha compilato, come ogni anno, una classifica dei migliori videogiochi degli ultimi 12 mesi. The Verge ha anche spiegato che quest’anno è stata particolarmente dura: «Facciamo fatica a ricordare 12 mesi così pieni, con così tanti ottimi videogiochi. Sviluppatori indipendenti, studi di videogiochi blockbuster, pensatori di realtà virtuale e creatori che sfuggono a queste definizioni: ogni angolo dell’industria dei videogiochi ha contribuito a quello che è stato uno dei più strani, vari e migliori anni della breve storia dei videogiochi».
Nella classifica di The Verge ci sono videogiochi per PC, per Xbox e PlayStation, ma anche un gioco a cui ha giocato praticamente chiunque, fosse anche solo per curiosità. E c’è pure No Man’s Sky: un gioco che è stato attesissimo per anni e quando finalmente è uscito è stato criticato perché molto noioso. Secondo la redazione di The Verge il gioco ha comunque dei grandi meriti oggettivi, perché ha portato un po’ più avanti il concetto di cosa possa essere e di come possa funzionare un videogioco moderno. Tra quelli che hanno deciso di andare avanti togliendo, anziché aggiungendo cose, c’è invece Superhot, uno sparatutto minimale.
Stardew Valley
(Microsoft, Apple, Linux, PlayStation 4, Xbox One)
È un videogioco indipendente uscito a febbraio per i PC Windows e da qualche giorno disponibile anche su PlayStation. Ha avuto ottime recensioni su tutti i principali siti e magazine di videogiochi (quasi sempre intorno a 9/10) e ha guadagnato molti più soldi di quelli attesi. In realtà è un gioco molto semplice nelle premesse ed essenziale nella grafica: bisogna prendere in mano una fattoria malmessa e cercare di farla fruttare al meglio. Come Farmville, nelle premesse: ma molto più dettagliato, ricco, elegante e piacevole. Il paragone migliore è Harvest Moon: un “simulatore di vita agreste” di fine anni Novanta, per Super Nintendo. Harvest Moon ha poi avuto tantissime espansioni e adattamenti a diverse piattaforme di gioco. Stardew Valley si è ispirato ai concetti di quel gioco, senza copiarli troppo ma rendendoli migliori e più adatti al 2016.
Forza Horizon 3
(Windows, Xbox One)
È un videogioco di macchine open world, cioè in cui ci si può muovere liberamente in uno spazio piuttosto grande. È ambientato in Australia e c’è la possibilità di guidare diverse centinaia di auto. Il gioco è pieno di obiettivi, missioni, possibili competizioni con altre auto, anche in multiplayer. Secondo The Verge la cosa più bella è però guidare senza meta per questa graficamente eccellente versione dell’Australia.
Superhot
Windows, Apple, Linux Xbox One
Per continuare a usare le parole di quello che se ne intendono, questo è un FPS, cioè un First Person Shooter, uno sparatutto in prima persona. Insomma quei giochi in cui si vede solo l’inquadratura della mano che impugna un’arma. A quelli di The Verge – e alla gran parte di quelli che ci hanno giocato – è piaciuto tantissimo. Il design è minimale: un contesto tutto bianco in cui si muovono uomini tutti rossi. La giocabilità è altissima: si fa fatica a smettere e The Verge ha scritto che dopo un po’ ci si sente come Neo in Matrix. Il minimalismo grafico contribuisce anche a rendere il gioco più vivace, essenziale e coinvolgente, perché elimina ogni superflua distrazione dal muoversi e sparare. The Verge spiega anche che Superhot meriterebbe però due posti in questa lista, perché a dicembre ne è uscita una versione per Oculus Rift, il visore per la realtà virtuale. «In breve: è il miglior gioco in realtà virtuale uscito finora».
No Man’s Sky
È il più ambizioso videogioco open world che sia mai stato fatto: fornisce infatti la possibilità di esplorare un universo tecnicamente infinito, composto da più di 18 miliardi di miliardi di pianeti, ognuno con i suoi paesaggi, le sue leggi e le sue creature (e alcuni senza quasi nulla dentro, a dire il vero). Si può giocare online ma l’universo è così grande che le probabilità di incontrare altri giocatori sono minime. No Man’s Sky non ha nemmeno un vero obiettivo, diverso dal vagare – cercando di raggiungere il centro di quell’Universo – e ottenere risorse di vario tipo: trovandole, scambiandole o ottenendole combattendo. Sul Post abbiamo seguito con passione l’attesa e la delusione successiva all’uscita, dovuta al fatto che certi pianeti e certe creature – sono tutti creati da un algoritmo, non disegnati dai programmatori – erano scadenti e, di nuovo, il gioco in fin dei conti piuttosto noioso. The Verge ha scritto però che il gioco ha il grande merito di «farci sentire piccolissimi» e che «il senso di scoperta che sa regalare è introvabile altrove».
Pokémon Go
(iOS, Android, gli smartphone di quasi tutti almeno per due settimane)
Quando tra qualche anno penseremo al 2016 ci sono buone possibilità che Pokémon Go sia tra le cinque-sei cose che ricorderemo. E visto che alcune delle altre non sono particolarmente piacevoli, bene così. Pokémon Go, lo sapete, è il gioco per smartphone che permetteva di combinare la geolocalizzazione e la realtà aumentata per andare in giro a catturare Pokémon, dando nuovo senso alla parola “palestra” e rivoluzionando per qualche settimana il concetto di “vado a farmi una passeggiata”. Come tutte le mode troppo grandi per durare, Pokémon Go è ormai quasi dimenticato, ma Adi Robertson di The Verge ha scritto: «È stato uno dei più interessanti esperimenti di gioco dell’anno: non rimpiango nemmeno uno dei tanti minuti che ci ho dedicato».
Dishonored 2
(Windows, PlayStation 4, Xbox One)
È un videogioco d’avventura, il seguito di un buon gioco “dark fantasy” (come il fantasy, ma con un po’ di cose horror) uscito nel 2012. The Verge ha scritto che Dishonored 2 «non è il classico attesissimo seguito di un gioco di culto e non è nemmeno una chicca indipendente» ma è comunque un gioco maturo, solido, divertente da giocare. Gli sviluppatori hanno preso il primo gioco e l’hanno migliorato sotto ogni aspetto possibile, mantenendone però lo spirito di base. Secondo The Verge un altro suo grande merito sta nel rendere omaggio ai classici degli anni Novanta senza però essere appesantito da un’eccessiva zavorra di nostalgia.
Firewatch
(Windows, Apple, Linux, PlayStation 4)
È un videogioco d’avventura in prima persona ambientato nel parco nazionale di Yellowstone. Oltre ad avere il merito di poter essere riassunto senza dover usare parole inglesi o termini tecnici, è stato apprezzato soprattutto per la storia che racconta: c’è Henry, «un uomo qualunque con un brutto passato», che finisce per fare il guardaboschi nel parco in un’area piuttosto isolata. Attorno a lui iniziano però a succedere cose strane. Henry prova quindi a capire cosa sta succedendo e l’unica persona con cui comunica è il suo supervisore – Deliah – con la quale parla tramite un walkie-talkie. The Verge ha apprezzato soprattutto i personaggi di Henry e Deliah, il loro essere imperfetti e anche piuttosto tristi. Anche la storia, guidata dalle scelte fatte via via, è interessante. Nonostante sia un “videogioco d’avventura” bisogna mettere in conto ritmi lenti, da thriller psicologico o film drammatico, non da filmone blockbuster d’avventura.
Final Fantasy XV
(Play Station 4, Xbox One)
È il più recente capitolo di una delle più lunge e famose saghe di videogiochi, e The Verge ha scritto che è «uno dei più strani, difficili e complicati videogiochi blockbuster di sempre, ed è parte del motivo per cui è così bello». Come tutti gli altri Final Fantasy, è un gioco di ambientazione epica e fantastica in cui – per farla breve – bisogna salvare il mondo dalla minaccia di una potente forza oscura. Più semplicemente Final Fantasy XV è l’avventura di quattro amici che partono per un’avventura. Ci si può giocare anche se fino a cinque minuti prima non si sapeva nulla di Final Fantasy; se invece si è giocato a tutti i precedenti, bisogna abituarsi a qualche cambiamento, per esempio al fatto che le battaglie hanno più azione e sono più veloci.
Inside
(Windows, PlayStation 4, Xbox One)
È un puzzle-platform (ok, ok: un videogioco in cui bisogna risolvere un rompicapo dopo l’altro) che, scrive The Verge, «in giusto un paio d’ore riesce a fare quello che molti altri videogiochi non riescono a fare in molto più tempo». È un degno erede di Limbo – che uscì nel 2013 – e parla di un ragazzo che cerca di risolvere un mistero che riguarda una strana ditta che fa ancora più strani esperimenti. È semplice in quasi tutto – non c’è nemmeno una parola di dialogo scritta o pronunciata in tutto il gioco – ma tutt’altro che semplice nei suoi rompicapi (poi ogni tanto bisogna anche correre, un po’ come in Super Mario).
Hitman
(Windows, Play Station 4, Xbox One)
È il sesto capitolo di una saga di videogiochi con protagonista Agente 47, un sicario che il giocatore comanda, giocando con un’inquadratura in terza persona. I precedenti capitoli del videogioco funzionavano soprattutto a missioni (“sei qui, vai lì, fai questo”); il nuovo Hitman ha invece grandi possibilità di esplorare e fare tante cose diverse, collegate però da un sottile filo conduttore comune. Il gioco ha anche una grande particolarità distributiva: è uscito a episodi e tra uno e l’altro passavano anche diverse settimane.
Overwatch
(PlayStation 4, Xbox One, Microsoft Windows)
È un videogioco sparatutto in prima persona (o FPS, volendo) ambientato in un futuro dominato dalla robotica e dall’intelligenza artificiale. Rispetto a quasi ogni altro sparatutto, Overwatch è colorato, cartonesco, quasi allegro. Non ci sono cupe atmosfere, brutti ceffi, litri di sangue e tutte quelle cose che ci sono quasi sempre state negli sparatutto in prima persona da Doom in poi. Secondo The Verge giocandoci si ha la sensazione di giocare a uno sport particolare, più che a uno sparatutto. Poi, certo, la principale qualità è che ci si può giocare per ore, perché è fatto davvero bene.